19 dicembre 2020
19 Dicembre 2020
“Signore dove sei in questo Natale? Non ti importa di me?” | 19 dicembre 2020
di Giovanna Abbagnara
Quando una persona ci ferisce, quando un suo comportamento improvvisamente ci fa sprofondare in un abisso di domande, dubbi, incertezze, diventiamo come bambini ai quali è sottratta l’attenzione dei genitori. “Non vedi quanto soffro? Non vedi il mio dolore? Non ti importa di quanto mi senta solo?”. L’attenzione dell’altro al nostro stato interiore misura, nel nostro pensiero, l’amore che l’altro nutre per noi.
“È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi”. Ha detto padre Raniero Cantalamessa nella terza meditazione per l’Avvento che ha rivolto al Santo Padre e ai convenuti nell’aula Paolo VI ieri 18 dicembre. Tante volte anche noi abbiamo lo stesso atteggiamento nei confronti di Gesù. Quando la tempesta arriva nella nostra vita, ci ribelliamo, ci dimeniamo nel nostro dolore e ripetiamo al Maestro, le stesse parole dei discepoli: “Non ti importa che stiamo per affondare?”. Il rimprovero di Gesù, ieri come oggi, ci invita a riflettere sul reale valore che diamo alla fede nella sua presenza. Il Natale è un’ottima occasione.
Il predicatore della casa pontificia ci invita a puntare essenzialmente su due momenti della vita del cristiano in cui fortemente è rivelata la presenza di Gesù che da sempre accompagna ogni uomo: l’Eucaristia, il Dio con noi e i poveri o meglio il “sacramento della povertà”. Dice padre Raniero a proposito della povertà: “Gesù ha “istituito” questo segno, come ha istituito l’Eucaristia. Colui infatti che pronunciò sul pane le parole: “Questo è il mio corpo”, ha pronunciato le stesse parole anche dei poveri. Lo ha fatto quando, parlando di quello che si è fatto – o si è omesso di fare – per l’affamato, l’assetato, il prigioniero, l’ignudo e l’esule, ha dichiarato solennemente: “L’avete fatto a me” e “Non l’avete fatto a me” (Mt 25, 31 ss.)”. E aggiunge: “I poveri sono “di Cristo”, non perché si dichiarano appartenenti a lui, ma perché lui li ha dichiarati appartenenti a sé, li ha dichiarati suo corpo”. Molto bello pensare a questo doppio sacramento che siamo chiamati a vivere. Non è una semplice azione sociale o filantropica ma una reale esperienza della presenza di Cristo nel volto dei fratelli più piccoli e più deboli.
Padre Raniero poi invita gli ascoltatori ad avere occhi nuovi anche per riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita. “Non è venuto genericamente nel mondo, ma personalmente in ciascuna anima credente. Gesù ha detto: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23). Cristo non è presente dunque soltanto sulla barca del mondo o della Chiesa; è presente nella piccola barca della mia vita. Che pensiero, se riuscissimo a crederci veramente! Santa Elisabetta della Trinità vi ha trovato il segreto della propria santità. “Mi sembra – scriveva a un’amica – di aver trovato il mio cielo sulla terra, poiché il cielo è Dio e Dio è nella mia anima. Il giorno che ho capito questo tutto si è illuminato”.
Parole antiche, che forse non aggiungono nulla a quanto già sappiamo e crediamo ma nella fede ciò che conta non è sapere con la mente ma vivere con il cuore queste verità. Da più parti una polemica circa il Natale con pochi o molti familiari, crea malcontento e solitudine. Cerchiamo di vivere questo tempo da cristiani. È una buona occasione per recidere tutto ciò che ci impedisce di gustare e contemplare la bellezza di un Dio che si fa Bambino, che si fa carne per ognuno di noi.
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