Rapporto Matić
Rapporto Matić: il cavallo di Troia del Parlamento europeo…
di Vito Rizzo, giurista
Che cosa cambia per noi dopo l’approvazione del Rapporto Matić da parte del Parlamento europeo? Sarà ancora possibile l’obiezione di coscienza? Risponde il giurista: “L’introduzione del Rapporto è intrisa di una palese impostazione ideologica, assumendo quali presupposti delle indicazioni normative non dati scientifici ma percezioni sociologiche fortemente influenzate dal dibattito attuale”.
Che i diritti umani “universali” potessero diventare un concetto “relativo” era nell’aria da tempo. Il Rapporto Matić approvato dal Parlamento europeo con 378 voti a favore, 255 contrari e 42 astenuti nel nome della difesa dei diritti delle donne, introduce una serie di principi volti alla liberalizzazione delle pratiche abortive in tutti i Paesi UE e di facilità di accesso alle tecniche riproduttive anche a persone appartenenti all’universo LGBTI. Quanto al primo fronte per l’Italia cambia poco, c’è già la legge n.194/78 che il “diritto all’aborto” lo disciplina da tempo, quanto al secondo fronte il provvedimento può aprire la strada alla fecondazione eterologa ma non, ancora (?), alla liberalizzazione della pratica dell’utero in affitto che viene rimandata a un momento successivo (si veda sezione “Motivazione”).
È questo che emerge da una lettura attenta dei passaggi della Relazione promossa dal parlamentare croato, accolta con grande clamore dai media italiani ed europei. Una sconfitta per il mondo Pro Vita? Certamente. Un’ulteriore risposta all’agenda LGBTI? Senza alcun dubbio. Un impedimento al ricorso all’obiezione di coscienza per i medici pro-life? Non proprio, ma ci prova!
La relazione dà degli indirizzi agli Stati membri per uniformare la loro legislazione interna su questi temi e ai Commissari europei per promuovere l’attuazione di specifiche politiche attraverso la destinazione privilegiata di fondi UE. L’introduzione del Rapporto è intrisa di una palese impostazione ideologica, assumendo quali presupposti delle indicazioni normative non dati scientifici ma percezioni sociologiche fortemente influenzate dal dibattito attuale.
Nel caso di transizione di genere la sterilizzazione non deve essere richiesta: la profetica copertina dell’Espresso di qualche settimana era solo una “fuga di notizie”… Com’è ormai abitudine per questi provvedimenti, le norme sensibili vengono confuse con provvedimenti largamente condivisi e condivisibili di modo che, in caso di obiezioni, si consideri attaccato l’intero impianto e non la singola disposizione lesiva di diritti universali.
Si parla di diritto riproduttivo, dei cambiamenti climatici, delle conseguenze degli stupri e della disabilità, delle tecniche contraccettive, della sensibilizzazione al rispetto dell’insorgenza del ciclo mestruale nelle giovani ragazze, del contrasto alle pratiche disumane dell’infibulazione… Ma poi nel parlare del diritto alla salute delle donne si introduce l’assunto che l’aborto, la soppressione di una vita, non sia un diritto condizionato ad esigenze di salute ma un diritto umano universale. Ma poi parlando del rispetto dei diversi orientamenti sessuali, si delegittima ogni gradualità sanitaria per la transizione di genere additandola come “tortura” o “trattamenti o pene crudeli, disumani o degradanti”.
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Sull’obiezione di coscienza, che è essa stessa un diritto universale in quanto posto a tutela della coscienza medica (il giuramento di Ippocrate, ricordate?), la si afferma quasi come un “male necessario”, un intoppo inevitabile alle “magnifiche sorti e progressive” della selezione eugenetica. Quindi nel documento leggiamo che [Il Parlamento europeo] «(36) riconosce che, per ragioni personali, i singoli medici possano invocare l’obiezione di coscienza; sottolinea, tuttavia, che l’obiezione di coscienza individuale non può interferire con il diritto del paziente di avere pieno accesso all’assistenza e ai servizi sanitari; invita gli Stati membri e i prestatori di assistenza sanitaria a tenere conto delle suddette circostanze nella distribuzione geografica dei servizi sanitari da essi offerti» e addirittura «(37) si rammarica del fatto che, in alcuni casi, la prassi comune negli Stati membri consenta al personale medico, e talvolta a interi istituti medici, di rifiutarsi di fornire servizi sanitari sulla base della cosiddetta obiezione di coscienza, il che porta alla negazione dell’assistenza all’aborto per motivi religiosi o di coscienza e pone a repentaglio la vita e i diritti delle donne; osserva che spesso si invoca l’obiezione di coscienza anche in situazioni in cui qualsiasi ritardo potrebbe mettere in pericolo la vita o la salute del paziente». In altre parole la coscienza di un medico o di strutture sanitarie che sanno, e quindi non negano, di trovarsi di fronte a una vita umana e obiettano di non poterla sopprimere, rischiano di ledere (loro!) un diritto umano, ossia l’aborto!
L’altro aspetto delicato riguarda i diritti LGBTI promuovendo «(72) un approccio intersezionale onde assicurare che le donne e le ragazze (sia trans che cisgender), le persone non binarie, le lesbiche e le donne bisessuali e intersessuali godano di un accesso paritario ai servizi e ai diritti concernenti la salute sessuale e riproduttiva», ci sono tutti, manca solo il nascituro con i suoi diritti. Altro tema caro alla comunità LGBTI è quello di ritenere «(21) la sterilizzazione forzata come una violazione del diritto a non subire torture o altri trattamenti o pene crudeli, disumani o degradanti» e quindi [il Parlamento europeo] «deplora che la sterilizzazione rimanga una condizione indispensabile per l’accesso alle procedure di riconoscimento giuridico del genere in alcuni Stati membri dell’UE; invita gli Stati membri ad abolire il requisito della sterilizzazione e a tutelare il diritto delle persone transgender all’autodeterminazione». In altri termini una donna può conservare la capacità riproduttiva e il proprio utero anche se decide di diventare uomo, con gli organi sessuali maschili creando chirurgicamente degli ibridi ermafroditi? Con tutto il rispetto per chi decide di cambiare sesso è questo il progresso? È questa la salvaguardia dei diritti individuali? È questa la salvaguardia dei diritti umani? Ho qualche dubbio. Posta così apre a un dominio di onnipotenza che umilia la bellezza creaturale, la bellezza della diversità naturale, la stessa bellezza della diversità psicologica, affettiva, sociale. Il Rapporto Matić è il cavallo di Troia del “modernismo illuminato”, il trionfo del relativismo e della tecnocrazia, altro che diritti umani e diritti universali. È l’idea dell’individualismo über alles, di una coscienza accecata dagli “illuminati” padroni dei mass media e della finanza (e quindi della politica). Pifferai magici di un mondo alla deriva.
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