Chiara di Assisi alle spose oggi. Il matrimonio e la fedeltà
28 Settembre 2022
Cosa ha da insegnare il cuore verginale di Chiara di Assisi alle spose? Nella storia di una donna incontrata per strada dopo 18 anni, il volto della fedeltà a Dio e al proprio sposo. Una fedeltà costata dolore e sangue ma che, con l’aiuto di Dio si è trasformata per questa sposa e suo marito un cammino di salvezza.
“Se con Lui patirai con Lui regnerai, soffrendo con Lui, con Lui godrai”. Questa frase è tratta da una delle quattro lettere scritte da Santa Chiara di Assisi alla principessa Agnese di Boemia, mentre questa rifletteva sulla decisione di non essere regina, rifiutando le nozze con l’imperatore, per abbracciare la vita claustrale. Chiara la guidò in questa scelta. Penso, tuttavia, che le parole di Chiara d’Assisi abbiano una valenza più ampia e che siano state vissute da una sposa già qui su questa terra.
Mentre passeggio per le viottole antiche di una città medievale, ho incontrato una conoscente che non vedevo da circa diciotto anni. Si tratta di una ragazza, ormai sposa e madre, che seguimmo nel percorso prematrimoniale. Dopo il matrimonio la perdemmo di vista perché, per motivi di lavoro, si trasferì. Era rimasta presente nei miei ricordi, comunque, anche a causa di un intervento a “gamba tesa” durante uno degli incontri di preparazione alla celebrazione delle nozze. Ricordo ancora il suo sguardo e la postura del corpo che assunse quando disse: “Il matrimonio è per sempre? Non per me! Se le cose non dovessero andare bene c’è sempre l’uscita di emergenza: il divorzio”. Ricordo che tutta la sua persona fu coinvolta in quella affermazione che ci diede l’impressione di una difesa verso la paura del “per sempre”.
Dopo diciotto anni, quella “ragazza” aveva, invece, molto da raccontare: “Ho due figli e durante il nostro matrimonio, mio marito mi ha tradita con un’altra donna, divorziata con figli. Mio marito, in quel periodo, sembrava essere diventato un idiota, non lo riconoscevo più e, dall’oggi al domani, ha abbandonato me e i ragazzi”. All’udire quelle parole non sono riuscita a non pensare alle sue pronunciate all’incontro prematrimoniale: mi aspettavo, dunque, la conferma della separazione. Invece ha aggiunto: “Non so cosa sia successo, ma ad un certo punto mio marito era diventato un altro ed i suoi occhi erano diversi come anche le parole offensive che utilizzava verso me e i ragazzi: non gli erano mai appartenute. In quel periodo, mentre vagavo, con la morte nel cuore, entrai in una Chiesa e decisi di confessarmi. Quel sacerdote mi aprì un mondo a me sconosciuto e da me relegato alle favole. Mi parlò della remota possibilità di presenze occulte. Non gli credetti, ma lui mi chiese di fidarmi di Cristo che, nella sua vita terrena, aveva molto combattuto contro tali forze. Non avevo nulla da perdere e allora decisi di fidarmi. Da quel momento ho iniziato a pregare per mio marito e ho fatto pregare anche i miei figli seguendo le indicazioni di quel sacerdote. Spesso venivo attanagliata dallo scetticismo e dalla voglia di abbandonare perché mi sembrava un’offesa alla parte razionale di me, ma sono andata avanti con grande caparbietà. Dovevo vedere dove mi poteva condurre la fiducia accordata a Cristo e al prete. Ho lottato con tutta me stessa per riavere, accanto a me e ai ragazzi, mio marito. Ho calpestato il mio orgoglio, la mia superbia, la mia reazione di repulsione nei suoi confronti e, soprattutto, l’immagine di lui accanto ad un’altra donna perché ho compreso, a mie spese, che il matrimonio è veramente uno ed indissolubile. Un giorno, quel sacerdote, che oggi io considero uno dei pochi e veri ministri di Dio, mi disse che l’unicità e l’indissolubilità del matrimonio sono duramente attaccate da forze oscure perché quel sacramento racchiude in sé l’amore di Dio. Quando due coniugi si amano secondo il progetto del Creatore diventano veramente “imbattibili” perché in loro abita Dio vivo e vero”.
Ho faticato a non mostrare il mio stupore dinanzi a queste affermazioni. Ha aggiunto: “Ho iniziato a recitare il santo rosario quotidianamente e a partecipare alla santa Messa, non perché li ritenga dei “talismani” per ottenere una grazia, ma per avere forza per compiere la sua Volontà. Se Dio ci aveva messi assieme, un motivo ci doveva essere. Ho iniziato a condurre una vita legata all’essenziale: preghiera, lavoro, amore per i miei figli e per mio marito”. Le ho chiesto: “Come sei riuscita ad amare tuo marito in quella situazione?”. Lei: “Ho cercato di contemplare la Croce di Cristo e ho capito che il mio dolore non era nulla in confronto al Suo. Ho capito che solo Lui poteva comprendere il mio essere stata tradita e sentire la mia lacerazione perché anch’Egli era stato tradito e venduto per pochi denari. Ho deciso, sempre accompagnata dal sacerdote, di pregare e chiedere a Dio la mia guarigione interiore dai sentimenti orribili che provavo nei confronti della “carne della mia carne”, iniziando a pregare per mio marito con maggiore forza”.
A queste sue parole le ho ricordato l’intervento che fece a quell’incontro di preparazione al matrimonio e lei: “Sapessi quante volte ho pensato a quelle parole dettate dalla paura del “per sempre” e a quanto ero superficiale in quegli anni. Oggi ho compreso che il per sempre esiste e, scaturisce dalla consacrazione nuziale e va difeso con tutto noi stessi dalle persone che ci circondano e anche da forze oscure più grandi di noi”. Queste sue ultime parole mi hanno molto scossa pensando alla persona fortemente razionale che avevo di fronte. Le ho chiesto come stiano, oggi, le cose e lei: “Adesso stiamo assieme e cerchiamo di ricostruire il “noi” ferito. Tutto è avvenuto improvvisamente proprio come se ne andò. Ricordo ancora la sera in cui mio marito mi telefonò in lacrime, di nascosto dalla sua amante, dicendomi di andarlo a prendere e portarlo a casa dai suoi figli. Gli chiesi il perché e lui mi disse che era come se avesse vissuto quel periodo in una sorta di “intontimento” razionale e spirituale. Mi precipitai, con la macchina, a prenderlo e mi si presentò davanti agli occhi un uomo sottopeso, pallido, smarrito e impaurito: quasi non lo riconobbi. Non lo vedevo da molto tempo perché l’amante gli aveva impedito di avere contatti persino con i figli. Lo feci salire in macchina e lo portai dal sacerdote col quale parlò per lungo tempo e si confessò ma senza ricevere la santa Eucaristia perché la sua anima, secondo il sacerdote, non era ancora pronta ad incontrare Dio. Lo riportai a casa e dopo lunghi mesi di preghiere, sotto la guida del sacerdote, mio marito si liberò e poté, finalmente, comunicarsi”.
Le ho chiesto in che senso si liberò e in che modo avesse compreso che era stato liberato. “Un giorno mio marito, improvvisamente, avvertì un forte dolore all’addome che si spostò allo stomaco per poi arrivare a vomitare una sostanza circolare di colore verde. Avvenne per tre volte. Corremmo dal sacerdote che ci confermò la liberazione”. Le ho chiesto cosa avesse pensato di fronte a quella scena e lei: “Sembrava di vivere in un film dove nulla è reale ma, invece, stava realmente succedendo sotto i miei occhi. Non potevo più rispondere razionalmente con un rifiuto perché lo stavo vivendo in prima persona. Mio marito è tornato a casa e non è stato semplice perché l’amante, artefice di tutto, non si rassegnava a tale decisione, portandoci a vivere un periodo di grande persecuzione fisica e spirituale. Oggi stiamo bene e cerchiamo, assieme, di mettere al centro del nostro rapporto Cristo. Non passa giorno senza la recita del santo Rosario e la partecipazione all’Eucaristia perché abbiamo sperimentato che solo Lui può trasformare le nostre debolezze in fiori”. Le ho chiesto se avessero parlato dell’accaduto ai figli e lei: “Sì, con l’aiuto del sacerdote, perché devono essere liberi e la libertà si raggiunge attraverso la conoscenza delle cose visibili ed invisibili così come recitiamo nel Credo”.
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Al termine della lunga chiacchierata, che qui non ho riportato nella sua integrità per rispetto, l’ho ringraziata per aver condiviso con me parte della sua vita che si presentava intrisa di sangue ma, nello stesso tempo, piena di profumo paradisiaco. Quella coppia aveva deciso di non ascoltare ciò che il mondo insegna per inseguire una felicità che si presenta effimera lasciando l’amaro della delusione in bocca, ma aveva deciso di scommettere sul sacramento delle nozze, sull’essere stati consacrati in Eterno in Cristo per vivere di Cristo e con Cristo.
Diversi punti della storia di questa sposa mi rimandano allo scritto di Chiara. Ad esempio, parlando di Cristo sposo, la santa di Assisi afferma: “Amandolo siete casta, toccandolo sarete più pura, lasciandovi possedere da Lui siete vergine”. Mi chiedo: la sposa del racconto non ha vissuto tutto ciò pur non essendo una claustrale? Ha deciso di amare il marito con l’amore di Cristo ed è rimasta casta nell’animo e nel corpo perché unita al coniuge in eterno; toccando la sofferenza del tradimento subìto che era stato vissuto anche da Cristo aveva guadagnato una sorta di “purificazione” dai sentimenti umani e legittimi di rifiuto del coniuge e poi si è lasciata possedere da Cristo che ha riempito la sua vita e quella del coniuge, facendo risplendere la consacrazione matrimoniale. Nelle sue lettere, Chiara invita Agnese a disprezzare i beni del mondo proprio come questa sposa ha fatto con le lusinghe che avrebbero giustificato agli occhi umani una scelta contraria alla fedeltà coniugale. La quarta lettera, per esempio, contiene ciò che gli sposi sono chiamati a vivere nella loro donazione reciproca che passa anche attraverso la corporeità del dono di Dio. In essa si legge: “Attirami dietro a te, correremo al profumo dei tuoi unguenti o sposo celeste! Correrò e non verrò meno, finché tu mi introduca nella cella del vino, finché la tua sinistra sia sotto il mio capo e la destra felicemente mi abbracci e tu mi baci col felicissimo bacio della tua bocca”. Gli sposi sono chiamati a vivere la loro relazione con questa intensità e passionalità che solo Dio può dare se decidono di lasciarsi “possedere” da Lui perché forte più della morte è l’amore di Dio presente nell’una sola carne eterna.
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