Fede e scienza
Eleonora Porcu e la vera laicità…
di Gianni Mussini
In certi contesti l’essere “cattolico” ti tappa la bocca sul nascere: non hai diritto di argomentare perché le tue osservazioni sono fondate sul catechismo, non sulla ragione e sulla scienza. Eppure Copernico, Mendel, Lejeune e tantissimi altri erano cattolici; Eulero e Keplero, per citarne solo due. La fede non è mai un ostacolo alla scienza, anzi, la arricchisce di sfumature e profondità.
«Difendere il destino degli embrioni non può essere semplicemente compito o fissazione dei cattolici, non è meramente materia di fede religiosa. È problema che tocca tutti, laici, atei, semplicemente uomini. Non c’ è bisogno di credere che l’embrione abbia un’anima».
Si era negli anni appena precedenti il Referendum sulla fecondazione artificiale del 2005, voluto dai radicali per affossare la legge 40 e liberalizzare totalmente – con tale pratica – anche la manipolazione dell’embrione umano ai fini eugenetici e di sperimentazione. Il Referendum fallì dinanzi a un bene organizzato schieramento che vedeva insieme i cattolici e i cosiddetti “laici” delle diverse appartenenze politiche (di destra e di sinistra) che avevano approvato la legge convinti del principio democratico che l’individuo umano andasse tutelato sin dal concepimento: “L’embrione non è una muffa”, dichiarò l’allora presidente del Senato, Marcello Pera, di area liberale.
Nel fronte avverso, oltre alla grande stampa e a tutti i cantori di quello che Pier Paolo Pasolini aveva definito una volta per tutte come “potere reale”, c’erano anche intellettuali e scienziati di indubbio valore. Tra questi il professor Carlo Flamigni (1933-2020), docente universitario di ginecologia e ostetricia nonché presidente onorario dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) e dell’AIED (Associazione italiana per l’educazione demografica): due realtà che sin dal nome appaiono molto schierate sul piano ideologico. Ma Flamigni, oltre a una grande abilità clinica, aveva anche – da buon romagnolo – una profonda carica umana che lo rendeva simpatico anche a chi, come me, non condivideva nulla delle sue posizioni.
Il 23 giugno del 2002, a due anni dall’approvazione della legge 40 e a tre anni dal Referendum che l’avrebbe trionfalmente confermata grazie a un record storico di astensioni, uscì sul Corriere della salute uno scambio di opinioni tra Flamigni ed Eleonora Porcu, una sua allieva che a lungo aveva lavorato con lui nel campo della fecondazione artificiale, condividendo la pratica del congelamento dei cosiddetti embrioni soprannumerari (quelli cioè non impiantati dopo essere stati prodotti in vitro). La frase con cui si apre questo articolo è proprio tratta da quello scambio.
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Come usa in queste polemiche, il “laico” (virgolette d’obbligo in questo caso, essendo la laicità ben altra cosa) Flamigni l’aveva messa sul piano della contrapposizione teologia vs scienza: “Quando affidai la terapia della sterilità ad Eleonora [Porcu], sapevo che, da brava cattolica, avrebbe avuto qualche difficoltà. Le promisi… di non forzarla a fare scelte che la sua coscienza non potesse accettare. È in autonomia che Eleonora ha, per anni, congelato embrioni”. Quell’inciso “da brava cattolica” sarebbe da far studiare nelle scuole di comunicazione, ma anche nella formazione dei nostri giovani e persino nei seminari. È un riflesso condizionato che in tempi tristissimi portava qualcuno nella nostra Europa a dire: “Taci, Ebreo!”.
Fatto sta che in certi contesti l’essere “cattolico” ti tappa la bocca sul nascere: non hai diritto di argomentare perché le tue osservazioni sono fondate sul catechismo, non sulla ragione e sulla scienza. Eppure Copernico, Mendel, Lejeune, Carrel Eccles e tantissimi altri erano cattolici; Eulero e Keplero, per citarne solo due, cristiani protestanti; Averroè e Avicenna, con tanti altri, arabi musulmani… E così via: la fede non è mai un ostacolo alla scienza, anzi, la arricchisce di sfumature e profondità. Disse una volta Louis Pasteur, i cui studi su virus e batteri hanno salvato milioni di vite: “Siccome ho studiato ho la fede di un bretone; se avessi studiato di più avrei la fede di una bretone”. Non si potrebbe dire meglio.
Ma torniamo al bel dibattito tra Flamigni e la Porcu, con un ultimo esempio. Dice il primo, tra il resto: “un embrione è un ovocita fertilizzato, niente più. E vorrei sottolineare che alcuni embriologi che lo affermano credono nell’esistenza dell’anima”. Anche questo da antologizzare nelle scuole di formazione. Che c’entra l’anima? Che c’entra la fede? E davvero l’embrione “è un ovocita fertilizzato, niente più”? Eleonora Porcu dà la risposta giusta: “è un ovocita fecondato, niente di meno”. Un vero uppercut! E aggiunge la brava Eleonora: “Nessuno scienziato può definire una linea di demarcazione nello sviluppo dell’embrione che gli attribuisca maggiore o minore dignità. Nel dubbio, razionale è astenersi da giudizi sulla sua natura e evitare di sparare nei cespugli.
Molti laici ostentano certezze più incrollabili degli stessi cattolici”.
Un sano dubbio, un sano principio di precauzione spiegato in modo icastico (non si spara in un cespuglio). E un mirabile esempio di quella sana laicità di cui ha parlato una volta Benedetto XVI.
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