CORRISPONDENZA FAMILIARE

don Silvio Longobardi

Il prurito della denuncia, la paura e il silenzio…

28 Giugno 2021

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Quando la Chiesa parla dell’accoglienza dei migranti come un preciso dovere, è tutto un effluvio interessato di elogi alla saggezza e alla tolleranza. Quando invece dice cose che contrastano con la rotta decisa dai “Padroni del vapore”, apriti cielo! Cosa succederà in futuro quando la presenza di una Legge farà scattare il prurito della denuncia?

Riassumiamo le puntate precedenti. Lo facciamo a vantaggio dei giornalisti e dei politici che hanno memoria corta. Correva l’anno 2002 quando Giovanni Paolo II fu invitato a parlare al Parlamento italiano, riunito in seduta congiunta. Nel 2011 fu Benedetto XVI a parlare al Parlamento federale della Germania. Pochi anni dopo (2014) Papa Francesco fu accolto al Parlamento europeo. Attestati di stima e di quella cordiale collaborazione tra le istituzioni politiche e la Chiesa. Evidentemente nessuno pensa che la parola del Santo Padre sia una plateale forma di ingerenza. A meno che il Papa non deve dire sempre e solo quello che i politici hanno già deciso, come un cagnolino che fa esattamente quello che il padrone gli ha insegnato. Quando la Chiesa parla dell’accoglienza dei migranti come un preciso dovere, è tutto un effluvio interessato di elogi alla saggezza e alla tolleranza. Quando invece dice cose che contrastano con la rotta decisa dai Padroni del vapore, apriti cielo! Quelli del Potere vorrebbero tutti allineati, nessuna critica. Più o meno quello che vogliono anche i governanti cinesi. E lo ottengono con le buone o con le cattive, usando sempre più spesso leggi pensate ad hoc per soffocare ogni voce contraria. La Cina è sempre più vicina. 

La Santa Sede è intervenuta attraverso i canali istituzionali, presentando una Nota ufficiale in cui sottolinea che esistono dissonanze evidenti tra la proposta legislativa e la libertà della Chiesa, garantita dal Concordato. Non ha minacciato nessuno, non ha chiesto di ritirare il progetto di legge Zan, si è limitata a sollecitare una pausa di riflessione al fine di operare un ulteriore approfondimento per assicurare a tutti i soggetti in gioco la libertà di manifestare le proprie convinzioni senza restrizioni preventive. Una Legge che intende lottare contro le discriminazioni, non può ridurre lo spazio della libertà, soffocando a priori ogni forma legittima di critica. A meno che la Legge in questione non viene pensata come un dogma che deve essere imposto a tutti come una verità indiscussa e indiscutibile. 

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La Santa Sede ha chiesto soltanto di verificare l’impatto legislativo sull’effettiva libertà di critica a cui il mondo cattolico non vuole affatto rinunciare. Non tutti sono pronti a salire sul carro del vincitore; e non tutti sono disposti a inginocchiarsi dinanzi al Totem dei Valori della modernità. Una richiesta motivata con argomentazioni giuridiche che deve essere discussa nei luoghi deputati e da persone competenti. La reazione scomposta o imbarazzata della politica e di quel Potere culturale che difende a spada tratta il ddl Zan, rappresenta purtroppo la triste conferma che la libertà di coscienza è seriamente minacciata da una maggioranza mediatica sempre più arrogante. 

Che la proposta di Legge limiti la libertà di espressione è solo una fake news, dicono e scrivono indignati coloro che vedono il ddl Zan come un baluardo di civiltà. Dobbiamo chiederlo a Paivi Rasanen, parlamentare finlandese ed ex ministra degli Interni, denunciata per aver postato nel 2019 un tweet in cui, citando le parole dell’apostolo Paolo, invitava la Chiesa luterana (di cui fa parte) a non sponsorizzare il Gay Pride. Per quella denuncia, che si basa su una legge simile a quella di cui oggi si discute in Italia, deve andare a processo e rischia anche il carcere. In ogni caso, al di là di quello che sarà l’esito giuridico della vicenda, il primo e più inquietante risultato è quello di creare un clima di paura che di fatto impedisce alle persone di manifestare pubblicamente le proprie idee per evitare di cadere nel tritacarne mediatico e giudiziario. Casi simili a quello di Rasanen sono presenti in tutti i Paesi dove sono state approvate leggi che, con la scusa di lottare contro la discriminazione, hanno fatto della legittima opposizione culturale un vero e proprio reato, punibile per Legge. 

Casi simili avvengono anche in Italia, per ora l’unica polizia che interviene con sospetta tempestività è quella del mondo social. Un esempio per tutti, il più emblematico e, proprio per questo, quello più eloquente. Molti conoscono don Maurizio Patriciello, prete campano che unisce l’attività pastorale e l’impegno sociale con una presenza attiva nel mondo della comunicazione. I suoi interventi sono sempre pacati, offrono esperienze e riflessioni, scruta con delicatezza l’animo umano e difende la dignità della persona, a prescindere dalle sue idee. Questa premessa è necessaria per chi non lo conosce. Nessuno mette in dubbio la sua buona fede e nessuno lo ha mai accusato di partigianeria, salvo quando tocca l’argomento gender et similia. In questo caso le accuse piovono a raffiche. E non solo accuse e argomentazioni fondate, spesso si tratta di offese e ingiurie, come lui stesso ha scritto in un recente articolo:

“Decido di condividere sulle mie pagine facebook queste importanti riflessioni. Tanto basta. Ed ecco arrivare insulti di ogni tipo, accuse di omofobia, di mancanza di carità. Tutti gli errori che gli uomini di Chiesa hanno potuto commettere nel corso dei secoli mi vengono rinfacciati per mettermi a tacere. Resto basito. Per evitare inutili contrasti blocco i più facinorosi. Non mi piace questo clima di caccia alle streghe. E pensare che il ddl non è ancora legge. Non oso immaginare se dovesse diventarlo così come è”. L’articolo

La conclusione è carica di amarezza e inquietudine. Se una persona come lui, che spende la vita per difendere la dignità dei più poveri, riconosciuto da tutti come un testimone autorevole di impegno civile, viene attaccato in modo così grossolano e vergognoso, cosa succederà in futuro quando la presenza di una Legge farà scattare il prurito della denuncia. Forse è vero, nessuno andrà in carcere, almeno lo spero, ma la sola ipotesi di dover rispondere di un reato servirà come deterrente per evitare di prendere posizione. La paura costringe al silenzio. È la mafia legalizzata.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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