20 Agosto 2021
Oltre il filo spinato, una madre piange il proprio figlio | 20 agosto 2021
Kabul. Un ufficiale afghano racconta a Skynews il dramma delle madri afghane: «È stato orribile, le donne hanno lanciato i loro bambini oltre il filo spinato all’aeroporto chiedendo ai soldati di prenderli». Alcuni bimbi «sono rimasti impigliati nel filo». Non riesco a smettere di piangere. Quelle immagini mi tormentano, mi perseguitano, mi fanno sentire in colpa di ogni gesto che compio. Lo so è infantile ma io vorrei essere lì, vorrei tendere le braccia a quelle madri, raccogliere non solo i loro figli ma anche quella disperazione che diventa coraggio, quella forza che gli uomini non capiranno mai del tutto. La forza di una madre che per proteggere il proprio figlio è disposta a tutto. Erode ancora oggi manda i suoi sicari ad assicurarsi di avere il potere su ogni cosa e ancora oggi una madre è costretta a fuggire per difendere il frutto del proprio grembo. E noi? Attoniti a guardare, paralizzati da quello che non siamo stati in grado di fare per quella gente.
Chiba (Tokyo) – Una mamma malata di Covid dà alla luce in casa il suo bambino prematuro che in mancanza di cure muore pochi minuti dopo. A causa della sua positività nessun ospedale ha voluto accoglierla. Lo riporta l’agenzia di stampa NHK News Web. Un dramma che ha un’eco spaventosa. Come si può pensare di abbandonare una madre e il suo bambino al proprio destino in nome di una burocrazia o di un principio assurdo di difesa della collettività contro una creatura che viene al mondo? Ancora una maternità spezzata dalla violenza e dalla cupidigia dell’uomo.
Aveva ragione Benedetto XVI: “Dove Dio non è al primo posto, è in pericolo la dignità dell’uomo”. Con la fede abbiamo perso il valore della maternità, la dignità della vita, il rispetto per il miracolo della creazione dell’uomo. Chi è pronto a farsene carico? Piangiamo per i bambini di Kabul, tremiamo all’idea di quello che i loro occhi vedono, di quello che le loro madri fanno in un ultimo disperato atto di salvare loro la vita. Ci sentiamo in colpa perché non riusciamo ad aiutarli. Eppure ogni giorno tante madri, costrette e non convinte delle loro scelte, abortiscono i loro figli nella totale indifferenza di tutti. Qual è il comune denominatore di queste tragedie? La nostra indifferenza, l’incapacità di essere persone civili. La civiltà ha a che fare sì con i diritti, di tutti, di ogni uomo, anche di quelli che ancora non vediamo e sono nascosti nel grembo di una madre.
Dobbiamo cambiare il nostro modo di essere al mondo. Il male è come una piccola valanga che in cima sembra piccola ma poco alla volta è in grado di travolgere ogni cosa davanti a sé. Dovremmo avere il coraggio di chiamare le cose per il proprio nome senza ammantarle di false conquiste o della legge del male minore. Il male è tale e va chiamato per nome. Se una società non è in grado di tutelare la maternità, è una società destinata a distruggersi. La maternità è ciò che di più sacro c’è su questa terra. Porta l’impronta di Dio, il suo modo di amare il mondo e di essere tra noi.
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