Transgenderismo Decise di diventare maschio a 16 anni, la storia di Keira Bell Autore articolo Di Punto Famiglia Data dell'articolo 13 Ottobre 2020 Nessun commento su Decise di diventare maschio a 16 anni, la storia di Keira Bell di Ida Giangrande Keira era una adolescente confusa. Per risolvere il suo problema fu spedita in una “gender clinic”. Oggi Keira ha vent’anni e denuncia il Sistema Sanitario Nazionale londinese: “Ho preso una decisione avventata da adolescente, come fanno tutti gli adolescenti: cercavo fiducia e felicità, solo che ora il resto della mia vita ne porterà il peso”. Può una ragazza di appena 16 anni decidere di cambiare sesso sottoponendosi a terapie farmacologiche devastanti? Cosa succede se poi, sopraggiunta la maturità, cambia idea? Una risposta a queste domande arriva dall’Inghilterra attraverso la storia di Keira Bell. Lei era una adolescente confusa che non riusciva a trovare un equilibrio tra il suo corpo e la sua mente. Voleva farsi chiamare con un nome da uomo e lentamente si è convinta che quello era il suo orientamento sessuale: un uomo bloccato nel corpo di una donna. Soluzione? Il Sistema l’ha spedita al Tavistock & Portman NHS Center, prima “gender clinic” londinese, dove, a spese dei contribuenti, le sono state somministrate “powerful drugs” per inibire il decorso naturale della già avviata pubertà. La conseguenza? La racconta la stessa Keira in una dichiarazione da brividi: “Ho avuto sintomi simili a quelli della menopausa, quando vengono meno gli estrogeni dell’ovulazione: vampate di calore, difficoltà a dormire, crollo della libido. Mi hanno dato pasticche di calcio perché le mie ossa si indebolivano”. Dopo quattro anni di questo trattamento e sempre a spese del Sistema Sanitario Nazionale le è stata praticata una mastectomia totale, cioè la rimozione dei seni, belli e sani, che sono stati prima amputati e poi gettati via tra i rifiuti ospedalieri. Oggi Keira è una ventenne e si è pentita del percorso che ha fatto. Ha denunciato il Sistema Sanitario Nazionale, perché all’epoca dei fatti aveva solo 16 anni e a quell’età non si è in grado di fare una scelta lucida e responsabile di questo tipo. “Ho preso una decisione avventata da adolescente, come fanno tutti gli adolescenti: cercavo fiducia e felicità, solo che ora il resto della mia vita ne porterà il peso”. Il caso di Keira Bell non è isolato purtroppo, come spesso si vorrebbe far credere. La stessa Keira racconta di essere stata contattata da “centinaia di giovani adulti” (alcuni dei quali ancora teenagers o ventenni) che le confidavano come anche a loro il trattamento non sia stato di alcuna utilità al fine di trovare pace con la propria identità sessuale. Pare, infatti, che nel biennio 2009/2010 in Inghilterra sono stati avviati al trattamento 40 minorenni femmine e 57 maschi; nel biennio 2017/2018 le minorenni erano lievitate a 1.806 e i minorenni a 713. Stiamo parlando di adolescenti, poco più che bambini, che non possono votare fino alla maggiore età e nemmeno sposarsi (fatta eccezione di alcune zone del mondo), ma a quanto sembra per l’Inghilterra pare abbiano la maturità necessaria per decidere di cambiare sesso anche a costo di impattare sul proprio organismo in maniera violenta e devastante. Ne è convinto anche l’avvocato di Keira che ha impugnato la rimozione chirurgica del seno dell’assistita, la sua voce profonda e la sua peluria diffusa, insieme con la barba e con le disfunzioni sessuali, per esigere che lo Stato non riconosca a persone così giovani la facoltà di disporre di sé in modo così leggero e pericoloso: “Nessuno potrebbe ragionevolmente pensare che un bambino di 13 anni o meno, che non può dare un valido consenso ad atti sessuali leciti, potrebbe invece dare il consenso informato a trattamenti dai benefici dubbi… e dalle conseguenze vitalizie”. leggi anche: I pediatri americani mettono in guardia contro la “disforia di genere”leggi Nel 2017 Walt Heyer, uno dei primi “transgender pentiti” durante un simposio all’Università di Hong Kong, disse: “La scienza degli interventi chirurgici non è ancora consolidata per quanto riguarda le conseguenze a lungo termine della terapia transgender”. “Allo stato attuale non disponiamo di alcuna ricerca obiettiva e definitiva”. Heyer ha poi aggiunto: “C’è un numero sempre crescente di ex transgender come me che ora chiedono inversioni di genere”. Quella del cambio di sesso, ha spiegato, è diventata una moda virale per molti adolescenti “che sono arrivati a credere di essere del sesso opposto, spinti dal peso dei social media e dei sentimenti”. Heyer afferma di aver ricevuto molte segnalazioni da parte di famiglie riguardo ai loro figli adolescenti, vittime di presunta disforia di genere a insorgenza rapida, pur senza alcuna precedente storia di disagio con il proprio sesso biologico. Per di più, “l’attuale pratica psicoterapeutica prevede l’immediata affermazione dell’autodiagnosi del giovane”, ha sottolineato. Walt Hehyer è uno dei nove ex transgender che hanno recentemente presentato un memoriale alla Corte Suprema degli Stati Uniti, in cui lanciano un monito sulle “bugie distruttive” del transgenderismo. Molti giovani con disagi e presunta disforia di genere vengono incoraggiati a fare coming out, spesso “senza ricevere una parola sui pericoli di quel percorso”. Essi vengono così travolti da “false speranze” e da “bugie raccontate con motivi compassionevoli”, tuttavia, ammonisce Heyer, “mentire non è compassione”. Al di là delle implicazioni morali e del dovuto rispetto delle scelte di tutti e di ciascuno, mi sorprende che della storia di Keira Bell ne abbiano parlato pochissimi colleghi, con poche righe e un titolo invisibile in calce a pagine piene di altre prime notizie. Sarà forse il tentativo di alimentare la giostra delle “false speranze”, a dirla con Hehyer, per sostenere una logica che vorrebbe fare del corpo un’appendice della persona da manipolare come si vuole? Non sarà per caso che dietro le terapie transgender c’è un business da paura da tutelare e far fruttare tra aziende farmaceutiche produttrici di farmaci blocca-pubertà e cliniche specializzate nella riassegnazione sessuale? Sarà forse per dare il via libera allo sviluppo di questa branca della scienza che nel 2018 l’Oms ha tolto la transessualità dalla lista della categoria dei disordini mentali dell’International Classification of Diseases per inserirla in un nuovo capitolo quello delle condizioni di salute sessuale? Se la risposta a tutte queste domande è sì, cosa ne è della sofferenza delle persone transgender e soprattutto dei minori con disforia di genere a cui vengono sistematicamente raccontate “bugie con motivi compassionevoli” per farne vittime da scarificare sull’altare dell’introito economico? Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag gender, Transgenderismo ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. 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