Un liceale: “Achille Lauro? No, grazie agevola il “sonno della ragione”

di Alfonso Bellacosa

La sua prof di religione ci invia questo testo scritto da un suo alunno. È interessante anche per comprendere cosa ne pensano i giovani.  “Cosa mi trasmette? L’immagine di un uomo confuso che cerca un’identità più forte a cui aggrapparsi”.

Sanremo è Sanremo! È con questo slogan che tutto diviene immediatamente fruibile per milioni di persone davanti alla tivù ed hanno accesso sul Palcoscenico internazionale dell’Ariston, grazie anche alla pervasività delle tecnologie informatiche, personaggi che, deprimendo lo sviluppo del pensiero critico, agevolano il sonno della ragione. Identità evaporate per le quali il piano reale e il piano virtuale si identificano e che, seguendo le linee guida dei “like” non distinguono più le categorie del vero e del falso.

E così assistiamo in apertura del Festival della canzone italiana alla penosa performance di Achille Lauro, che si battezza in diretta sul palco dell’Ariston di Sanremo e intona insieme ad un coro Gospel un canto alla “Domenica”. Non è certamente la domenica intesa come giorno dedicato al Signore, celebrato dai cristiani come il giorno della resurrezione. Per Lauro è il momento in cui bisogna sentirsi liberi di fare tutto ciò che piace. Il tutto poi condito da gesti e atteggiamenti offensivi non solo per la religione ma anche per la dignità umana; tuttavia gli organizzatori del Festival lo hanno premiato concedendogli ampia visibilità in prima serata e i mass media e i social lo hanno addirittura incoronato.

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Io, da giovane liceale, ritengo che queste siano personalità che non hanno ricevuto solide basi valoriali su cui sviluppare armonicamente la propria personalità. Persone che vivono in una sorta di presente continuo, incuranti del passato e del futuro, protese soltanto ad impossessarsi di tutto ciò che è piacevole e desiderabile, hic et nunc.

Quali rimedi, allora porre a questo preoccupante stato di cose? A parer mio, occorre innanzitutto recuperare il valore dell’Uomo. Solo così sarà possibile perseguire un progresso “a misura d’uomo”, incentrato sull’humanitas, quel complesso di caratteristiche che distingue l’essere umano da tutte le altre creature viventi.

Le frenetiche corse verso il successo facile, il sesso, il denaro, il potere, il ricorso alla droga per illudersi di stare bene sono soltanto “ombre” che popolano la nostra vita e che ci fanno perdere la possibilità dell’incontro con la luce della Verità, che per noi credenti si identifica in Dio.

Nessuno più di Platone ci ha fatto comprendere, nel suo “mito della caverna” la differenza che c’è fra realtà ed apparenza e ci ha insegnato a non aver paura della verità e della conoscenza.

Qualsiasi forma di organizzazione sociale per reggersi saldamente nel tempo ha bisogno di un sistema di valori fondamentali che rappresentano i punti di riferimento per l’agire individuale e sociale. Ogni comunità umana, infatti ha creato il suo particolare sistema assiologico (àxios=degno e lògos=discorso) “discorso su ciò che è degno” su tutto ciò che è reputato vero, bello, esemplare, onorevole, in conformità a giudizi di natura etico-morale.

È chiaro che il sistema dei valori di riferimento cambia in rapporto al periodo storico, tuttavia esistono valori “universali” ritenuti importanti per ciascun essere umano ad ogni latitudine, indipendentemente dall’epoca storica.

L’identificazione dell’individuo, dunque, in un sistema valoriale, risulta indispensabile per costruire la sua identità di uomo e di cittadino e poter vivere dignitosamente. L’uomo moderno è come smarrito in uno spazio infinito dove immagini, messaggi, spot pubblicitari si avvicendano senza sosta, lasciandolo confuso, alla ricerca di un’identità più forte e di una strada certa da seguire. Di qui l’importanza della cultura che suscita “Amore” che potenzia in tutti noi il senso della collettività, del bene comune e del rispetto degli altri.

In concreto, occorre che la presenza di noi giovani nella società odierna sia consapevole, attenta creativa, produttiva e animata dalla volontà di colorare con la nostra gioventù il grigiore che, a volte, sembra opprimere le nostre vite.




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