Matrimonio o convivenza? Scopriamo le differenze…

Perché scegliere il matrimonio e non una semplice convivenza? Come cristiani, sappiamo testimoniare la differenza? È questo il tema che cercheremo di affrontare oggi…

Se si sceglie di iniziare un cammino impervio e faticoso come la vita insieme ad un’altra persona senza la Grazia del Matrimonio, forse non si è compreso fino in fondo cosa “aggiunge al noi” il sacramento nuziale. Chi si trova – magari anche da cristiano – a fare a meno di questo dono, potrebbe non aver compreso che Cristo vuole essere “fisicamente tra di noi” e non solo “guardarci camminare”. 

Forse non ha capito che Gesù non è un invitato come un altro, nel caso in cui ci sposassimo: si tratta di Qualcuno che può trasformare la nostra misera acqua in vino buono, è l’Amore in persona che si fa carico del nostro piccolo amore e che vuole precederci, per indicarci la strada. Ma i giovani sono messi nella condizione di sapere tutto questo, nelle nostre realtà ecclesiali?

Tempo fa, in una diocesi, il vescovo era profondamente rammaricato perché il responsabile di un movimento molto importante nella Chiesa (non farò il nome, ma è particolarmente diffuso e seguito a livello nazionale) invece di sposarsi è andato a convivere con la sua fidanzata. Si trattava per il vescovo di una scelta non coerente con il Vangelo e con l’insegnamento della Chiesa (perché “rivela come non si è compreso il valore del sacramento nuziale, in virtù del quale l’uomo e la donna, con l’atto coniugale, diventano Uno in Cristo). Perciò, si è trovato in difficoltà: da un lato, avrebbe dovuto togliere alcuni incarichi ad una persona che stimava, dall’altro riteneva questo ragazzo un buon cristiano, un buon esempio per i ragazzi, una persona dai valori saldi. Che fare dunque?

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Prima di rispondere a questa domanda, forse ci sarebbe una domanda anteriore da porsi: “Cosa è stato fatto perché quel ragazzo fosse consapevole della grandezza del sacramento del matrimonio? Quante risorse sono state investite dalla diocesi e in diocesi perché egli scoprisse l’immenso valore della sessualità umana?” Come mai un ragazzo cresciuto in chiesa non ha scelto di mettere Cristo al primo posto, nelle fondamenta della propria relazione? Perché questi due ragazzi hanno deciso di “sposarsi da soli”? Come mai non hanno capito che Gesù, in virtù del sacramento, ci fa suoi, quindi missionari e responsabili – insieme – di un pezzetto di mondo, nel suo nome? Penso che ogni tanto, degli esami di coscienza come Chiesa (che siamo laici, vescovi, suore o sacerdoti) ci facciano più che bene.

È vero che tante volte le persone sono “lontane” e non si interessano alle nostre iniziative, a volte nemmeno si sa tutto “il bello” che c’è! Magari si fa il possibile e ci si ferma, giustamente, davanti alla libertà umana. Libertà anche di girare al largo e di vivere come se la Chiesa non esistesse.

Però, se un ragazzo cresciuto in parrocchia molto stimato, un catechista apprezzato, amato e seguito dai giovani, presente ogni domenica alla Messa, impegnato negli eventi della chiesa locale, compie una scelta simile, un mea culpa, forse, deve farselo anche “chi l’ha cresciuto”. Forse tra le tante attività a cui ha partecipato ne è mancata qualcuna in più sul matrimonio cristiano come chiamata, come vocazione che viene direttamente da Dio. Magari sono mancate testimonianze forti, sono mancati percorsi pensati proprio per questo.

Non conosco quel ragazzo e non so cosa lo abbia portato alle scelte che ha fatto. Potrebbe anche aver rifiutato una proposta, che tuttavia era credibile. Ma come agenti pastorali dobbiamo metterci in discussione e impegnarci perché tutti sappiano quale dono viene dall’altare per due sposi. Più che una critica, oggi, un consiglio: chiediamoci se nelle nostre parrocchie e diocesi ci stiamo preoccupando che ci sia una seria formazione cristiana all’affettività e le persone sono messe in condizione di approfondire il tema del sacramento nuziale
Ci sono cose meravigliose su questo campo: la Chiesa sta già facendo tanto! (Penso ai percorsi per i fidanzati di Assisi o al corso sull’affettività che tengono in tutta Italia due sposi meravigliosi, di cui parlo nel libro: Casti alla meta. 50 sfumature dell’amore vero, Mimep Docete, 2020). Non abbiamo timore di affrontare questi argomenti (cruciali!) e di prendere spunto da chi già lo fa. Una giornalista una volta ha detto che la Chiesa è come il frigo di casa: chiunque può prendere, senza chiedere il permesso. Da scrittrice, aggiungerei che sull’evangelizzazione non esiste copyright.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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