Associazioni pro vita negli ospedali in Piemonte? No, troppo oscurantista
La Regione Piemonte ha deciso di dare spazio alle associazioni pro vita negli ospedali. Si badi bene “negli ospedali” e non nei consultori. Insorge il fronte opposto e fa presto a parlare di “violazione dei diritti delle donne alla propria autodeterminazione”.
Appena si citano i volontari pro vita subito si accendono gli animi e le parole diventano aggressive e svalorizzanti come “delirio oscurantista e ideologico”, “furia ideologica”, “violazione dei diritti delle donne alla propria autodeterminazione”. Questo vale anche per la risposta alla decisione della Regione Piemonte di dare spazio alle associazioni pro vita negli ospedali. Si badi bene “negli ospedali” e non nei consultori. La proposta dell’assessorato alla Sanità della giunta di Alberto Cirio in questi giorni ha inviato alle Asl del territorio una circolare contenente la proroga alla fine del mese del bando per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle associazioni per la “tutela materno infantile” con cui le aziende sanitarie possono collaborare.
A far insorgere la sinistra è la presenza tra i “requisiti soggettivi” della “finalità di tutela della vita fin dal concepimento e/o di attività specifiche che riguardino il sostegno alla maternità e alla tutela del neonato” nello statuto. Insomma, per Dem, Liberi e Uguali e Verdi, e anche per la sindaca pentastellata, Chiara Appendino, le associazioni pro-vita finirebbero per essere privilegiate. L’Assessore Marrone, di Fratelli d’Italia, dice che il progetto prevede che siano destinati loro degli spazi negli ospedali e che, proprio al fine di evitare conflittualità inutili e controproducenti, nei consultori venga semplicemente lasciato del materiale informativo.
“Non vogliamo assolutamente costringere le donne che intendono abortire a passare obbligatoriamente dalle associazioni pro-vita, ma allo stesso tempo è un diritto garantito dalla 194 e un dovere delle istituzioni offrire loro un’alternativa, garantendo ai centri di aiuto alla vita l’agibilità degli ospedali” afferma Marrone.
E pensare che i volontari pro vita sono persone che offrono energie, tempo e denaro, che ascoltano per ore e ore le donne intenzionate ad abortire. Non venti minuti come succede nei consultori dove viene chiesto solamente “sei convinta di abortire?”. E nemmeno citare la legge 194 va bene perché chiede di contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. Questo vuol dire che sotto sotto la 194 era ed è una legge pro aborto e chi la sostiene lo ha capito benissimo.
La questione è arrivata fino in Parlamento, con la vice capogruppo dei Dem alla Camera, Chiara Gribaudo, che denuncia la “violazione dei diritti delle donne alla propria autodeterminazione”. Sappiamo però che per “autodeterminarsi” la donna ha il diritto di conoscere anche le alternative all’aborto perché l’esperienza insegna che nessuna donna vorrebbe abortire. I volontari pro vita lo sanno.
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