La Spagna applaude all’eutanasia come se fosse una cosa buona…

eutanasia

C’è poco da applaudire! Sui cartelloni dei manifestanti pro eutanasia c’è la solita scritta “il corpo è mio”, “la vita è mia”, cioè decido io. Gli stessi concetti usati per l’aborto di Stato. Ma dimentichiamo che l’eutanasia è l’ennesima sconfitta del bene comune.

“Con tre minuti di applausi il Parlamento spagnolo ha approvato l’eutanasia e il suicidio assistito”. Con questo titolo il Tg1 RAI l’ha annunciata il 18 marzo scorso. Non si capisce se era un’enfasi o un modo di dare una notizia come si usa fare oggigiorno. Comunque un brutto modo o un’enfasi inopportuna per far sapere una sconfitta del bene comune e della pietà. Con 202 voti a favore e 141 contrari a giugno sarà una “prestazione” del sistema nazionale di salute in Spagna, che potrà essere richiesta dai pazienti maggiorenni, colpiti da una “malattia grave o incurabile”.

Nonostante il “grido sociale” espresso attraverso esperti, medici, giuristi e la Chiesa che, prima di discutere dell’eutanasia, avevano chiesto di dare priorità e sviluppare le cure palliative. Ma il partito socialista con il suo premier Pedro Sanchez ha tirato diritto senza ascoltare nessuno, come al solito. Forte la reazione della Chiesa contro la legge. Sono intervenuti i vescovi attraverso il segretario generale della Conferenza episcopale del Paese iberico, monsignor Luis Argüello Garcia, vescovo ausiliare di Valladolid. “Non si evita la sofferenza provocando la morte”, ha commentato monsignor Luis Arguello Garcia.

La Conferenza episcopale spagnola denuncia che “la legge non si limita a depenalizzare l’eutanasia, ma converte sia l’eutanasia che il suicidio assistito in normali benefici per la salute” (!) e mette anche in guardia “dall’impotenza del paziente”. Anche l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha commentato l’approvazione della legge sulla eutanasia in Spagna: “Alla diffusione di una vera e propria cultura eutanasica, in Europa e nel mondo, si deve rispondere con un approccio culturale diverso. La sofferenza e la disperazione dei malati – ha detto monsignor Paglia – non vanno ignorate. Ma la soluzione non è anticipare la fine della vita. La soluzione è prendersi cura della sofferenza fisica e psichica”.

La legge regola sia l’eutanasia propriamente detta, ovvero “la somministrazione diretta al paziente di una sostanza da parte del personale sanitario competente”, sia quello che viene chiamato suicidio assistito, vale a dire “la prescrizione o fornitura al paziente da parte del personale sanitario di una sostanza in modo tale che lui possa somministrarsela da solo per provocare la sua stessa morte”. 

La legge spagnola stabilisce una serie di passi vincolanti che precedono l’eutanasia: il paziente, che deve essere di nazionalità spagnola o residente legale nel Paese, deve essere capace di intendere e di volere e manifestare espressamente la sua volontà in forma scritta due volte in quindici giorni. In questa richiesta deve risultare chiaro che la sua decisione non sia “frutto di alcuna pressione esterna”. Il paziente deve inoltre chiarire di essere stato informato del processo medico che andrà a subire e delle differenti alternative, incluse le cure palliative. Una volta iniziato il procedimento, il paziente avrà sempre facoltà di cambiare la sua decisione. Dopo la seconda richiesta scritta, il medico presenterà la domanda alla commissione competente in ogni regione autonoma che la sottoporrà all’esame di due professionisti e successivamente darà la sua risposta, affermativa o negativa, che dovrà pervenire entro 19 giorni.

Ai medici è consentita l’obiezione di coscienza. Ci mancherebbe altro… che non fosse così. C’è poco da applaudire! Sui cartelloni dei manifestanti pro eutanasia c’è la solita scritta “il corpo è mio”, “la vita è mia”, cioè decido io. Gli stessi concetti usati per l’aborto di Stato. Già alla prima ondata di Covid-19 l’Onu e diversi governi di sinistra avevano promosso un’ulteriore liberalizzazione dell’aborto e ora, nel pieno della terza ondata, ci sono Paesi che spingono per la liberalizzazione ed espansione dell’eutanasia. Non bastano i vaccini per ridare dignità alla vita umana.




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Gabriele Soliani

Gabriele Soliani, nato a Boretto (Reggio Emilia) il 24-03-1955. Medico, psicoterapeuta, sessuologo, adolescentologo, giornalista pubblicista iscritto all’Ordine. Libero professionista. Ha collaborato per 9 anni al Consultorio Familiare diocesano di Reggio Emilia. Sposato con Patrizia, docente di scuola superiore. Vive a Napoli dal 2015. Ministro della Santa Comunione e Lettore istituito.

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