CORRISPONDENZA FAMILIARE

I figli sono una benedizione. Sempre

27 Settembre 2021

disabilità

La disabilità fa paura, diciamolo con franchezza. Non è facile accogliere un figlio disabile. Anzi, spesso questa fragilità genera nei genitori inquietudine e angoscia, non poche volte accresce la distanza tra gli sposi, quasi sempre costringe le famiglie a vivere ai margini della vita sociale. Il quadro può apparire troppo cupo ma qualche volta è utile usare tinte fosche per obbligare tutti ad aprire gli occhi. 

Qualche anno fa ho avuto la gioia di ascoltare la testimonianza di Paolo Ramonda, attuale responsabile della Comunità Papa Giovanni, fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi. Ha raccontato la sua esperienza personale e coniugale, tutta vissuta all’interno di una grande realtà ecclesiale che nel corso degli anni ha ramificato la sua presenza in Italia e all’estero. Ha parlato del suo incontro con don Benzi nella giovinezza, quando tutto sembra possibile. Insieme alla moglie, ha risposto con generosità alla chiamata di Dio che giungeva attraverso un prete semplice ma audace fino alla follia. Tanti anni di matrimonio vissuti a stretto contatto con i disabili, accolti come figli. Ad uno sguardo umano, tutto fa pensare ad una vita non priva di sacrifici. E invece, Paolo chiude il suo racconto con una preghiera di lode: “Grazie, Signore, sei stato buono a donarci questa vita”.  

La sua esperienza, segnata dalla fede, contiene un annuncio che forse oggi facciamo fatica a far risuonare: occorre dire al mondo che i figli sono una benedizione. Tutti, anche quelli che portano nella carne i segni della passione. Il bambino disabile ha un suo linguaggio, anche quando non parla. Ed ha una funzione speciale: invita tutti a uscire dall’orizzonte individualistico e ad assumere uno stile che mette al centro l’altro. Il disabile non ci permette di restare nella prigione dei pensieri e dei concetti, ci chiede di intervenire e di prenderci cura. La compassione diventa condivisione. Le parole si traducono in concreti gesti di carità. 

 

La disabilità è un problema sociale che chiede alle istituzioni di intervenire con provvedimenti specifici, anche di carattere economico per venire incontro alle crescenti necessità di chi deve fare i conti con la fragilità fisica o psichica. È un problema culturale che chiede a tutte le agenzie educative (in primo luogo media e scuola) di promuovere una società dell’accoglienza capace di riconoscere la dignità della persona in qualsiasi età e condizione. È anche un problema ecclesiale perché è doveroso migliorare le condizioni per favorire il cammino di fede e la partecipazione liturgica delle persone fragili e dei loro familiari. 

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Tutti possono e devono fare la propria parte per costruire un mondo in cui l’emarginazione venga bandita o comunque combattuta con determinazione. Ma il ruolo oggettivamente più importante è affidato alla famiglia. Le strutture e gli operatori sanitari sono assolutamente necessari, è indispensabile avere insegnanti di sostegno ben preparati, è utile utilizzare le più moderne tecnologie per abbattere le barriere che impediscono l’inclusione. Tutto questo va bene e va fatto sempre meglio. Ma non dobbiamo dimenticare che in questa battaglia la famiglia gioca un ruolo decisivo. E per quanto ne so, mi pare che questo capitolo non venga adeguatamente riconosciuto e promosso. 

Si parla troppo poco della famiglia e quel poco spesso manca di concretezza, non mette a fuoco le particolari problematiche che la comunità domestica deve affrontare. Negli ultimi anni la Chiesa italiana ha messo in campo convegni di altissimo profilo sulla disabilità proponendo relazioni di grande qualità che intrecciano l’approccio spirituale con quello psicologico, non mancano esperienze diverse e interessanti. Tutto bello. Manca però la dimensione coniugale e familiare, si parla troppo poco del ruolo genitoriale  e della necessità che il bambino con disabilità cresca in un ambiente carico di affetto. Va bene insistere sulla responsabilità della comunità ecclesiale e delle strutture socio-assistenziali ma ogni sapiente progettualità deve confluire nella famiglia perché è questo il luogo ordinario in cui tutto si compie o miseramente fallisce. È un tema molto importante e ricco di sfumature sul quale dobbiamo necessariamente ritornare. Permettetemi di chiudere con questa preghiera. 

Padre santo, donaci luce e forza per accompagnare le famiglie che vivono la disabilità in una desolazione priva di speranza e povera di fede. Donaci di manifestare una carità che diventa condivisione fraterna per dare sollievo a quei genitori che sperimentano un’amara solitudine. Donaci di comunicare la Tua tenerezza per renderli consapevoli che possono sempre contare sulla grazia che guarisce le ferite e vince la stanchezza. Donaci di fare la nostra parte con la certezza che, malgrado i nostri limiti, Tu fai di ogni gesto di carità un seme che germoglia e porta frutto. Amen.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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