2 ottobre 2020
2 Ottobre 2020
Il cimitero dei bambini non nati, storia di una carezza che dura da più di vent’anni
di Giovanna Abbagnara
Nel 1999 un’associazione di volontariato, Difendere la vita con Maria (Advm), inizia a stringere accordi con aziende ospedaliere e Comuni su quelli che la legge definisce “prodotti abortivi”, ciò che resta in seguito a un aborto, e che noi sappiamo essere figli, per seppellire degnamente il loro corpo ed evitare che finiscano tra i rifiuti speciali. Prima in Italia, l’Advm istituisce a Novara il cimitero dei “bambini mai nati”. Ad oggi solo l’Advm ha compiuto oltre 200mila sepolture. Un gesto carico di umanità, una carezza dopo la violenza dell’aborto. Perché dobbiamo ammetterlo: quali che siano le ragioni che spingono una donna ad accedere all’IVG, l’intervento è brutale. Che sia chimico, attraverso la Ru486 o che sia chirurgico, l’aborto annienta la piccola creatura. Ciò che resta di questi bambini viene poi avvolto in un pacchetto di cellophane e smaltito come rifiuto speciale. I bambini scompaiono nel nulla. Come se non fossero mai esistiti. I resti vengono bruciati.
Cosa prevede la legislazione? L’art. 7 del Regolamento di polizia mortuaria del 1990 fa distinzione tra tre casi possibili in caso di aborto: bimbi nati morti (oltre le 28 settimane), in questo caso la sepoltura avviene sempre; “prodotti abortivi”, quelli di presunta età di gestazione tra le 20 e le 28 settimane e dei feti che abbiano 28 settimane di età intrauterina, cui spetta l’interramento in campo comune con permessi rilasciati dall’unità sanitaria locale, e i “prodotti del concepimento”, presunta età inferiore alle 20 settimane, considerati rifiuti speciali ospedalieri (perché non riconoscibili), quindi non destinati alla sepoltura, ma alla termodistruzione (bruciati). Su quest’ultimo caso in alcune regioni come Lombardia, Campania e Marche è stato fatto un passo importante e anche nel caso il bambino abbia meno di 20 settimane, è possibile non smaltirlo come rifiuto sanitario, ma c’è la possibilità di sepoltura. In generale la prassi è che per i prodotti abortivi e quelli del concepimento “parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall’espulsione od estrazione del feto domanda di seppellimento”. Superate le 24 ore, se non avviene nessuna richiesta, decade ogni diritto. In quel momento entrano in gioco le associazioni che grazie ad accordi con gli ospedali dispongono di quello che ai più piace chiamare “prodotto abortivo” o “del concepimento”, e gli danno una degna sepoltura. Tutto qui. Un segno di civiltà e di delicatezza.
Non la pensano così alcune donne che, dopo un’accurata quanto accanita ricerca sulla fine dei loro bambini abortiti in seguito a malformazioni, hanno scoperto che i “loro figli” erano stati sepolti nei cimiteri del Flaminio e del Laurentino a Roma con tanto di croce e data dell’aborto, nonché nome della mamma. Apriti cielo. “Violazione della privacy”, “violenza alle donne”, “offesa ai loro credi religiosi”… etc. Non continuo perché sono stanca di sentire questo orgoglio femminista elevarsi ad ogni angolo di strada con giornalisti al seguito.
Ma è possibile che abbiamo perso ogni coscienza civica? Anche ai cani è data una degna sepoltura! Questo desiderio ossessivo di nascondere ad ogni costo i segni del “fattaccio”, non mi sembra proprio in linea con il diritto ad abortire. Se per i fautori dell’aborto, il bambino nel grembo materno non è altro che un prodotto del concepimento e non è un essere umano con personalità giuridica, che importa quale fine fanno? Questo accanimento fa pensare al tentativo di cancellare ogni traccia tipico di altri regimi storici.
Una delle mamme indignate ha dichiarato: “È una violenza nei confronti delle donne. Siamo già state costrette ad interrompere la gravidanza e a vivere una situazione traumatica e di solitudine, senza che ci sia alcuna necessità di ulteriori colpevolizzazioni”. Se ho ben compreso allora l’aborto è un diritto ma è anche una scelta traumatica. C’è qualcosa che non quadra in questo ragionamento.
Intanto, il Garante avvia un’istruttoria. Radicali e associazioni protestano. I giornali titolano che “A pagare sono sempre le donne”. E i bambini nel grembo materno? Chi pensa a loro? In Italia si stima che ci siano 450 aborti al giorno. Se alcuni angeli, senza suonare la tromba, con discrezione, passano negli ospedali, prelevano con amore questi piccoli esseri e danno loro una semplice sepoltura, un fiore, una preghiera, abbiamo almeno la decenza di zittire e non schiamazzare come galline. Il dolore delle donne che abortiscono merita tutto il rispetto di questo mondo ma anche i bambini nel grembo materno meritano una carezza.
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