“Le vite fragili sono come i coriandoli lanciati in aria e poi calpestati”

Perché parlare di fragilità in un mondo che ha fatto della forza e della perfezione la carta vincente? Ne abbiamo parlato con don Giorgio Comini, autore del libro “La casa dei coriandoli”: «Un mondo di perfetti non è umano. Accogliere la fragilità ci rende persone migliori».

Si intitola “La casa dei coriandoli” e ha tutti i numeri per poter scalare le vette dei libri più letti del momento. Come è nata l’idea di scrivere questa pubblicazione?

Come sacerdote e come uomo ho tentato di tenere aperti gli occhi e affinando la vista mi sono reso conto che siamo abituati fin da bambini a respirare pregiudizi insieme all’aria, al punto tale che ad un certo punto diventano quasi parte di noi, una cosa normale, difficile da sradicare. Ho provato a contrastare questa cultura attraverso congressi e incontri, ma alla fine ho pensato che se ne poteva parlare attraverso il linguaggio semplice delle fiabe.

Possiamo indicare un leitmotiv alla base della trama? 

Ogni capitolo ha un suo titolo e un suo tema ed è caratterizzato dall’importanza dell’accoglienza e della relazione. Ogni capitolo ha una sua dimensione del volo che passa attraverso la dimensione del dolore per poi guardare tutto in una prospettiva positiva. Nei personaggi più importanti c’è sempre un dialogo di coppia. Un maschile e un femminile che si confrontano, si corrispondono e si completano. 

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Perché il genere letterario della fiaba? 

Mi sembrava quello che più si prestava ad un linguaggio gentile, perché abbiamo bisogno di gentilezza. Dobbiamo arrivare al cuore delle persone con gentilezza. Dobbiamo imparare ad usare le parole non per scassinare la porta ma per bussare con delicatezza. Io volevo suscitare la meraviglia bambina negli adulti. Per questo ho scelto la fiaba.

Possiamo delineare alcune parole chiave del libro?

In una prospettiva di negatività inizierei con il pregiudizio, la discriminazione, l’esclusione, la solitudine, la violenza, il controllo, la condanna, l’invisibilità e il degrado. In una prospettiva positiva, direi l’inclusione, la cura, la speranza, il mondo nuovo, la musica, il volo, la comunione come principio vincente, la gratuità, il sacrificio come possibilità di un amore superiore e la resilienza. 

Quanti volti ha la fragilità e come si situa nella nostra epoca che sembra dare spazio quasi esclusivamente ai forti? Il parallelismo ai coriandoli mi fa pensare ad un’accezione positiva della fragilità, l’esatto opposto della lettura che ne fa la cultura moderna o post-moderna? 

La capacità di accogliere la fragilità è l’unica possibilità di essere persone umane, senza questa siamo semplicemente bestie. L’accoglienza della fragilità è la cartina di tornasole del livello di umanità di una società. È ovvio che la fragilità lasciata sola deteriora e spinge alla disperazione. I coriandoli mi danno l’idea di quelle vite derise, lanciate in aria e poi calpestate.

Quale ruolo gioca la fede nel riconoscere e nell’accogliere la fragilità umana? 

La fede conta tantissimo, la società di perfetti è una società non umana, e invece nel cuore e grazie al cuore di Cristo, abbiamo l’occasione di trovare la strada del dono, che ci porta ad accogliere la fragilità dell’altro nell’ottica della gratuità. 

Oggi rispetto a ieri è più difficile o più facile educare i figli e aiutarli a crescere? 

Se si seguono i canoni proposti dalla società moderna è molto difficile. Quasi tutti sono scontenti e per forza li abbiamo gettati in un’arena dalla quale è quasi impossibile che escano intatti. Come ho detto in un altro libro: vivere è vivere dentro, se non vivi dentro non vivi. Sarà tutto esteriorità e formalismo. 

Don Giorgio lei si occupa della famiglia da tanto tempo, ha avuto occasione di sperimentare attraverso la sua personale esperienza al fianco delle coppie e dei genitori della grande “fame d’amore” che c’è in giro.

Ci sono coppie che partono con le migliori intenzioni, ma poi si rivelano troppo fragili, non riescono a combattere per “noi”, restano imprigionati nel proprio “io”. Se però queste coppie sono messe in un contesto di sostegno e di aiuto, rifioriscono. È fondamentale, dunque, tenere insieme le giovani coppie, per me è fondamentale una relazione dentro un più ampio contesto di relazioni sane e solidali. 

Un buon motivo per cui leggere, almeno una volta, “La casa dei coriandoli”?

Imparare che non c’è nessun limite che non possa essere superato se si combatte insieme. Insieme si può superare tutto. Una grande scommessa. Mi piacerebbe che a leggere questo libro fossero i giovani ma anche gli insegnanti. 

Per info: https://www.lavocedelpopolo.it/index.php/eventi/la-casa-dei-coriandoli-fiaba-sulla-fragilita?fbclid=IwAR2QqmXy6dRnoh0D0XaKgLOzSGchSAtYbe8GrigmLmbal75ST2MCKc3A2Qw




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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