CORRISPONDENZA FAMILIARE
Le voci della guerra e le chiacchiere degli uomini
28 Marzo 2022
Papa Francesco va diritto al cuore delle cose, guarda in faccia la realtà: “un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi”. Ai salotti delle chiacchiere dei cosiddetti esperti, alle dichiarazioni roboanti dei politici, preferisce le lacrime dei poveri.
Il Papa insiste, non guarda da un’altra parte, non si limita a dire parole di circostanza, non entra nel dibattito politico ma non si preoccupa neppure di mantenere un’impossibile equidistanza tra le parti, lui sta dalla parte dell’umanità ferita, prende parte alle sofferenze di un popolo sempre più stremato dalla guerra, la sua parola diventa un grido di dolore, eco di quell’angoscia che soffoca la legittima speranza di uomini e donne che hanno il diritto di vivere in pace.
“È passato più di un mese dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, dall’inizio di questa guerra crudele e insensata che, come ogni guerra, rappresenta una sconfitta per tutti, per tutti noi. C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono” (Angelus, 27 marzo 2022).
Parole chiare: il Papa parla di “invasione dell’Ucraina”, dice che si tratta di una “guerra crudele e insensata”, aggiunge che questo evento rappresenta una sconfitta collettiva perché un mondo che non riesce a fermare una guerra è destinato alla distruzione. Il giudizio etico s’intreccia con quello politico. C’è una chiara responsabilità che chiama in causa tutti. Anche le religioni. La guerra è un “atto barbaro e sacrilego”, dice con fermezza. Mai e in nessun caso può essere invocata o giustificata come un mezzo necessario. Una parola, quest’ultima, indirizzata al patriarca ortodosso Kirill, che nei giorni scorsi aveva difeso a spada tratta – è il caso di dirlo – l’intervento russo con le stesse motivazioni politiche di chi quella guerra l’ha pensata e l’ha attuata. Una religione prestata alla politica perde ogni credibilità e rischia di diventare la longa manus del potere. Un deja vu che speravamo fosse chiuso nei libri di storia.
Papa Francesco va diritto al cuore delle cose, guarda in faccia la realtà: “un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi”. Ai salotti delle chiacchiere dei cosiddetti esperti, alle dichiarazioni roboanti dei politici, preferisce le lacrime dei poveri. Invita a guardare la triste realtà attraverso il volto dei bambini costretti a fuggire e a vedere cose che inquinano l’innocenza e pregiudicano il loro futuro.
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La guerra non risolve i conflitti ma li accentua, li rende cancrenosi perché genera ferite che non sono facilmente rimarginabili. Pone le basi di uno scontro sempre più aspro. Come il bene è diffusivo, così il male è contagioso. Nel migliore dei casi, andiamo incontro ad un lungo periodo segnato da una tregua armata. La guerra amplifica le paure e determina inevitabilmente una nuova corsa agli armamenti. Se ne vedono già le avvisaglie. Una scelta deplorabile, come ha sottolineato Papa Francesco, perché sottrae quelle risorse necessarie che servono a promuovere un autentico sviluppo umano della società. Invece di metterci con tutte le forze a servizio del bene comune, investiamo parte degli utili per difenderci dal male. Anche questo è un deja vu, un tuffo nel passato, un ritorno all’indietro.
La situazione appare tragica, ben oltre quello che oggi vediamo. Fa bene il Papa a lanciare un profetico ammonimento: “Se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli”. La storia si trova dinanzi ad un bivio drammatico. È bene prenderne atto e fare tutto ciò che è giusto per invertire la rotta.
Non serve un pacifismo unilaterale che lascia ai violenti la libertà di agire con arbitraria e indiscriminata prepotenza. Inutili e nocive si rivelano anche le accuse che acuiscono le ostilità e rendono più spinoso il cammino che conduce alla pace. La politica è la casa dell’orgoglio e chi viene umiliato reagirà con maggiore aggressività. Dobbiamo porre in primo piano la sofferenza della gente, la miseria di chi ha perso tutto. Dobbiamo ricordare che in questo momento milioni di persone sono in fuga e tanti altri vivono intrappolati in città dove è sempre più difficile trovare cibo e farmaci. Una situazione intollerabile. Di questo si dovrebbe parlare, dei frutti velenosi di questa guerra insensata e di cosa possiamo e dobbiamo fare per restituire speranza e dignità a chi vive in condizioni disumane. C’è tempo per le chiacchiere. Ora dobbiamo lavorare e pregare per chiedere a Dio di aprire varchi di umanità nei cuori più induriti.
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