Transessualità

“Transessuali attenzione: c’è chi lucra sul vostro dolore!”

lacrime

di Ida Giangrande

Il titolo del nuovo dossier di Punto Famiglia individua subito il cuore del problema. L’obiettivo non è certo discriminare qualcuno ma piuttosto smascherare la finta pietà e l’avidità economica che costruiscono illusioni in grado di far credere di poter volare quando in realtà si sta solo precipitando.

Cosa ho capito durante i miei studi su questo argomento? Che la diagnosi di disforia di genere, è così generica che può abbracciare una grande varietà di altri disturbi. Il guaio è che una volta che gli specialisti “del genere” la individuano smettono di cercare altro. Spesso può accadere che un paziente o un genitore preoccupato rivela qualcosa come un abuso o una malattia mentale che potrebbe essere un fattore scatenante. Gli specialisti non lo considerano pertinente e dietro il fantoccio della libertà di scelta della persona finiscono col fagocitare tutto in una generica diagnosi di disforia di genere, appunto, che induce le persone a subire trattamenti radicali spesso non reversibili.

Queste non sono, purtroppo e sottolineo purtroppo, opinioni personali, ma fatti conclamati e comprovati che hanno anche nomi e cognomi. Il caso di James Shupe è un esempio di come la generalizzazione della diagnosi di disforia di genere non affronti l’autoginofilia, un feticismo sessuale in cui gli uomini “cross dress” sono attratti sessualmente verso la propria immagine come donna.

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Shupe lo spiega in questo modo nel suo articolo sul Daily Signal in cui leggiamo: “Il dottor Ray Blanchard ha una teoria impopolare che spiega perché qualcuno come me potrebbe essere stato attratto dal transgenderismo. Afferma che ci sono due tipi di donne transgender: omosessuali che sono attratti dagli uomini e uomini che sono attratti dal pensiero o dall’immagine di sé stessi come femmine”. 

È una cosa difficile da ammettere, ma io appartengo a quest’ultimo gruppo. Siamo classificati come autoginephilia. Dopo aver guardato la pornografia per anni mentre ero nell’esercito ed ero sposato con una donna che resisteva alle mie richieste di diventare la mia donna ideale, sono diventato io quella femmina. Almeno nella mia testa”. Come molti altri che sono arrivati ​​a identificarsi come persone transgender e in seguito si sono pentiti, Shupe da bambino è stato abusato sessualmente ma non è mai stato diagnosticato o trattato correttamente. I terapeuti nell’aiutare Shupe hanno concentrato l’attenzione sul sintomo senza cercare più in profondità la causa.

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Un secondo esempio è Blair Logsdon, la cui storia mostra come la diagnosi generica di disforia di genere ignori i problemi psicologici di base. Nella sua ricerca di sollievo per il suo disturbo di genere, ha chiesto e ottenuto 167 inutili interventi chirurgici di “affermazione di genere” tra il 1987 e il 2005, guadagnandosi un posto nel Guinness dei Primati. Nel 1987, all’età di 26 anni, Logsdon subì il primo di molti interventi di chirurgia estetica per cambiare il suo aspetto da maschio a trans-femmina. Nel giro di pochi mesi, aveva già dichiarato di essersi pentito profondamente di essere una donna transessuale, ma ha continuato per decenni a chiedere ulteriori interventi. 

Ma, mentre faccio ricerche su questo delicatissimo argomento, mi colpisce il titolo di un libro “Trans life survivors”, scritto da Walt Heyer, un uomo che per anni ha coltivato l’illusione di poter diventare donna, facendosi chiamare “Lara” e devastando il suo corpo con ormoni e chirurgia prima di riabbracciare la sua identità maschile. Il libro raccoglie le testimonianze di oltre 30 tra uomini e donne che, come Heyer, hanno vissuto sulla propria pelle l’inganno di poter cambiare sesso. “È imbarazzante ammettere di essere stato così stupido da credere che avrei potuto veramente cambiare sesso. Nessuno può cambiare sesso, è impossibile, è un’illusione”: se pronunciate da chiunque altro, le parole di Walt Heyer sarebbero soggette a censura, politicamente scorrette, discriminanti, omofobiche, decisamente troppo fuori o troppo sopra le righe segnate dalla cultura del nostro tempo. Ma Heyer parla della sua esperienza e lungi da lui voler discriminare qualcuno, anzi mi sembra che il suo messaggio sia solidale verso le persone transessuale. Mi pare quasi che voglia dire: state attenti c’è gente che lucra sul vostro dolore.

Ma facciamo un passo indietro e raccontiamo brevemente la storia di Walt Heyer. Heyer è un ingegnere americano e ha raccontato la sua avventura nel libro Paper Genders, il mito del cambiamento di sesso, edito in Italia da Sugarco nel 2011. Confuso sulla sua identità già da bambino, viene molestato da un familiare di qualche anno più grande e si porta questa sofferenza dentro per anni. Si sposerà per poi fuggire dal suo matrimonio consumato dall’ossessione di voler “diventare” la donna che aveva sempre creduto di essere, prima con gli ormoni poi con la chirurgia. Per otto anni Walt “diventerà” Lara. Scoprirà, a sue spese, che nonostante la sua immagine fosse diversa quel profondo dolore che lo faceva sentire in contrasto con il suo corpo, non cessava di ruggire in fondo alla sua anima. Ecco perché a un certo punto Walt decide di riabbracciare la sua identità maschile. Heyer non è certo l’unico ad essersi pentito del “cambiamento sessuale”, e da quando ha aperto il blog sexchangeregret.com ha ricevuto tante testimonianze di persone che come lui dolorosamente rimpiangono quella scelta: «Dopo aver assunto ormoni ed essersi sottoposti a chirurgia tutti hanno ritenuto il cambiamento sessuale una follia», scrive. Dunque qual è l’obiettivo di questo dossier? Non certo discriminare qualcuno ma piuttosto smascherare la finta pietà e l’avidità economica che costruiscono illusioni in grado di far credere di poter volare quando in realtà si sta solo precipitando. 

Leggi il numero di Punto Famiglia Plus: Transessuali attenzione: c’è chi lucra sul vostro dolore!




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