divorzio
Il divorzio compie 50 anni. Cosa c’è da festeggiare?
di Ida Giangrande
Era il 1970, il divorzio divenne una legge dello Stato. Cosa è cambiato rispetto a prima? Abbiamo raggiunto i risultati sperati oppure è stato l’inizio di una progressiva erosione dell’umano?
C’erano una volta un marito e una moglie, avevano molti problemi e invece di aiutarli a risolverli, gli abbiamo dato un’altra cosa: il divorzio. Accadeva esattamente 50 anni fa: all’alba del 1 dicembre 1970, dopo una seduta notturna tra le più lunghe nella storia del Parlamento italiano, l’allora presidente della Camera dei deputati, il socialista Sandro Pertini, annunciò l’approvazione definitiva della contrastata proposta di legge “Fortuna-Baslini” (dal nome dei due deputati che l’avevano promossa), che prevedeva l’introduzione dell’istituto del divorzio in Italia. È la legge n.898 del 1 dicembre 1970, appunto, che legalizzava lo scioglimento del matrimonio.
Molti all’epoca festeggiarono la notizia come un primo passo nella conquista dei diritti civili, (battaglia che prosegue ancora oggi senza troppi risultati a giudicare da alcuni dati statistici). Ebbene a ben guardare la storia, da quel lontano 1970 ad oggi, ci dice altro. L’introduzione di quella legge è stata solo il primo passo di una rivoluzione antropologica che ci ha portato alla progressiva erosione dell’umano in atto ancora oggi.
Solo pochi anni dopo, infatti, e precisamente il 22 maggio del 1978 fu promulgata la famosa legge 194 che regolava l’interruzione volontaria di gravidanza. Avete presente una reazione a catena? La logica è quella. Al centro di tutto? La sacrosanta e inviolabile libertà di scegliere. Entrambe le leggi infatti si basano sul legittimo desiderio di impedire violenze assurde come matrimoni forzati e aborti clandestini ma la mia domanda è siamo riusciti nell’intento?
Se la legge sull’aborto non ha di fatto eliminato la causa dei problemi ma ha portato all’eliminazione silenziosa di migliaia di vite umane, della legge sul divorzio basta fare una disamina della situazione attuale della famiglia per accorgersi delle ricadute nefaste in termini umani. A quanti sostenevano ad esempio che la legge sul divorzio difendesse la dignità della donna e la tutelasse dalle violenze domestiche rispondono i dati circa i femminicidi. Il 2020 è stato l’annus horribilis per molte cose e tra queste c’è anche il tasso di femminicidi la cui incidenza sul totale degli omicidi è stata del 40,6%, cioè la più alta almeno dal 2000 ad oggi. Un tema da analizzare approfonditamente è quello del luogo in cui avvengono questi femminicidi. Il report Eures conferma un fatto ormai già accertato da tutte le statistiche sui femminicidi: è il contesto familiare ad essere a volte il più pericoloso. Dei 91 femminicidi totali registrati nel 2020, 81 sono stati commessi nell’ambito del contesto familiare, cioè l’89% del totale. Tra marzo e giugno 2020 sono state 21 le donne che hanno trovato il proprio assassino in famiglia e spesso era proprio l’uomo che diceva di amarle. Dunque su questo fronte, mi pare che la legge sul divorzio non abbia raggiunto grossi risultati.
A questa situazione si aggiunga il fatto che l’alta incidenza di divorzi in Italia, (si calcola infatti che ogni giorno sono oltre 250 le coppie che si separano o divorziano. Nell’86,4% dei casi si tratta di una separazione consensuale, mentre nel restante 13,6% di separazioni giudiziali e il trend è in aumento per effetto del lockdown), ha reso il matrimonio e di riflesso la famiglia, un terreno instabile e liquido. Ne risente tutta la società e soprattutto l’economia dato che la famiglia è il consumatore per eccellenza ma è anche il produttore per eccellenza. Vogliamo, poi, chiedere ai figli di genitori separati come ci si sente quando mamma e papà si dividono? Certo, mi risponderete, ci sono situazioni insostenibili in cui è difficile vivere e sono d’accordo, ma le situazioni insostenibili vanno sostenute socialmente, vanno aiutate e accompagnate non estinte come un contratto. Questa è un po’ la logica alla base dell’eutanasia: se non posso risolvere il problema, lo elimino e dico che è per il bene della persona con disabilità.
Vorrei dire a quanti festeggiano l’anniversario del divorzio: amici cari, non c’è nulla da festeggiare. Divorziare vuol dire dividere una famiglia non aiutarla a migliorarsi. Scegliere il male minore poi, non vuol dire che la scelta finale non sia un male. A furia di allargare i confini dell’etica stiamo correndo il rischio di non avere più un’etica.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
1 risposta su “Il divorzio compie 50 anni. Cosa c’è da festeggiare?”
Io dico che con il divorzio, il problema che c’è in una famiglia non si risolve, semmai ne crea altri, se proviamo a metterci nei panni dei figli.
Mi riferisco soprattutto a tutti coloro che decidono di sposarsi in chiesa, accettando il matrimonio come sacramento davanti a Dio, mi auguro che non vadano in chiesa perchè le foto vengono meglio, sapendo quindi di aver giurato fedeltà per tutta la vita al partner e a Dio. Poi al danno anche la beffa, non capisco perchè, la moglie chiede la separazione e il marito deve passare anche l’assegno mensile. Un assurdo, “se non sono più buono io “, perchè ti prendi i miei soldi frutto del mio lavoro, del mio sudore, del mio sangue. Vai a lavorare e fatti la tua vita.