Referendum

Referendum, flop totale solo il 20,9% alle urne

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Tanto fumo e niente arrosto: così si è risolto il referendum per la riforma del Csm. Un italiano su cinque si è recato alle urne per esprimere il suo voto. La maggior parte ha dichiarato di non aver capito il quesito referendario. Perché? Proviamo a capirlo… 

Il referendum per la riforma del Csm (Consiglio superiore della Magistratura) è stato un flop. Affluenza di poco superiore al 20,9%. Secondo i dati del Viminale l’affluenza definitiva (7.903 Comuni su 7.903) per il voto di ieri sui 5 referendum sulla giustizia è stata poco superiore al 20,9%. Al primo quesito (“Incandidabilità dopo condanna”) l’affluenza è stata del 20,95%; al secondo quesito (“Limitazione misure cautelari”) l’affluenza è stata del 20,93%; al terzo quesito (“Separazione funzioni dei magistrati”) l’affluenza è stata del 20,93%; al quarto quesito (“Membri laici consigli giudiziari”) l’affluenza è stata del 20,92%; al quinto quesito (“Elezioni componenti togati CSM”) l’affluenza è stata del 20,92%.

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Il quorum non è stato raggiunto. Dunque fiato sprecato, soldi bruciati e… aria fritta come al solito. Non è mica una sorpresa, era una tragedia annunciata. Tra i fattori determinanti: innanzitutto la limitata risonanza mediatica dell’appuntamento referendario. In secondo luogo la complessità di alcuni quesiti referendari riguardo almeno tre dei cinque presentati. La stragrande maggioranza, stando ai dati che pervengono, dichiarava di non essere in grado di valutare le conseguenze derivanti dalla possibile abrogazione delle norme. Quasi nessuno sapeva dell’esistenza dei Consigli giudiziari e di ciò che comporti l’esclusione degli avvocati che ne fanno parte dalla valutazione dell’operato dei magistrati e della loro professionalità; per non parlare delle procedure che consentono ai magistrati di presentare la propria candidatura al Csm. Insomma un flop totale, ma sullo sfondo di questa disfatta mi sembra di vedere anche una terza ragione: la sfiducia nelle istituzioni. La gente mi sembra stanca di assistere a tentativi di miglioramento che nella partica servono solo a peggiorare la situazione. L’istituto referendario? Oggi non si avverte come una necessità impellente, un modo attraverso il quale il popolo esprime la propria volontà ma come una perdita di tempo e soldi, se non una presa in giro. Insomma sembra stiano venendo meno i principi stessi della democrazia, quella immagine del popolo sovrano che abbiamo faticato a conquistare nella storia. E ora? Niente paura, da oggi i partiti politici ricominceranno il girotondo di chiacchiere inutili invece di riflettere sulla sfiduciadel popolo l’unica realtà tangibile uscita dai seggi.




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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