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Baby spose, a Lecce una storia raccapricciante

tristezza

La madre si era sposata con un pachistano e aveva deciso, a tavolino, il matrimonio di sua figlia. Lui 22 anni, lei 12. Per fortuna le autorità sono intervenute in tempo e anche l’Imam della comunità islamica locale ha espresso disappunto: “Una madre non può promettere in sposa sua figlia. È un illecito, ma anche un peccato. In questo modo vengono calpestati sia i diritti dell’infanzia che l’islam”.

Promessa in sposa a 12 anni. Non è la drammatica avventura avvenuta in una terra lontana o in un’altra epoca. È una storia italiana. Lei, la bambina, è originaria di una famiglia italiana della provincia di Lecce. Come ho già detto ha 12 anni, un anno in più di mia figlia che ancora pensa a giocare e ogni tanto si diverte a mettere un velo di mascara sugli occhi per sentirsi più grande. Perché a 12 anni sei ancora una bambina. Nient’altro che una bambina.

La mamma italiana di questa piccola, aveva deciso il matrimonio della figlia con suo cognato, fratello 22enne del suo nuovo compagno. Un pachistano con cui si era sposata dopo essersi convertita all’islam.

Ad opporsi è stato il padre della ragazzina, anche lui salentino, che si è rivolto alla Procura e al Tribunale dei minorenni chiedendo e ottenendo la sospensione della potestà genitoriale della madre e il contestuale allontanamento della 12enne che è stata affidata ai nonni paterni.

Il Tribunale di Lecce è intervenuto anche per impedire che la ragazzina possa essere condotta in Pakistan dove nessun vieterebbe una simile unione. Su questa stessa scia si può leggere anche la decisione del Questore di Lecce che ha sospeso la validità del passaporto della 12enne con un provvedimento di revoca del consenso all’espatrio. 

Secondo quando emerge dall’inchiesta la piccola sarebbe stata convinta a portare il velo e a lasciare che venissero tracciati tutti i suoi spostamenti anche dal nuovo compagno della donna. E la minorenne avrebbe anche indossato giorno e notte un braccialetto raffigurante il Corano: il simbolo di una promessa da mantenere.

La prima a manifestare il suo disappunto è stata proprio la comunità islamica che vive in Salento. «La pratica dei matrimoni combinati, che avviene soprattutto in India e in Pakistan, nulla ha a che vedere con la fede islamica. Non conosco questa famiglia, ma si tratta di comportamenti – afferma Saifeddine Maaroufi, Imam della moschea di Lecce – dettati meramente da questioni culturali e non dalla religione. Saluto per questo con grande sollievo la decisione dell’autorità giudiziaria che ha sospeso la potestà genitoriale a questa mamma che con tali atteggiamenti rappresenta un rischio per il futuro e la felicità della sua bambina. Una madre non può promettere in sposa sua figlia. È un illecito, ma anche un peccato. In questo modo vengono calpestati i diritti dell’infanzia che l’islam – ribadisce l’Imam – preserva e custodisce. I figli non sono merce di scambio su cui mettere un’ipoteca. C’è un versetto coranico molto chiaro: non c’è coercizione nella religione. E un matrimonio, come anche una conversione, non può essere mai imposto o deciso da altri. Anche se ci fosse consenso della bambina, si tratterebbe comunque di una violazione del codice morale della nostra religione, perché una 12enne non può avere consapevolezza e maturità per una scelta così importante. Queste decisioni sconsiderate che vengono compiute dai genitori sono dettate dalla cultura dei Paesi di origine, ma sono assolutamente contrarie alla religione islamica», rimarca Maaroufi.Mi rincuora ascoltare queste parole, il fenomeno delle spose bambine infatti è una piaga frustrante per l’umanità intera. Secondo l’Unicef oggi in tutto il mondo, oltre 650 milioni di donne e ragazze sono state date in spose come oggetti quando erano ancora minorenni. L’indagine è stata realizzata in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani del 2021 dalle associazioni Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) e The Circle Italia Onlus. E mi sento rassicurata anche dalla tempestività con cui le autorità italiane sono intervenute, salvando il futuro di questa principessa.




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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