Il Medioevo di Putin e il nuovo feudalesimo post moderno

Oggi siamo al 21esimo giorno di scontri ed io continuo a domandarmi se questa guerra era davvero imprevedibile. Nessuno sapeva che la Russia era sul piede di guerra? Nessuno poteva immaginare che dati gli equilibri precari e i vecchi rancori, l’Europa non era al sicuro? Eppure il vecchio continente è terra di scontri da tanto tempo, come accadeva nell’antichità medievale.

Guardo quello che sta accadendo in Europa e mi sembra di essere tornata indietro di secoli e secoli. La guerra in Ucraina, in genere viene associata alla Seconda Guerra Mondiale, ma a pensarci bene a me torna alla mente quel meccanismo antico e brutale chiamato feudalesimo. In pieno Medioevo le terre che un tempo erano state parte dell’Impero romano, lentamente furono parcellizzate e affidate nelle mani di un signore. Si trattava in genere di un nobile, un conte o un marchese, che provvedeva a costruire un grande castello, a palizzare e delimitare i possedimenti sotto il suo controllo e a dotare il suo regno di un esercito. I grandi feudatari combattevano l’uno contro l’altro per inglobare i villaggi e i feudi più piccoli. In cambio della loro sottomissione promettevano protezione dalle invasioni e una certa assistenza. Di quei tempi non era possibile appartenere a un villaggio anonimo che non si inchinava davanti ad alcun signore. Il pericolo di incursioni era troppo alto. 

Non è forse così che stanno le cose ancora oggi? Gli antichi feudatari sono stati sostituiti da istituzioni e organismi sovranazionali e grandi potenze che inglobano stati e regioni e in cambio promettono protezione e assistenza, esattamente come allora. Grandi alleanze nate quasi tutte alla fine del Secondo conflitto mondiale o per effetto di questo, quando una umanità confusa e disorientata da quello che aveva vissuto in quegli anni, cercava di mettere le basi perché una guerra non fosse più possibile. E così è nata l’Onu nel 1945 e poi la Nato nel 1949, e infine l’Unione europea nel 1993, patti, alleanze, trattati, accordi nati con le migliori intenzioni e diventati poi la premessa concreta di una ennesima guerra mondiale. Chi non fa parte di una di queste alleanze rischia di finire come l’Ucraina: invasa e martirizzata. Alla base c’è sempre la stessa logica medievale: una lotta di potere che lascia vittime a terra finché non sarà il più forte a vincere come succede in natura. Come succede tra animali, tanto per intenderci.

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Medievale è anche la strategia di accerchiamento e logoramento delle truppe russe. A quel tempo infatti i castelli venivano circondati dal nemico e le persone che si erano rifugiate nelle mura erano lasciate a morire lentamente senza cibo, né acqua. 

Eppure ci eravamo illusi che una guerra vecchio stile non fosse più possibile e, invece, l’uomo torna al Medioevo e lo fa in un battito di ciglia, come se tutte le conquiste sociali non fossero mai state fatte, come se il valore sacro e inviolabile della vita umana non fosse mai stato rimesso al centro dell’attenzione di politici e governanti. Oggi siamo al 21esimo giorno di scontri ed io continuo a domandarmi se questa guerra era davvero imprevedibile. Nessuno sapeva che la Russia era sul piede di guerra? Nessuno poteva immaginare che dati gli equilibri precari e i vecchi rancori, l’Europa non era al sicuro? 

Intanto si continua a parlare di negoziati, ma quale tipo di negoziazioni vogliamo fare dopo la perdita di tante vite umane e soprattutto di bambini? In questi giorni ho ascoltato una storia al telegiornale, una delle tante cronache di guerra che parlano di un dolore inumano. Lui, il padre, seguiva sua moglie e i suoi figli che scappavano per mettersi in slavo con il localizzatore del cellulare. Poi un colpo di mortaio e improvvisamente tutto quello che era non c’è più. Alisa, 9 anni, Mykyta, 18 anni, la mamma Tetiana, 43 anni: tutti uccisi dall’odio e dal desiderio di potere. I loro corpi a terra sul selciato tempestato di schegge e quel puntino rosso ormai immobile sul monitor di papà Serhiy. Lui e Tetiana si erano conosciuti al liceo e poi ritrovati dopo anni in una discoteca. Sposati nel 2001, lei contabile, lui programmatore, vivevano poco fuori Kiev con i figli e due cagnolini. Amavano il giardino, la campagna, amavano sciare. Una famiglia come tante altre, con lo sguardo rivolto al futuro. Fino a quel 24 febbraio, quando la storia si è fermata e ha deciso di riavvolgere il nastro. Di questa splendida famiglia non resta che il ricordo e il dolore di un uomo che ha perso tutto, un dolore troppo grande per poter essere superato. Se un negoziato era possibile doveva essere raggiunto prima di arrivare a tutto questo, prima della morte di bambini, donne e uomini innocenti, prima di dare voce alle armi e anche a quelle ormai proibite. Oggi non ha più senso. Oggi sarebbe come scendere a compromessi con il maligno.Diceva bene Salvatore Quasimodo, in un componimento poetico del 1946 dedicato all’eterno ritorno della guerra. Le parole, significative e quanto mai attuali, recitano: “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”.




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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