La fede
“Babbo ma tu Gesù, lo senti?”
di Giovanna Abbagnara
Carlo Casini è stato prima di tutto uno sposo e un padre. Con la sua famiglia ha condiviso l’amore e l’impegno per la vita nascente. Lo conosciamo meglio attraverso le parole e il cuore di Marina, una dei figli, attuale presidente del Movimento per la Vita.
Il tuo papà è stato una figura di altissimo profilo, magistrato, politico, un uomo che ha consacrato la sua esistenza alla causa della vita, storico presidente del Movimento per la Vita. Tutto questo ha richiesto impegno e dedizione da parte sua, come avete vissuto come famiglia il suo impegno?
Con molta naturalezza direi e in piena comunione. In casa si parlava tanto e di tutto, c’è sempre stata una grande apertura. Siamo stati coinvolti in quella sua battaglia che non è stata solo la sua. La mamma è sempre stata al fianco del papà, ricordo che ce la presentava come una vera e propria missione importante anche per noi e per la nostra crescita. Lo seguivamo in tutte le sue conferenze, spostandoci talvolta anche in un pulmino, dato che eravamo in sei. Per noi era un modo per stare insieme e nello stesso tempo anche quando lui non c’era, la sua non era mai un’assenza. Conoscere il motivo per cui era impegnato dava senso e pienezza alla sua lontananza. Il babbo ci ha sempre dato un grande esempio di coerenza. Devo anche dire che era un padre molto attento. Si interessava di tutto della nostra formazione scolastica come di quella spirituale, con la premura che solo un uomo a tutto tondo può avere. La sua vocazione in definitiva riguardava tutti noi figli e ancora oggi restiamo uniti nel suo insegnamento.
Nello speciale “Sì alla vita” che avete pubblicato in occasione della 43° Giornata per la Vita, ci sono tante testimonianze di persone che hanno conosciuto l’onorevole Carlo Casini e tutti lo descrivono come una persona tenace e determinato nel condurre la sua missione. Quale tra le sue battaglie ricordi con particolare cura?
Ne ha fatte tante di battaglie per rendere visibile alla società l’uomo che “dal nulla compare all’esistenza”, come usava dire. Per lui la questione della vita nascente non era un fatto marginale ma un bene essenziale del vivere civile. Le sue battaglie nascono da questo anelito, a me vengono in mente tre battaglie in modo particolare. Quella del 1981 per abrogare la legge sull’aborto; quella del 2004 che ha portato alla legge 40 e l’ultima quella per il riconoscimento, a livello europeo, del concepito come “uno di noi”.
La prima è stata numericamente una sconfitta; la seconda è stata una vittoria anche se a colpi di sentenze la legge è stata messa a soqquadro; la terza è stata una battaglia numericamente molto potente ma poi è stata bloccata dalla Commissione europea che non ha avuto nemmeno l’onestà intellettuale di prendere in considerazione l’istanza del concepito come uno di noi.
Papà diceva alcune cose importanti: intanto che non ci si deve mai arrendere perché la verità è più grande dei numeri. Aggiungeva poi che la battaglia per la vita nascente è paragonabile a quella contro la schiavitù e dunque richiede tempi lunghissimi e, infine, annunciava che parlare della vita è già una vittoria. Non sappiamo mai l’eco che le nostre parole possono avere, dove possono arrivare. Infine ma non alla fine, ripeteva di avere fiducia perché il Vangelo della vita è scritto nel cuore di ogni uomo e il disegno della storia è guidato da una stella positiva ed è come un fiume che sfocia nel mare. La luce c’è e sta a noi sforzarci per aiutare l’aurora a spuntare.
Ha fatto tanto ma secondo te qual è stato il segreto della sua forza e della sua tenacia?
Io penso che la lucidità e l’intelligenza del suo pensiero traessero vigore da una dimensione contemplativa, non si fermavano allo sguardo della scienza e della ragione, ma aprivano la ragione sull’oltre. E da questa dimensione contemplativa lui abitava il mondo, da questa prospettiva lui guardava le cose, tutte le cose. Ogni sua parola, ogni suo gesto, ogni sua azione in qualche modo rimandava all’idea che il valore della vita umana richiama in causa il lavoro creativo di Dio. Una parola d’amore che Dio stesso pronuncia attraverso l’uomo che comincia. Lui vedeva nell’essere umano che entra nell’esistenza la firma di Dio, il segno tangibile del suo amore per noi. In una lettera che ha scritto a un sacerdote, il babbo scrisse che l’amore di Dio si materializza in ogni essere umano. Pur essendo un uomo impegnatissimo, viveva con il cuore in ginocchio di fronte a Dio. Nella Giornata per la Vita del 1985 scrisse: “Questo piccolo essere che potrebbe stare nel palmo della mia mano è uno di noi, un nostro fratello accomunato dal nostro stesso destino. Bisogna avvertire lo stupore per la meraviglia che egli è. Ogni vita che inizia è frutto della fatica dell’universo, dello spazio e del tempo, dell’evoluzione e delle generazioni. Di fronte a lui riproponiamo la domanda: è o non è egli il valore e il senso del creato? Se la risposta è positiva abbiamo detto che l’uomo è sempre un valore… Ogni figlio è l’istintiva speranza che il bene alla fine supererà il male”.
Hai qualche ricordo speciale dei suoi ultimi istanti?
La fede gli è stata trasmessa dai suoi genitori come “provvidenza”. L’immagine che si è portato dietro per tutta la vita è stato Dio è amore infinito. Nei suoi ultimi tempi, quando, colpito dalla malattia, aveva giusto un filo di voce, gli ho domandato: “Ma tu Gesù lo senti?”. Lui ha risposto: “Sì”. “E cosa ti dice?” gli ho chiesto. “Che mi vuole bene!” ha risposto.
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