7 dicembre 2020

7 Dicembre 2020

Memento Mori: guardare la vita dal letto di morte | 7 dicembre 2020

di Giovanna Abbagnara

Ricordati che devi morire”: forse i più ricorderanno una delle più celebri scene del film di Massimo Troisi “Non ci resta che piangere” (1985), film interessante e pieno di spunti di riflessione. “Ricordati che devi morire” è anche il saluto dei monaci trappisti che ogni giorno si ricordano vicendevolmente il senso del loro vivere. Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, creato cardinale nel Concistoro dello scorso 28 novembre, ha tenuto nell’Aula Paolo VI la prima meditazione d’Avvento, alla presenza di Papa Francesco a partire da questa massima latina. Con straordinaria lucidità, certamente dovuta anche alla sapienza del cuore che muove le parole di questo anziano frate, padre Raniero fa un meraviglioso elogio di sorella morte: “Sorella morte è davvero una buona sorella maggiore e una buona pedagoga. Ci insegna tante cose”.

Proprio ora c’era bisogno di parlare di morte? In questo tempo così difficile di pandemia non si dovrebbe proporre una prospettiva più positiva? La risposta che il cardinale fa nella sua meditazione è straordinariamente ricca di speranza. È una risposta da credenti. Se la fede non ci aiuta a riflettere sul senso della vita e sul senso della morte, è solo una pratica pietistica e sentimentale. Padre Raniero invita il Santo Padre e gli altri presbiteri presenti a guardare la vita dal punto di osservazione della morte. “Sei angustiato da problemi e difficoltà? Pòrtati avanti, còllocati al punto giusto: guarda queste cose dal letto di morte. Come vorresti allora avere agito? Quale importanza daresti a queste cose? Hai un contrasto con qualcuno? Guarda la cosa dal letto di morte. Cosa vorresti aver fatto allora: aver vinto, o esserti umiliato? Aver prevalso, o aver perdonato? Il pensiero della morte ci impedisce di attaccarci alle cose, di fissare quaggiù la dimora del cuore, dimenticando che “non abbiamo quaggiù dimora stabile”.

“La Chiesa non ha paura di mandarci a scuola da lei” dice il predicatore ma ahimè i cristiani spesso hanno deciso di saltare la lezione sulla morte. Eppure c’è una sola morte che il credente deve temere ed è la morte eterna. “Essa è l’unica che merita davvero il nome di morte, perché non è un passaggio, una Pasqua, ma un terribile capolinea. È per salvare gli uomini da questa sciagura che dobbiamo tornare a predicare ai cristiani sulla morte”. Ne era convintissimo sant’Alfonso Maria dei Liguori che nel suo celebre trattato Apparecchio alla morte scriveva: «Se osservata dal punto di vista della nostra sensibilità, la morte incute spavento e si fa temere. Ma dal punto di vista della fede, porta consolazione e si fa desiderare. E ancora: Essa appare tremenda per i peccatori, ma si dimostra amabile e preziosa per i Santi…». 

Una crisi, come può essere la pandemia, è un’ottima occasione per i credenti per ripensare alla preparazione alla morte. È ancora padre Raniero che redarguisce alla luce della fede: “Guai a quelli che morranno nei peccati mortali! Se uno vive in peccato mortale, per lui la morte ha ancora il pungiglione e il veleno”. “Togliere il peccato significa togliere alla morte il suo pungiglione”.

L’analisi del porporato non si limita solo a mettere in guardia, egli ricorda anche che c’è un modo privilegiato per prepararsi alla morte ed è quello di partecipare alla santa Eucaristia. «Partecipare all’Eucaristia è il modo più vero, più giusto e più efficace di “apparecchiarci” alla morte. In essa celebriamo anche la nostra morte e la offriamo, giorno per giorno, al Padre. Nell’Eucaristia noi possiamo far salire al Padre il nostro “amen, sì”, a ciò che ci aspetta, al genere di morte che egli vorrà permettere per noi. In essa noi “facciamo testamento”: decidiamo a chi lasciare la vita, per chi morire». Per chi morire? Una vita pienamente vissuta risponde a questo interrogativo. Il credente sa che la morte è solo un passaggio verso la pienezza della vita. Quella vita che nel Natale non solo ci è stata donata ma è stata salvata.


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