I social come registro dei ricordi hanno un merito. Fanno riaffiorare foto e pensieri e in un attimo ti ritrovi a pensare a quei momenti che sono stati importanti e hanno segnato una tappa del cammino della vita. Così Facebook mi ricorda che quattro anni fa, in questo giorno, ero a Parigi con nove ragazzi, tutti adolescenti, a passeggiare tra le vie di quella splendida città a conclusione di un tempo di ritiro spirituale che avevamo trascorso a Lisieux sui passi di santa Teresa di Gesù Bambino.
La pandemia, la paura, il lockdown fa apparire quella esperienza molto lontana dall’oggi. Partire con nove ragazzi tutti minorenni solo per consegnare loro la parola della fede incarnata e vissuta da una giovane della loro età, è essa stessa una scelta di fede. Il loro entusiasmo ancora mi raggiunge, le loro risate, i loro abbracci, le lettere scritte a mano. Fu un’esperienza bellissima e anche faticosa ed esigente. Fatta di catechesi, Messa quotidiana, Vie crucis e silenzio meditativo. Diciamo pure che non abbiamo abbassato l’asticella della proposta mai solo perché i ragazzi avevano 15, 16 o 17 anni.
Ma chi l’ha detto che i giovani pensano solo a divertirsi? Chi sbandiera questa idea che tanto a questa età non ti ascoltano? Al contrario io vedevo negli occhi di questi ragazzi una sete di verità, di cose autentiche. Li vedevo illuminarsi quando raccontavo loro dell’audacia di Teresa che a 14 anni voleva entrare in monastero ma poiché non era permesso, aveva avuto il coraggio di andare fin dal Papa perché le concedesse il “privilegio”.
Come educatori, genitori, catechisti abbiamo ricevuto un ministero importante ed essenziale a cui troppo facilmente rinunciamo avvertendo un senso di impotenza e di sconfitta. E invece i giovani ci guardano e ci chiedono certezze, punti di appoggio, trampolini di lancio… non possiamo rimandare con la scusa che abbiamo altro da fare. Con questi giovani ho cercato di fare umilmente la mia parte, ho annunciato loro l’amore per Dio che sento nel mio cuore, ho parlato loro di uomini e donne che nonostante i limiti hanno amato Dio e sono stati felici, li ho scarrozzati su e giù per l’Italia a fare esperienze concrete di ritiri e di condivisione con altri giovani in cammino.
Ho concluso la mia parte. Altri amici hanno continuato il ministero di catechisti. Ora li guardo da lontano, vedo le loro scelte, gli amori, l’università, il lavoro e l’unica cosa per cui ogni giorno prego è che non disperdano mai il dono della fede. È l’unica moneta che ho potuto consegnare loro per il viaggio della vita. E spero che possano trafficarla con audacia ed entusiasmo.
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