Voce di un marito

“Non avevo mai detto a mia moglie ‘Ho paura’, ma perché noi uomini non mostriamo debolezze?”

fedi

di Francesco Arnaldi

Io e mia moglie stavamo andando in montagna. Ci sorprende una nevicata pazzesca, la macchina inizia a slittare e non risponde più ai miei comandi. Mi scappa la frase: “ho paura”. Più tardi, mia moglie mi confida di essersi spaventata molto anche lei: in sei anni di matrimonio non mi aveva mai sentito dire che avevo paura…

Autore: Francesco Arnaldi

Non è facile essere un buon marito e un buon padre. Soprattutto perché non è facile ammettere che non sia facile! L’efficientismo del mondo di oggi ha maggiormente intaccato le figure maschili. Da che un ragazzo entra di diritto nel mondo degli adulti, quel sano spirito di competitività che l’aveva accompagnato per tutta l’adolescenza ecco che prende una luce nuova, e diventa vera e propria competizione. So di facoltà universitarie in cui, agli esami, danno un solo 30. Uno solo. Non importa quanti lo meriterebbero, il vincitore deve essere solo e soltanto uno. Un maschio che cresce con questo tipo di mentalità rischia di portarla poi anche all’interno dell’ambito familiare. Perché non è facile vivere a compartimenti stagni, non si può essere una persona al lavoro e poi una persona diversa a casa.

E proprio qui nasce il problema. Ti sposi, diventi un corpo solo e un’anima sola con una donna, ma c’è qualcosa dentro di te che ancora ti trattiene dal donarti completamente. Questo “qualcosa” può essere orgoglio, può essere insicurezza, può essere paura. Tutti gli errori e gli sbagli nascono dalla paura. Ma come può fare un uomo, abituato a mostrarsi come il duro, ad abbandonarsi a qualcuno, ad aprirsi completamente e mostrare le proprio ferite e debolezze? 

Da sempre siamo abituati a cibarci di stereotipi. Gli stereotipi non sono un male in sé. Nella loro versione buona sono burlesche rappresentazioni di realtà statisticamente comuni che sono volte più a irridere qualcosa che a conservarlo. Ma spesso capita che gli stereotipi che ci appartengono finiscano per soffocarci. Ecco, quindi, che “l’uomo orso” che parla poco e tiene tutto per sé, diventa più un ideale a cui tendere che un difetto da migliorare. Allo stesso modo, il pungolare della moglie che cerca di farci esternare ciò che pensiamo viene relegato presto nel nostro immaginario a una pittoresca caratteristica femminile, che trova riscontro più nelle vignette della Settimana Enigmistica che nella realtà.

Noi uomini siamo bravi a gestire le cose. Ad ogni problema proponiamo sempre una soluzione e laddove non troviamo una soluzione accantoniamo il problema come non risolvibile e non ne parliamo più. Più volte, nel corso della mia vita matrimoniale, mi è capitato di accantonare anzitempo problemi etichettandoli come “irrisolvibili”; salvo poi, per puro caso, parlarne con mia moglie. A quel punto si scopre che una soluzione c’era eccome, se solo mi fosse venuto in mente di condividere le cose con qualcun altro e chiedere aiuto all’infuori di me.

Leggi anche: Come camminare da marito e moglie verso la santità? Il profumo della sinodalità in famiglia (puntofamiglia.net)

Quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor, 12, 10). Mai frase mi è stata più estranea di questa per anni. Un uomo non ci arriva proprio a capirlo che la debolezza può essere forza. Siamo spinti dalla nostra natura e dalla società in cui viviamo a pensare che l’unica forza sia la forza, e più questa forza riesce a essere sopraffazione più stiamo imponendo noi stessi. Il nostro ego cresce, il nostro amore cala, la nostra solitudine cresce. E magari ci chiediamo perché il nostro matrimonio non stia funzionando nonostante i nostri sforzi, o perché non riusciamo ad avere un rapporto sincero ma equilibrato con i nostri figli, che nel migliore dei casi ci vedono come estranei e nel peggiore come migliori amici.

La verità è che noi mariti e padri abbiamo mille insicurezze e difetti, ma fatichiamo ad aprirci e a parlarne. Non lo facciamo con gli amici, figurarsi se lo facciamo con la moglie. Vittime della mentalità efficientista del mondo di oggi, la moglie è sempre più l’ennesima persona da non deludere, che una vera alleata nella difficile strada verso la santità. Ecco quindi che, maestri nella fabbricazione di maschere, appena ci sposiamo aumentiamo la produzione e in casa alterniamo la maschera del marito perfetto a quella del padre modello, appena arrivano dei figli. Le nostre difficoltà e i nostri difetti sono mostri da sconfiggere in silenzio, sentendoci un po’ Aragorn e un po’ Jack Sparrow, mentre combattiamo le nostre battaglie solitarie per non mostrare a nessuno che, in fondo al cuore, siamo pieni di paure. 

Mi viene in mente un episodio dello scorso inverno. Stavamo andando in montagna, eravamo solo io e mia moglie. Ci sorprende una nevicata pazzesca, e la macchina, pur con le gomme da neve, inizia a faticare a salire per le strette strade di montagna. La nevicata si intensifica, la macchina inizia a slittare e a non rispondere ai miei comandi. Nell’ansia generale del momento, mentre cercavo di tenere la macchina in strada, mi scappa una frase: “ho paura”. Qualche minuto dopo, una volta usciti da questa situazione, mia moglie mi confida di essersi spaventata. “Perché?” chiedo io. “Perché in sei anni di matrimonio non ti avevo mai sentito dire che avevi paura”.

Sei anni, e mai una volta avevo confidato a mia moglie che fossi spaventato, o preoccupato, o altro. Ci voleva una macchina che sbandava sul ciglio di una scarpata per far emergere una dura verità: mia moglie non ha mai saputo se e quando io fossi spaventato da qualcosa. Eppure, vi assicuro, lo sono stato in questi anni. La paura di quando sono nati i nostri figli, di non saperli accudire come meritano. La paura di quando si ammalavano e di notte tossivano per ore, con mia moglie preoccupata e io a tranquillizzarla come se fosse lei a esagerare, quando invece dentro di me sobbalzavo silenziosamente a ogni colpo di tosse strano del piccolo neonato. Non diventeremo mai veramente forti, finché non ci renderemo conto che è proprio la nostra debolezza, il nostro abbandonarci a qualcun altro, che sia alla moglie o che sia, insieme a lei, a Gesù, che ci può rendere forti. Questo mondo ci insegna che la forza è la chiave per vincere. Ma l’uomo è felice solo quando crea. E solo l’amore crea. E l’amore è la forma più alta di abbandono.




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