22 giugno 2021
22 Giugno 2021
Le soap giornalistiche e le donne doppiamente tradite | 22 giugno 2021
Aurora 38 anni, lavora con i social media e suona in un’orchestra. Scrive a Repubblica per raccontare la sua storia: nel 2010 si è innamorata di un ragazzo Matteo, compositore più giovane di lei di cinque anni. Stanno insieme 6 anni – memorizzate bene questo tempo – poi nel 2016 Matteo le confessa di essere omosessuale e ora sta per sposarsi con il suo fidanzato. Aurora andrà al matrimonio ed è felicissima per lui.
Al di là della trama degna di una soap televisiva con tanto di e vissero tutti felici e contenti, ciò che mi preoccupa è l’impatto che notizie come queste, abilmente scritte e costruite avranno sui giovani e non, che su questa storia sospireranno pensando che finalmente il povero Matteo ha trovato la sua strada per la felicità. Non contenti i giornalisti di assalto, hanno pensato bene di avvalorare i fatti con tanto di opinione della psicoterapeuta che spiega: “non è scontato, né semplice, riuscire ad essere felici per la serenità di qualcuno che l’ha trovata lontano da noi, ma è possibile. E necessario”.
Non voglio certamente sindacare sul concetto di felicità di queste persone. Da cristiana, per me essere felici significa rispondere al progetto di Dio sulla mia vita, restare nella sua volontà e per quanto possibile fedele e crocifissa alla propria vocazione. Da donna vorrei farmi una chiacchierata reale con Aurora e chiederle davvero come sta, se ha superato il dolore di sapere di aver amato per sei lunghi anni un uomo che aveva attrazione verso persone del suo stesso sesso. Scusate se faccio fatica a definirlo omosessuale. Credo che le persone non si identifichino a partire dai gusti sessuali. Credo che ogni persona sia molto di più e a partire da questa idea complessiva di chi mi sta di fronte faccio difficoltà anche ad accogliere tutte le istanze sulle Giornate contro l’omofobia, i Gay Pride o la linea di abbigliamento queer con tutti gli accessori arcobaleno.
Ritornando alla questione in gioco, e risparmiandomi per carità cristiana commenti sulla favoletta dell’uomo che a 33 anni non ha il coraggio di rivelare alla propria donna i suoi gusti sessuali per paura di essere giudicato da lei o da una società omofoba, questa storia, se mai ce ne fosse bisogno, mette in luce tutta la precarietà e la confusione in cui versa il mondo lgbt. E anche la pressione sociale che si esercita su questi argomenti. L’articolo evidenzia il percorso che Aurora ha dovuto fare per accettare la situazione. Non sia mai che qualcuno abbia a dire una parola sul comportamento di Matteo. Mi sembra già di sentire le obiezioni: “Finalmente ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto! Povero Matteo chissà cosa ha dovuto subire in questi anni…che sofferenza interiore”. E Aurora? E i suoi sei anni vissuti fidandosi di quell’uomo? E l’inganno, l’ipocrisia, il sorriso che dovrà sfoggiare al matrimonio del suo ex dimostrando al mondo intero che lei è una donna aperta e moderna? Suvvia qui una grande “a quel paese” ci sta tutto, è naturale. Tutto ciò che gira intorno non lo è. Ci rendiamo conto? Ad Aurora direi: “Non hai meglio da fare quel giorno? Volta pagina e non prestarti a questa commedia grottesca”.
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