Ieri nel mio Paese una ragazza di ventidue anni si è lanciata dal cavalcavia alle 6.30 del mattino. Una delusione d’amore sarebbe all’origine della decisione della giovane di compiere il gesto estremo. Per grazia di Dio ha riportato solo la frattura del femore e altre piccole contusioni.
Domenica 6 giugno a Roma una ragazzina di 13 anni si è tolta la vita, suicidandosi, nella sua cameretta di un appartamento di Torpignattara, quartiere alla periferia di Roma. Ha preso un cavo elettrico, che avrebbe reciso con un taglierino, per poi stringerlo attorno al collo. È stata la mamma a ritrovarla senza vita. sembra che le sue amiche la prendessero in giro e lei era molto sensibile.
Tranquilli, troverete poco o nulla su queste vicende nei giornali o nei talk show televisivi. Non c’è razzismo, non c’è l’omosessualità, dunque non fanno gola a nessun politico per appoggiare il Ddl Zan né ai giornalisti di assalto per riempire gli studi televisivi o le prima pagine.
Nessuno si chiede come aiutare gli adolescenti e i giovani ad affrontare il disagio che vivono, le domande che si portano dentro, la solitudine per la mancanza di adulti di riferimento? In che modo questa società cerca di dare risposte di senso a questo disorientamento che la pandemia ha acuito nei nostri figli? Come intende aiutarli: promuovendo raccolte fondi e lasciandoli al caos dell’incapacità di gestire i soldi raccolti come nel caso di Malika?
Secondo alcune stime il disagio giovanile interesserebbe circa otto adolescenti su 10, quindi un numero alto. Per gli esperti, l’assenza dei genitori è una delle principali cause del disagio giovanile e della sua emersione. I giovani sono abituati a stare da soli, ma riempiono la solitudine con strumenti digitali: la chat, il pc, lo smartphone. Fin da piccoli, molti ragazzi sono abituati ad una vera e propria babysitter digitale, che è la tecnologia, che fa loro compagnia. Di fronte al pc o alla tv, il ragazzo rimane assorto anche per ore, in silenzio.
Non vorrei cadere nell’accusa verso i genitori perché da tale so che non è semplice accompagnare i figli nella crescita. So anche che lo stile di vita degli adulti è notevolmente cambiato rispetto a qualche anno fa: il lavoro, la cura di sé, la palestra, gli hobby inevitabilmente tolgono tempo alla presenza in casa pensando che contemporaneamente anche i figli sono impegnati nelle loro attività.
E poi ci sono quei genitori che per permettere ai figli di avere uno stile di vita, lo smartphone ultimo modello e non sfigurare con gli amici sono capaci di fare ore e ore di straordinario al lavoro. La mamma della tredicenne che si è tolta la vita fa le pulizie in un pub. Quando è tornata a mezzanotte ha trovato la figlia morta nella sua cameretta. Non entro nella vicenda perché non conosco la vita di queste persone ma è necessario porsi qualche domanda.
È la famiglia che deve essere messa in condizione di intercettare il disagio ed essere aiutata. I genitori dovrebbero imparare a fare rete. Bisognerebbe andare oltre quella porta sempre sbarrata della camera dei figli. La fiducia da dare deve essere accompagnata da una presenza di senso. Come si fa? Non lo so, non ho ricette da dare. So che come genitori abbiamo una responsabilità e che i nostri figli non possono essere strumentalizzati dalle correnti di turno ed essere lasciati soli. Dobbiamo consegnare loro una bussola.
Vai all'archivio di "Con gli occhi della fede"
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento