E pensare che mi piacevano da piccola così tanto le parole come hostess e steward! Mi immaginavo ogni giorno su un aereo diverso insieme ad altre donne in gonna e tacchi e gli uomini in splendide divise a girare il mondo. Ma è evidente che ben presto queste definizioni verranno eliminate dal vocabolario. Per ora si comincia con i passeggeri. La compagnia tedesca Lufthansa ha deciso di adottare una nuova policy sul saluto a bordo sia in entrata che in uscita. Il personale non potrà più utilizzare il classico e universale “signori e signore, benvenuti a bordo” perché l’espressione è ritenuta non abbastanza inclusiva per tutti i generi. La portavoce della compagnia tedesca, Anja Stenger ha dichiarato che: “La diversità per noi non è una frase vuota, da ora vogliamo esprimere la nostra attenzione al linguaggio”.
Ma che bravi. Hanno studiato non c’è che dire. Si corregge il linguaggio per correggere la mente. Tralasciamo pure il tratto orwelliano di questa operazione ormai internazionale tipica dei dispotismi. Si cambiano le parole in modo che la realtà venga percepita in modo diverso. Il vero problema è proprio il cambiamento che si vorrebbe imporre che sinceramente non riesco a capire nonostante gli innumerevoli testi che ho letto anche di autorevoli socio-linguisti come Vera Gheno ad esempio. Se comprendo bene per evitare discriminazioni si tende ad adottare un linguaggio neutro ed uniforme. In poche parole, l’uniformità e il rispetto passano per la distruzione della diversità. Tutto il contrario di quello che penso. L’unità invece è proprio la capacità di accogliere, amare, rispettare la diversità. L’operazione lessicale in atto invece ci educa a capire che l’unità si fa distruggendo la diversità.
Lo scatto linguistico della Lufthansa è in piena linea del politicamente corretto. Un’operazione che in Germania come in altri Paesi europei si sta portando avanti anche attraverso l’introduzione dell’asterisco che si inserisce fra i generi. E così la stellina – che nel parlato si traduce in una pausa pronunciata fra la desinenza del genere maschile e femminile – spopola nei media, nei testi e anche in molti luoghi istituzionali. La conseguenza che molti giudicano erroneamente un atto di rispetto per la diversità tende a modificare l’assetto antropologico sociale creando confusione e appiattendo diversità che sono ricchezze.
La realtà è variegata, differente, altra, cioè fatta dall’intreccio dialettico tra identità e differenza, unità e molteplicità, ogni opzione ideologica elitaria, la quale pretenda di neutralizzare a tavolino o attraverso il linguaggio tale dato naturale è probabilmente destinata a produrre effetti collaterali ben peggiori rispetto ai mali che, in ipotesi, ci si proponeva di curare. Il politicamente corretto mira a una sorta di indifferentismo che non vuol dire rispetto e pace sociale. Ma diventa una specie di appiattimento superficiale. Sotto, l’alterità, le differenze che fanno parte del nostro essere uomo e donna continuano a ribollire.
Signori e signore benvenuti a bordo della navicella dell’ipocrisia. Calcolate i rischi e scegliete con un po’ di onestà intellettuale da che parte stare e buona attraversata a tutti. Lo dico specialmente ai fratelli cattolici favorevoli al DDL Zan ai quali consiglio vivamente di fare una ripassatina della dottrina della Chiesa sul tema del gender e di non andare dietro ai Vito Mancuso di turno. Papa Francesco, infatti, non soltanto sul tema è assolutamente coerente con il magistero precedente, ma, a differenza di tanti cattolici, perfino sacerdoti, progressisti, è perfino coerente con se stesso. Per la Chiesa, come per il Papa, il problema non è tanto il rispetto per le persone lgbt che come si è visto è indubbio negli insegnamenti e nella prassi della Chiesa, ma l’ideologizzazione del loro orientamento sessuale proposto al mondo moderno come nuovo credo di liberazione e salvezza
In questo senso papa Francesco numerosissime volte ha avuto modo di denunciare pubblicamente e personalmente le storture antropologiche, etiche e teologiche dell’ideologia gender. Consiglio di leggere, perché qualche solerte lettore mi ha consigliato di citare le fonti: l’Udienza generale del 15 aprile 2015, il paragrafo n. 155 dell’Enciclica Laudato si’ e il paragrafo n. 56 dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia. Buona lettura.
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