Il nostro matrimonio sta finendo: Dio può fare qualcosa per noi?

divorzio

All’inizio di una relazione solitamente le cose vanno bene. Se si arriva all’altare, è perché si è felici di stare insieme. Nessuno – o quasi – pensa al divorzio, ma cosa succede quando la vita si fa dura e le cose cominciano a cambiare? Gesù può trasformare l’acqua in vino anche per noi, come fece alle nozze di Cana?

La scorsa volta abbiamo detto che Gesù gradisce l’invito alle nostre nozze… Ma perché? E che vuol dire? Cosa può fare Gesù se lo invitiamo al nostro matrimonio? In sostanza: perché scomodare Dio, quando già ci amiamo “da soli”? A che serve il sacramento nuziale? Per provare a rispondere a queste domande (senza pretendere di esaurire l’argomento qui) mi faccio aiutare dal Vangelo. C’è un episodio, molto noto, raccontato dall’evangelista Giovanni: Gesù partecipa ad un matrimonio, a Cana di Galilea, e lì compie il primo segno da Figlio di Dio. (Il passo del Vangelo è: Gv 2,1-11).

Anzitutto penso sia interessante notare questo: il primo miracolo in assoluto Gesù, sulla Terra, lo compie per due sposi (“Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”). È proprio vero che Dio ha a cuore le coppie, la famiglia. E d’altronde, come potrebbe non essere così? Il benessere della società parte dal benessere della famiglia, che è la prima cellula di ogni comunità. Ora andiamo a vedere nel dettaglio cosa fa Gesù …e come lo fa.

Anzitutto arriva allo sposalizio come un invitato tra gli altri: “Fu invitato alle nozze anche Gesù”. Nessun tappeto rosso, nessuno squillo di tromba. Gesù è discreto, silenzioso. Come ai nostri matrimoni. Tante volte, nel trambusto dei preparativi, degli addobbi, del ricevimento rischiamo quasi di non accorgerci di Lui, di trascurarlo, di farlo passare in secondo piano: il Sacramento, con cui Cristo viene fisicamente in mezzo a noi, può diventare “una cosa tra le tante”. Eppure, il fatto che Gesù sia così umile, tanto da passare quasi inosservato, non significa che la sua presenza sia irrilevante: infatti, senza di Lui, la festa degli sposi di Cana sarebbe finita molto presto. Questa coppia aveva fatto male i conti e c’era poco vino. (“Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino»).

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 Il vino allegoricamente significa: allegria, spontaneità, gioia di stare insieme, freschezza, festa.

Gli sposi non avevano abbastanza risorse per far durare la festa a lungo: cosa può significare questo per noi? All’inizio di una relazione solitamente le cose vanno bene. Se si arriva all’altare, è perché si è felici di stare insieme. Nessuno – o quasi – pensa al divorzio mentre si diverte, canta e balla alla propria festa di matrimonio. Nessuno pensa che da un momento all’altro tutta quella bellezza possa svanire. Invece può succedere. La vita può diventare dura. Le nostre diversità e i difetti iniziano a pesare di più; viene meno la passione, il desiderio, la gioia di stare insieme. Inizia a mancare il vino pure a noi. 

Cosa fa Gesù, quando questo succede?

Andiamo a vederlo direttamente nel brano del Vangelo. Anzitutto, vediamo l’influenza della Madre di Gesù. L’evangelista fa intendere che la missione pubblica di Cristo non doveva ancora iniziare, “la sua ora non era ancora venuta”, dice. Ma di fronte a una difficoltà nel matrimonio – e alla preghiera della mamma – Gesù non sa dire di no. E cosa fa il Signore? Non materializza il vino dal nulla. No, perché Dio non fa mai le cose senza la nostra collaborazione… senza che noi gli offriamo qualcosa su cui lavorare. Anche fosse la nostra insipida acqua. Non risolve le cose con la bacchetta magica, con uno schiocco di dita. Non fa miracoli per noi senza di noi. Lui chiede la nostra cooperazione. Non scavalca l’umano, lo nobilita. Trasforma la nostra pochezza in vino buono. Anzi, non buono: ma nel vino migliore che ci possa essere. Cosa significa questo? Che la crisi può diventare occasione per un amore più vero, più maturo. Se ci nutriamo di Gesù, se lo invochiamo in mezzo a noi, se chiediamo a Dio di rinnovare il sacramento del Matrimonio soprattutto quando la festa sta finendo… vedremo veramente prodigi.

Se ciò che abbiamo detto fino ad ora non si verificasse nella vita, sarebbero solo parole… ma la trasformazione dell’acqua in vino, quando un matrimonio vacilla, è un miracolo che Gesù continua a compiere nei secoli. Ricordo una catechesi di don Fabio Rosini, che avevo ascoltato a Roma: il noto sacerdote aveva raccontato di due coniugi che negli anni si erano persi, fino a tradirsi. Vivevano insieme, per evitare problemi pratici legati alla separazione, ma di fatto non si amavano, non c’era intimità, non c’erano comunione e condivisione. La festa era finita. Il figlio maggiore della coppia ha intrapreso il percorso sui dieci comandamenti, ideato da don Fabio. Questi genitori, piano piano, si sono avvicinati a Gesù insieme al figlio

Bene, dopo un anno, seguendo il percorso di fede iniziato dal ragazzo, anche loro sono rinati. Hanno riscoperto l’amore che li aveva portati all’altare. Sono tornati all’origine. Si sono ritrovati. Perché Dio non dovrebbe fare questo anche per noi? La prima cosa da fare è iniziare ad aprirci alla possibilità che Dio desidera la gioia per noi… perché è proprio così: Dio desidera che la nostra festa di nozze continui.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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