“Per lei e per il suo bambino”: omaggio a Paola Bonzi
5 Febbraio 2022
In occasione della Giornata per la Vita come non ricordare Paola Bonzi? Lei e il suo Cav hanno salvato ventimila bambini dall’aborto e altrettante madri. Il suo esempio dovrebbe aiutarci a trasformare ogni giorno in una occasione per custodire e proteggere la vita.
Luigi Bonzi, il marito della compianta Paola, la storica responsabile del CAV Mangiagalli, ha postato di recente su Facebook uno struggente ricordo della moglie. Sono trascorsi 55 anni – ci ricorda Luigi – da quando una malattia progressiva privò la sua Paola della vista. Ma ciò non le impedì, come può testimoniare chiunque di noi l’abbia conosciuta, di vedere bene le cose che contano, e soprattutto di ‘leggere’ nel cuore umano con una competenza che gli derivava dai suoi studi psicologici e con una sensibilità acuita dalla malattia.
Con scelta felice, il post è corredato dai versi dedicati da Eugenio Montale alla moglie scomparsa, Drusilla Tanzi, detta affettuosamente “Mosca” proprio perché ipovedente. Sono versi dell’ultimo Montale, caratterizzato da uno stile meno lirico e più sentenziosamente prosastico di quello più noto degli Ossi di seppia e delle Occasioni. Ma proprio per questo colgono nel segno:
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Ecco, la commozione di Eugenio Montale è la stessa di Luigi Bonzi, sia perché davanti alla morte non c’è premio Nobel che tenga ma siamo tutti miserabili e sommi come ogni figlio di Dio; sia perché il parallelo tra la cecità della Mosca e quella di Paola rende molto l’idea.
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Ricordo bene la determinazione di Paola nell’organizzare e promuovere instancabilmente il suo CAV Mangiagalli. E ricordo bene i “milioni di scale” che Luigi ha dovuto scendere (e salire) per accompagnare la moglie, la quale – diciamo la verità – non mancava di sfruttare santamente le preziose risorse del marito commercialista per inventarsi sempre qualche nuova iniziativa di raccolta fondi e non solo.
Ma Paola vedeva benissimo soprattutto nei cuori dilaniati delle donne che incontrava: sapeva entrare in quei cuori e, grazie a quelle che chiamava le “parole fatate”, farne uscire una nuova consapevolezza e fiducia: la scelta dell’aborto veniva quindi ribaltata in una scelta di vita di cui mai quelle donne si sarebbero pentite.
In questa sua attività si avvalse anche del prezioso sostegno del primario non obiettore della Mangiagalli, il prof. Giorgio Pardi, che dopo Luigi fu in un certo senso il grande amore della sua vita perché sempre al suo fianco nell’aiutare opportune importune una donna a fare la scelta giusta (mi è già capitato di paragonare questa valorosa figura a quella di Oskar Schindler, il nazista che scampò dalla morte migliaia di Ebrei).
Insieme, e con l’aiuto di altri medici, obiettori e non obiettori, aiutarono oltre ventimila bambini a venire alla luce, il che significa che in un certo senso salvarono la vita anche alle loro mamme, sottratte all’inevitabile delusione (o peggio) post aborto. Per questo il motto scelto da Paola per il suo CAV fu “Oggi è nata una mamma”: perché chi salva un bambino salva anche una madre, magari un padre e – aggiungerebbe il Talmud – addirittura il mondo intero.
Il metodo di Paola è ben descritto in una lettera che lei stessa mandò ad Avvenire nel novembre del 2017, in risposta e adesione a un intervento di don Maurizio Patriciello, che con la sua comunità aveva aiutato una ragazza minorenne, Flavia, a continuare la sua gravidanza.
Scriveva Paola: “Il nostro modo di accogliere le donne in difficoltà è quello di ascoltarle attivamente, di stare in silenzio davanti ai loro drammi, di non esprimere nessun tipo di giudizio negativo, ma semplicemente offrire noi stessi, servi inutili perché la vita che è in ognuna di loro possa essere accettata e, quindi, fiorire. Ha ragione Flavia di voler stringere tra le braccia il suo bambino. Si tratta della libertà di far nascere, cosa che troppe volte non viene presa in nessuna considerazione. Libertà di abortire invece sì, e la si proclama la ‘libertà della donna’: questo è il pensiero corrente; ma la libertà di diventare madre sembra non interessare a nessuno tra quelli che hanno potere”.
E aggiungeva: “Noi siamo con Flavia. Per lei e per il suo bambino. È come se fosse entrata dalla nostra porta della stanza dei colloqui, ci avesse raccontato il suo dramma, espresso i suoi desideri e ne fosse uscita con un progetto di aiuto”.
Ecco, il “metodo” di Paola potrebbe, anzi dovrebbe, diventare patrimonio di tutti, perché ogni giorno dell’anno possa trasformarsi in una continua e luminosa Giornata per la vita.
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