26 novembre 2020
26 Novembre 2020
“Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te”
di Giovanna Abbagnara
“Non sono riuscita a trattenerlo, è andato via”, così nelle lacrime ha esordito una ragazza che l’altra sera mi ha chiamato al telefono. Sono bastati pochi secondi per mettere a fuoco il suo volto davanti a me, la gioia di qualche anno fa quando mi aveva annunciato di aver finalmente trovato la persona giusta. “Mi fa ridere tanto”, mi aveva detto. Aveva ragione, ho sempre pensato che far ridere le persone che si amano è una delle meraviglie dell’amore. Quella storia però era giunta al capolinea. Sonia si sentiva in colpa e infatti mi ha dispiegato la lista dei suoi errori. Prigioniera dei sensi di colpa, stretta nella morsa dei rimpianti. L’ascoltavo in silenzio e intanto continuavo la mia opera in cucina.
Negli ultimi tempi sto cercando di imparare l’arte della conservazione. Vivo in campagna, circondata da alberi da frutto e orti curati con amore dalla mia famiglia. In questo tempo ci sono zucche prosperose, olive grandi e gonfie, alberi di agrumi stracolmi di ogni primizia, zucchine croccanti. Ho pensato di farne qualche provvista per l’inverno conservandoli in barattoli. Prima di intraprendere l’ardua impresa, ho chiesto consigli all’esperta, mia madre, e poi ho consultato e confrontato ricette sparse nel web. Mi sono procurata tutto il necessario e una sera ho cominciato. Chi immaginava cosa mi attendeva! Pazienza, meticolosità, tempi lunghissimi tra un processo e un altro. Affetta, metti a perdere acqua sotto un peso, e poi tre minuti in acqua e aceto, poi di nuovo ad asciugare tutta l’umidità, sterilizza i barattoli, riempili alternando con tutti gli aromi e poi fai colare bene l’olio perché i vasetti siano privi di bolle d’aria e poi di nuovo in pentola per il sottovuoto.
Non ti puoi distrarre! Al massimo puoi accompagnare il lavoro con un Rosario o un po’ di musica classica. La telefonata di Sonia pretendeva una pausa. Mi sono seduta in mezzo a quel caos di barattoli, olio e aromi e l’ho ascoltata. Prima di ricercare nella mia mente cosa dire a quella povera fanciulla dal cuore ferito, e consapevole di non avere la sapienza con la quale Seneca ammoniva e consigliava il suo diletto Lucilio, mi sono disposta ad ascoltarla in silenzio. Alternava pianti a frasi sprezzanti, racconti della loro complicità a ipotesi di tradimento. Era il tempo dell’emotività, inutile metterla davanti alla verità delle cose. Alla fine del suo sfogo, le ho detto: “Ti voglio bene. Ci sentiamo domani”. Lei ha esitato qualche secondo e poi non potendo fare altrimenti mi ha risposto: “Anche io”, evidentemente delusa e ha riattaccato. Ho continuato il mio lavoro, ormai era notte inoltrata. Avrei dovuto continuare ancora l’indomani. Ci sono voluti tre giorni abbondanti per completare l’operazione conserve e confetture.
Ho risentito Sonia e poi ci siamo viste molte altre volte dopo quella sera. Il prendersi cura, accompagnare, esserci nella vita di un altro comporta pazienza, sacrificio, preghiera, onestà. È più semplice sbattere la porta e andare via, chiudere per sempre, sbarrare all’altro la strada senza possibilità di recupero. Starci invece richiede un lavoro artigianale. Jacques Maritain, un grande filosofo del Novecento, osserva che nella vita, nella crescita della persona esistono solo due direzioni di sviluppo possibili. O maturiamo nel senso dell’apertura, della generosità, della capacità di far posto ad altri nelle nostre giornate e nei nostri impegni oppure maturiamo – o meglio, non maturiamo affatto – nel senso della chiusura su noi stessi, sui nostri progetti individuali, sui nostri esclusivi interessi, nostri o magari del gruppo in cui più immediatamente ci riconosciamo.
I santi sono gente della prima pasta. I santi sono persone che hanno contribuito al bene comune, lasciandoci anche eredità importanti, perché hanno saputo farsi dono per gli altri, perché hanno intuito che in questa misura sta la bellezza dell’umano e si sono impegnati a coltivare in se stessi il seme della caritas. Nella vita fioriamo solo se sperimentiamo che qualcuno si è preso cura di noi. Così come fa Dio ogni giorno con noi. Fa in modo che possiamo conservare la nostra anima, non per un inverno ma per l’eternità.
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