Accogliere la vita

Se il figlio è incompatibile con la vita: il dolore di una mamma di fronte all’aborto terapeutico

Non molto tempo fa, una donna mi ha confidato di essere in attesa di esami più specifici per sapere se suo figlio era in salute oppure no, perché sembrava altamente probabile una malformazione che rendeva il bimbo incompatibile con la vita. Tutti i dottori le consigliavano, in tal caso, di interrompere la gravidanza. Cosa le ho risposto? Nulla. Ho fatto parlare Chiara Corbella.

“Accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarci”: qualche settimana fa siamo partiti da questa frase contenuta nelle promesse matrimoniali per riflettere sul fatto che i figli non sono né un nostro possesso, né una nostra costruzione o proiezione, bensì delle “persone altre” rispetto a noi. Ci siamo concentrati su quel verbo: “donarci”, dicendo che un dono, appunto, si accoglie, non si respinge e non si modella a propria immagine. Abbiamo poi parlato di sacramento matrimoniale, infecondità, paternità e maternità spirituale, di apertura alla vita e contraccezione. Oggi vorrei fermarmi su una situazione particolare: quando la vita non si presenta come l’avevamo immaginata, quando quel figlio sembra un errore della natura e tutti ci dicono che l’unica possibilità è cancellarlo. Non molto tempo fa, una donna mi ha confidato di essere in attesa di esami più specifici per sapere se suo figlio era in salute oppure no, perché sembrava altamente probabile una malformazione che rendeva il bimbo incompatibile con la vita. Tutti i dottori le consigliavano, in tal caso, di interrompere la gravidanza.

Il dolore di una mamma di fronte alla proposta dell’aborto terapeutico 

Ricordo che mi aveva scritto perché “sentiva il bisogno di una parola diversa, di una luce, di una speranza…” Quando le veniva detto in modo perentorio che doveva “rinunciare a suo figlio”, lei “sentiva che quella risposta non era la stessa dettata dal suo cuore”. Mi diceva, con le lacrime: “Noi mamme siamo mamme. Sappiamo che un figlio in pancia è già nostro figlio…”. Alla fine, i pronostici si sono rivelati sbagliati: il bambino era sano. Ma la prima persona a cui ho pensato, mentre mi esponeva il suo dolore, è stata Chiara Corbella. Allora le ho parlato di lei, le ho mandato dei video. Sentivo che Chiara aveva molto più di me da dirle… Ricordo la prima volta che ho ascoltato io la testimonianza di Chiara Corbella su Youtube: ero incinta del mio primo figlio. E quel giorno ho capito ancora di più quanto ogni vita sia preziosa, così come è, in qualunque stadio. Ho capito come si possa, nella grazia, accogliere davvero ogni figlio che Dio ci dona…

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Se il valore della vita non si misura dalla salute

“L’importante è che ci sia la salute”, afferma una cassiera, dopo aver chiesto il sesso del bambino alla donna incinta che sta pagando. “E se anche non ci fosse?”, risponde la ragazza. Ha un pancione che non la fa di certo passare inosservata, ma aspetta una bambina speciale. Quella donna è proprio Chiara: è al nono mese di gravidanza e non vede l’ora di conoscere Maria Grazia Letizia, anche se sa che potrà percorrere con lei solo un breve tratto di strada, perché la bimba ha ricevuto una diagnosi di anencefalia e con ogni probabilità morirà poco dopo la nascita. Chiara però non vuol essere guardata con compassione, come se sua figlia non fosse un dono solo perché malata. Ricorderà sempre il parto e l’abbraccio della sua bambina con una tenerezza e una gioia che, dice, sicuramente non avrebbe conosciuto se avesse abortito. 

Il valore della vita non si misura nemmeno dal tempo

“Non importa per quanto tempo siamo state madri – arriverà ad affermare Chiara – ciò che conta è che abbiamo ricevuto questo dono”. Un anno dopo, darà alla luce Davide Giovanni, ma anche lui lascerà presto i genitori: sarà conosciuto e abbracciato dai cari per pochi minuti, riceverà il Battesimo, poi morirà, proprio come la sorella. Anche lui, però, prima è stato accolto per quello che era: un dono. Tra le malattie dei due fratellini non c’è alcuna correlazione, non vi è nessuna predisposizione genetica dei genitori: i risultati dei test cui i coniugi si sottopongono chiariscono che si tratta di mera coincidenza e smentiscono tutti coloro che li considerano due incoscienti. Mentre tanti li invitano, più o meno velatamente, a non cercare più figli, loro capiscono di essere chiamati a testimoniare che la vita non si misura né in termini di tempo, né di benessere fisico: Dio crea l’uomo per l’eternità ed è sbagliato giudicare la bellezza o l’importanza di una esistenza dalla sua durata o dalla salute. Ciò che dà senso e pienezza alla nostra vita, per loro, è l’amore. A Chiara è attribuita la frase: “Nella vita non è importante fare qualcosa, ma nascere e lasciarsi amare”. Per lei, i suoi figli hanno avuto una esperienza terrena breve, ma sono stati amati ed è questo l’essenziale. Chiara rimane incinta di nuovo. Stavolta il bambino sta bene ma al quinto mese di gravidanza ecco un’altra una grande prova: Chiara ha un tumore alla lingua. Le cure, però, comprometterebbero la salute del piccolo. Che fare, quindi? La donna non ha dubbi: non può mettere in secondo piano la salute del figlio per pensare alla sua. Lei si sente già madre di quel piccolo frugoletto nascosto nel suo ventre. Così, rimanda le cure fino al momento del parto, che desidera avvenga a termine, quando il bimbo non corre più nessun rischio. Porterà a termine la gravidanza con una serenità disarmante, ma dopo un anno nascerà al Cielo. Chiara è spesso ricordata per questo gesto eroico, ma prima ancora è bello far memoria di tutto ciò che ha vissuto, testimoniando che ogni figlio può essere accolto. Proprio così: come un dono. 

Alla base di questi sì alla vita, un sì più grande: a Dio e alla propria vocazione

Il libro “Siamo nati e non moriremo mai più”, (Editrice Porziuncola, 13 euro, di Simone Troisi e Cristiana Paccini, 2013) si apre con l’inizio della relazione tra Chiara ed Enrico, ci fa conoscere e percorrere i diversi passaggi che la coppia compie per arrivare a dire un “Sì” coraggioso e maturo davanti ad un altare. È bello vedere come da una crisi, che sembra segnare la fine della loro relazione, arrivino invece alla pienezza del matrimonio. Come? Cambiando semplicemente il modo di stare insieme, di “trattarsi”. Il primo “Sì” che Chiara ed Enrico pronunciano è quello di giovani sposi. Dalla loro unione solida e genuina sbocciano tutti gli altri “Sì”. Dal sacramento sgorga, dunque, la loro forza. È perché hanno accolto l’amore inesauribile di Dio nella loro vita e hanno imparato ad amarsi profondamente che sono stati capaci di vedere in ogni figlio un dono di Dio.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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