di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6,30-34)
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Il commento
“Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto” (6,30). Gesù ha inviato i Dodici a due a due per portare la buona notizia ed essi tornano felici per quello che hanno fatto e insegnato. Non a caso, proprio a questo punto, per la prima volta i discepoli vengono chiamati apostoli, come se fosse un titolo conquistato sul campo, proprio grazie all’esperienza missionaria. In questo momento, carico di comprensibile gioia, Gesù non consegna attestati e medaglie ma rivolge un invito: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi” (6,31). Non è una vacanza-premio ma un’esperienza formativa, chiedendo di andare con Lui, ricorda loro che sono e restano discepoli. L’invito li riporta al principio, quando li aveva chiamati dicendo: “Venite dietro a me” (1,17). L’espressione “in disparte” [kat’idían] indica uno spazio di maggiore intimità in cui Gesù rivela il suo volto. E difatti, ritroviamo le stesse parole all’inizio del racconto della Trasfigurazione (9,2). Stare in disparte, lontano dalla folla, permette al Maestro di consegnare ai discepoli parole nuove e luminose che svelano il volto di Dio.
Questa pagina evangelica ricorda a tutti i battezzati che, prima di ogni impegno e responsabilità, sono anzitutto discepoli dell’unico Maestro. Il riposo di cui abbiamo bisogno non è solo quello che ristora il corpo, per quanto sia legittimo e doveroso, ma quello che risana tutta la persona. Prevedere tempi prolungati di preghiera è essenziale se vogliamo pacificare il cuore e ritrovare quelle motivazioni che ci permettono di vivere a testa alta. Questa parola chiama in causa tutti ma riguarda in modo particolare i presbiteri, chiamati a dare il pane della Parola e dell’Eucaristia. Se non sappiamo prenderci cura di noi stessi, non possiamo custodire e nutrire la fede di quel popolo che Dio ci ha affidato. Solo se impariamo a stare in disparte possiamo prendere parte all’opera di Dio e donare a tutti la luce per camminare nei sentieri dell’eterna beatitudine.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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