CORRISPONDENZA FAMILIARE

Sta per nascere. È Dio che viene ad abitare la nostra casa

13 Dicembre 2021

Liturgia dell'attesa

Nella luce della fede ogni evento ha il volto di Dio, tanto più la nascita di un bambino. Dio entra nella vita degli sposi attraverso la fragile carne di un bambino, è Lui che si presenta con il volto di una piccola creatura. È lui che vi preparate ad accogliere. Custodite e coltivate questa consapevolezza.

Cari Luigi e Giusy

la liturgia dell’attesa è una luce che vi conduce verso la culla di Betlemme, quella che tra poco celebriamo nella liturgia e quella che tra non molto avrete la gioia di vivere, quando potrete stringere tra le braccia il bambino tanto atteso e che oggi resta comodamente accucciato nel grembo della madre. 

Questa liturgia vi chiede di accogliere il figlio come un dono che dona un volto nuovo alla vita. Quel batuffolo di carne, che ancora non ha voce, ha la capacità di intenerire il cuore. Vi dona la gioia di essere genitori. Avere un bambino significa essere genitori. Forse è meglio porre l’accento sul secondo verbo che sottolinea la coscienza di avere una nuova identità. La presenza di un figlio inevitabilmente spezza l’equilibrio coniugale che avete costruito in questi primi anni di matrimonio e vi chiede di riscrivere il vostro legame e i compiti all’interno di una famiglia. La nascita di un figlio può creare qualche disagio ma il valore di quella vita e la vitalità che porta in una casa è immensamente più importante delle difficoltà. Questo figlio vi offre l’opportunità di crescere e maturare uno stile di vita segnato dal servizio.

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Nella luce della fede ogni evento ha il volto di Dio, tanto più la nascita di un bambino, come ha detto Gesù: “Chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me” (Matteo, 18,5). Dio entra nella vita degli sposi attraverso la fragile carne di un bambino, è Lui che si presenta con il volto di una piccola creatura. È lui che vi preparate ad accogliere. Custodite e coltivate questa consapevolezza. “Veglia veramente beata – ha scritto san Colombano, un monaco vissuto nel VI secolo – quella in cui si è in attesa di Dio, creatore dell’universo, che tutto riempie e tutto trascende”. 

La liturgia dell’attesa, che ieri abbiamo celebrato, invita a percepire la generazione come un dono gratuito di Dio, e nello stesso tempo vi chiede di vivere la genitorialità come un compito affascinante e impegnativo. Questi due aspetti sono strettamente congiunti, anzi quanto più è viva la coscienza del dono tanto più si afferma la coscienza della responsabilità. Se i genitori riconoscono che il bambino non è solo frutto di un loro desiderio ma è un dono che viene dall’alto, si sentono ancora più vincolati a custodire la creatura che è stata loro affidata. La vita umana appare come un mistero affidato alla nostra fragilità. Dinanzi a questo compito, è del tutto naturale percepire di essere impreparati. La fede non attenua la responsabilità, non consola con vaghe promesse né dice che essere genitori è facile; ma offre la luce necessaria per vivere questo nuovo ministero con il sostegno di quella grazia che Dio non fa mancare ai genitori che la chiedono con fiducia. 

Il tempo della gravidanza è particolarmente prezioso. Non sciupatelo e non riempitelo solo di sogni umani. Ricordando le ferventi preghiere che la madre presentava a Dio quand’era in attesa, Sant’Agostino (354-428) scrive di aver assaporato “il sale di Dio nel seno di sua madre”. San Francesco di Sales (1567-1622) invita le donne cristiane ad “offrire alla maestà divina il frutto del loro seno, anche prima che veda la luce, perché Dio, che accetta le offerte di un cuore umile e pieno di buona volontà, abitualmente asseconda gli affetti delle madri in tali condizioni” (Introduzione alla vita devota, III parte, Capitolo XXXVIII). 

Custodire la vita significa permettere a questo bambino che sta per nascere – e a tutti quelli che verranno – di vivere secondo “la grazia ricevuta” (1Pt 4,10). I figli hanno diritto di trovare Dio in ogni angolo dell’esistenza familiare. I genitori devono essere ministri e testimoni di Dio, per questo devono saper lasciare posto a Lui fino a scomparire. La loro gioia consiste nel vedere che i figli non guardano più a loro ma a Dio. 

Siete ancora all’inizio del vostro ministero genitoriale, avete tanta strada da fare e tanti pesi da portare. “Non abbiate paura”, quel Dio che si è fatto Bambino vi donerà il coraggio di amare e servire fino a donare la vita. E ricordate che non siete soli, avete tanti amici che insieme a voi desiderano vivere la fede e far risplendere il Vangelo. Anch’io cercherò di fare la mia parte. Chiedo al buon Dio di colmarvi di ogni benedizione.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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