Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6,53-56)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
Il commento
“Accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati” (6,55). Più che un episodio, si tratta di un sommario, l’evangelista offre uno sguardo d’insieme per sottolineare la dimensione terapeutica e salvifica del ministero di Gesù. La guarigione del corpo s’intreccia con quella del cuore. È vero che qui si parla di malati, sofferenti nella carne, ma è vero anche che la conclusione annuncia quella salvezza che avvolge la persona nella totalità del suo essere: “Quanti lo toccavano venivano salvati” (6,56). D’altra parte ogni vera guarigione non può limitarsi a toccare la superficie dell’uomo, cioè il suo corpo, deve arrivare a toccare il cuore, solo questo permette di risorgere. È poca cosa essere guariti nella carne se il cuore non viene interiormente purificato. In mezzo alla folla che corre verso Gesù ci sono due categorie di persone: i malati e coloro che li portano. Oggi voglio soffermarmi su questi ultimi. È un’immagine che abbiamo già incontrato nelle pagine iniziali (Mc 1,32; 2, 3-4). Si tratta di una interessante provocazione. Siamo istintivamente sospinti a pregare per noi stessi, abbiamo sempre tante necessità da consegnare al Signore. Il Vangelo invece parla di coloro che si preoccupano degli altri e, non potendo far nulla, li conducono da Gesù. La traduzione parla di barelle, in realtà si tratta di semplici stuoie sulle quali venivano deposti i malati. A ben vedere è un mezzo di fortuna, uno strumento povero e inadeguato.
In che modo possiamo accompagnare i malati? Di quali barelle possiamo servirci? La prima stuoia è la preghiera. Dobbiamo imparare ad affidare al Signore le persone ammalate. Con la preghiera portiamo a Gesù i sofferenti ma, con la stessa fede, dobbiamo anche portare Gesù ai sofferenti. Possiamo farlo attraverso una presenza affettuosa o mediante parole capaci di consolare e sostenere nella prova. Tutto quel che serve per rivestire di umanità la sofferenza. Non importa se sembra poco e potrebbe apparire quasi inutile. Dio si serve di quel poco per donare luce.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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