Gli aborti calano ma, niente paura, aumentano quelli chimici…

pillola

Sembra una bella notizia e invece no: dalla Relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 194 emerge che gli aborti chirurgici sono in calo, ma aumentano quelli chimici. In altri termini: abbiamo cambiato solo il modo di abortire. 

È stata pubblicata la Relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 194, con i dati provvisori del 2020 e quelli definitivi del 2019, resa pubblica dal ministero della Salute.

Durante la pandemia gli aborti sono calati, secondo tutti gli indicatori: lo scorso anno sono stati 67.638, -7,6% rispetto al 2019, che a sua volta registrava un calo del 4,1% rispetto al 2018. In calo anche il tasso di abortività (numero di aborti per 1.000 donne in età 15-49 residenti in Italia): 5,5 nel 2020 rispetto a 5,8 del 2019, e il rapporto di abortività (numero di aborti rispetto a 1.000 nati vivi) 169 nel 2020 rispetto a 174,5 del 2019.

Gli indicatori specifici del periodo che risale a prima della pandemia non mostrano sostanziali novità: in diminuzione gli aborti fra le minorenni – 2,3 per mille nel 2019, erano 2,4 l’anno precedente – gli aborti ripetuti – 25,2% nel 2019 rispetto al 25,5% nel 2018 – e anche gli aborti fra le straniere, che nel 2019 sono il 29,2% di tutte le interruzioni volontarie di gravidanza, rispetto al 30,3% del 2018 (erano il 33% nel 2014). Le donne straniere continuano ad avere tassi di abortività 2-3 volte più elevati rispetto alle italiane: per tutte le età il tasso è 14 per mille, con un picco a 25,5 fra 20 e 24 anni.

Una buona notizia? Non tanto dato che dai dati pubblicati emerge che sono in aumento le interruzioni di gravidanza con il metodo farmacologico. Ormai 1 aborto su 4 (il 24,9% di tutte le Ivg), si effettua chimicamente. Ovviamente ci sono variabili fra le regioni: prime tre Piemonte (45,6%), Liguria (44,2%), Emilia Romagna (41,1%). Dalla Relazione emerge che, su 21 regioni, 13 intendono effettuare aborti in strutture extraospedaliere (ambulatori e/o consultori), una lo ha già iniziato a fare, e tre stanno ancora valutandone l’opportunità.

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Nessuna criticità invece per gli obiettori di coscienza: ciascun non obiettore effettua 1,1 aborti a settimana (media nazionale), in diminuzione rispetto agli anni precedenti. L’ultima Relazione offre una raccolta dati meno dettagliata rispetto alle precedenti, ma le conclusioni del ministro sono chiare: rispetto all’obiezione di coscienza i dati non mostrano criticità nei servizi di Ivg, né a livello regionale che delle singole strutture. D’altra parte anche i tempi di attesa sono in calo, e la mobilità fra le regioni è bassa: il 92,7% delle IVG è nelle regioni di residenza, e di queste l’86,7% nella provincia di residenza. Quindi nonostante il pressing mediatico su questo aspetto pare che l’obiezione di coscienza non infici la possibilità di abortire. Lo dicono i dati. 

È stabile, dopo anni di costante aumento, la contraccezione d’emergenza: 259.644 le confezioni di EllaOne vendute (la cosiddetta pillola dei cinque giorni dopo) e 288.498 quelle di Norlevo (la cosiddetta pillola del giorno dopo), per un totale di 548.142 confezioni nel 2019.

Vorrei tanto che una relazione del genere fosse il segnale di un mondo che sta, pian piano, riconquistando il senso della vita. Vorrei poter dire che finalmente abbiamo compreso che abbiamo il dovere di custodire e proteggere quella piccola creatura nascosta al mondo, che chiede solo di poter nascere per dare il suo contributo di umanità. Ma, ahimè, dallo scenario così delineato, emerge chiaramente il volto di una società che ha fatto dell’aborto un fatto privato, del tipo “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Nessuna camera operatoria, nessuna prenotazione, nessun medico o infermiere. Se vuoi abortire oggi non devi nemmeno disturbarti ad andare in ospedale, basta chiuderti in bagno e lo fai tranquillamente nella tua privacy e senza dover dare troppe spiegazioni. In altri termini sembra che la sanità pubblica abbia ben altro di cui occuparsi invece di perdere tempo su interventi così banali come l’aborto ormai classificato tra i “piccoli interventi di chirurgia”. Abbiamo sostanzialmente cambiato solo il modo di abortire. Eppure la stessa scienza che da un lato aiuta ad abortire, dall’altro lato ci mostra che nell’utero di una donna non c’è un pezzo di carne da asportare, ma una vita umana con dei diritti che nessuno vuol rispettare. Lo ho sottolineato bene anche il Papa che durante il volo di ritorno da Budapest di fronte ai tanti giornalisti che lo intervistavano ha ripetuto che “l’aborto è un omicidio”. E a chi non crede in Dio e non riconosce l’autorità del Papa, chiedo di guardare attraverso il monitor di un ecografo. Tanto basta per comprendere la verità.




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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