Sei ancora vergine? Niente paura… non sei uno “sfigato”

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A quattordici, quindici, sedici anni i ragazzi iniziano a sentire una certa “pressione sociale” nei loro ambienti. Sono portati a fare sesso prima del tempo nell’illusione di “diventare grandi”. Ma è proprio così? Si diventa grandi in questo modo?

di Cecilia Galatolo

“Sei ancora vergine?”, “Lo hai mai fatto?”, “Non hai mai fatto sesso ancora?”. Che ci piaccia o no, queste sono domande che contano e che pesano nella vita dei giovani, soprattutto negli anni dell’adolescenza. Dobbiamo saperlo noi educatori: a quattordici, quindici, sedici anni i ragazzi iniziano a sentire una certa “pressione sociale” nei loro ambienti (a scuola, nei luoghi in cui fanno sport o nei posti di aggregazione). 

Sentono di dover “diventare grandi”, di dover “stare al passo” con i coetanei

“Vivere la prima volta” è considerato un gradino da salire necessariamente per potersi affacciare alla vita adulta. Restare vergini (non solo fino al matrimonio, ma anche fino alla maggiore età o dopo un lungo periodo in cui si è in relazione) significa essere malvisti, pesanti, noiosi, socialmente poco accettati, emarginati.  Ricordo che quando frequentavo il terzo superiore, una coppia molto invidiata della nostra scuola si era lasciata e girava questa voce: “Lui l’ha tradita, però è comprensibile: dopo due anni che stavano insieme, lei non ci era ancora voluta andare a letto… Hanno aspettato troppo, a un certo punto devi andarci a letto, sennò poi è normale che si guarda attorno”. Questa era la spiegazione che dava, ad esempio, una delle amiche che frequentavo di più all’epoca. Lei, al contrario dell’altra ragazza, si è lasciata andare col suo ragazzo, vivendo “la prima volta” a sedici anni. Peccato che, dopo neanche un mese da quel passo così importante, anche tra loro è finita. 

Non è il sesso che garantisce la durata di una relazione

Ai tempi, faticavo a vedere la verità. Sembrava così logico che “dopo un certo periodo” occorresse vivere l’intimità. Ma ben presto l’ho capito: non è il sesso che garantisce il futuro roseo di una storia. All’epoca in cui si svolgevano i fatti di cui ho parlato, in un’altra parte di Italia, due miei amici (che allora non conoscevo), iniziavano la loro relazione: lei sedici anni, lui venti. Si sono sposati sei anni fa, dopo nove anni (sì, nove anni!) di fidanzamento vissuti in castità. Oggi, il loro matrimonio è luce per tanti e fecondo come pochi. Sono una famiglia unita, accogliente, aperta al prossimo, che si impegna nella comunità e con altre famiglie in difficoltà.  Quando entri in casa loro pensi: “Davvero l’amore esiste”. Non intendo dire che chi non ha vissuto in castità da adolescente non possa formare una bella famiglia. Oggi piuttosto mi interessa smentire il contrario: non sei un disadattato se non hai avuto rapporti in adolescenza. La prima bugia che dobbiamo saper smascherare, dunque, è questa: non è concedendoci presto che ci assicureremo la durata di una relazione e troveremo la nostra vocazione. Anzi, avere pazienza e dare valore a ogni gesto ci porterà a trovare qualcuno che ci rispetti, che guardi noi, non quello che può avere da noi

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“Quel ragazzo ha portato via qualcosa che non gli apparteneva”

La scorsa volta vi avevo parlato di una coppia americana (Jason e Crystalina Evert) che va per le scuole negli Stati Uniti ad annunciare il valore della purezza e avevamo cercato di focalizzarci sulle tentazioni che possono colpire i ragazzi. Oggi ci interessava provare a capire di più quali sono le pressioni, i timori, gli inganni che incontrano le ragazze. Crystalina, in un video, ci aiuta in questo. Lei racconta: 
«Mio padre se ne è andato quando avevo due anni. Ho vissuto con vecchi zii e con mia nonna che era divorziata. Quindi per me l’amore non durava. Era temporaneo e non era totale … quando ero al secondo anno di superiori ho avuto la mia prima relazione “seria” e dopo un po’ di tempo che uscivamo insieme pensavamo di essere innamorati … arrivò il punto in cui lui mi disse: “Amore se mi ami, dimostramelo. Fammi solo capire se mi ami”. Sono andata dalle mie amiche dicendo: “Lui vuole fare questo, lui vuole fare quello con me…”. Loro dissero: “Beh, cosa c’è che non va? Lo fanno tutte. Lo ami, giusto?”. E io: “Beh, certo!”. Così, all’età di quindici anni ho perso la mia verginità, pensando che avrebbe creato un legame tra noi, che saremmo stati così uniti e così innamorati! Ma in realtà distrusse tutto l’amore che c’era e tutto il rispetto è stato buttato dalla finestra. Perché se perfino io non rispettavo il mio corpo, per quale motivo avrebbe dovuto farlo lui? Dopo un po’ di tempo che uscivamo, lui non sembrava voler passare un po’ del tempo con me. Praticamente usciva col mio corpo. Una ragazza lo sa quando viene usata. Lo sa nel più profondo del suo cuore. Può negarlo, può ignorarlo, ma lo sa… io lo sapevo. Dopo un po’ di tempo litigavamo sempre, lui mi tradiva, le nostre strade si sono divise … e mentre se ne andava pensavo che quel ragazzo stava portando via con sé qualcosa che non gli apparteneva…». Per oggi ci fermiamo qui, ma continueremo con la seconda parte della storia la prossima volta!




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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