Scuola
Vi racconto una storia, la storia della Mamma della Palmenta…
di Elisabetta Cafaro, insegnante
In questo mese in cui tutti cerchiamo il meritato riposo, la pace dell’anima e dei sensi voglio affidare alla Madonna tutti i giovani e le numerose confidenze, paure e timori che ho avuto modo di leggere attraverso le loro lettere durante la pandemia.
“…qui in questa curva di cielo dove ogni odore è un ricordo, che torna a bruciapelo e porta via la sete, i giorni sbagliati, per una notte di pace nei cuori affaticati, notte di note, note di notte…”. Mi sto dirigendo al mio paese nativo. In macchina mi fanno compagnia le note di questa celebre canzone di Claudio Baglioni dal titolo “Notte di note”. In questo caldo pomeriggio d’agosto sono giunta nella mia piccola “curva di cielo”. Mi accoglie l’edicola votiva della Madonna delle Grazie che delimita la strada dove sono cresciuta. Eccomi in questo posto dove sembra che non ci sia nulla di speciale. La vallata, con gli antichi cortili e la fontanella storica ad un angolo della via. Eppure qui la “terra forte mi chiama”. In questo luogo trovo tanta pace, il cuore è felice e l’anima spensierata apre i suoi cassetti dei ricordi. È proprio vero ogni viaggio è tale quando fa parte dei tuoi sogni, quando è parte della tua vita e quando evoca i ricordi.
In questo mese in cui tutti cerchiamo il meritato riposo, la pace dell’anima e dei sensi voglio affidare alla Madonna tutti i giovani, le loro parole, i loro pensieri. Le numerose confidenze, paure e timori che ho avuto modo di leggere attraverso le loro lettere durante la pandemia. Cari ragazzi, vi voglio consegnare la meraviglia del silenzio. Uno spazio dove creare un’oasi di vita interiore e di preghiera, dove imparare a contemplare, avere orizzonti più ampi, sperimentare la gioia di calarsi in se stessi e considerare l’esistenza a partire da Dio. Spiritualmente vi porto con me e vi voglio far conoscere una bella storia d’amore, nata proprio in uno dei vicoli dove sono cresciuta, soprannominato la Palmenta.
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Siete pronti ad ascoltare e ad avventurarvi con me in questo vicoletto? Andiamo nella casa della famiglia Pianura dove all’interno c’è una piccola ed accogliente cappella con una statua meravigliosa della Madonna dei SS. Martiri. Questa statua, scesa da una soffitta, nel secolo scorso, ancora oggi è venerata per i suoi miracoli. Il 16 settembre la comunità è in festa. Quante cose ci insegna Maria, nostra Stella del mattino e nostra Porta del cielo. Anche nella mia vita questa Madonna che da bambina passavo ore ad ammirare, ha operato miracoli. Il mio primo figlio è nato proprio il 16 settembre dopo un parto molto difficile. Ero molto giovane all’epoca, ma avevo imparato una cosa importante: invocare Maria. “Questo bambino è vivo per miracolo!” mi disse il medico guardandomi incredulo.
Per la Chiesa è Maria SS Vergine dei Martiri, per le genti di Pregiato una piccola frazione di Cava de Tirreni, provincia di Salerno, è la Madonna della Palmenta. La sua storia comincia nei primi decenni del secolo scorso, legando a sé la vita di Mastro Peppe il ciabattino, di Carmine il lattaio, di Salvatore il restauratore e del piccolo Salvatore caduto dal carretto e salvato dalla “Signora dal manto azzurro”. Personaggi e vicende che, nel racconto di Gennaro Bisogno, autore del piccolo opuscolo: “Una storia d’amore. La Madonna della Palmenta” ritornano a vivere e sono oggetto di venerazione e devozione.
Erano gli anni Venti e la statua di questa Madonna, dimenticata in una soffitta di una dimora borghese lungo la strada che porta al Monte Castello, fu buttata via in seguito a dei lavori di ristrutturazione. Un ciabattino, Mastro Peppe, la raccolse, perché gli facesse compagnia, la tenne con sé, nella sua umile bottega. Ma era troppo bella per rimanere in quell’antro e troppo orgoglioso lui di quella scoperta, così, durante i pellegrinaggi al Monte, Mastro Peppe cominciò ad esporla alla venerazione dei passanti. Non ci volle molto: un altro luogo della religiosità popolare era sorto. “Ma che occhi sembra che parlino: come avrei potuto buttarla?”. Pensava felice il ciabattino mentre trascorreva le sue giornate con una serenità d’animo che prima di allora non aveva mai avuto.
A tutto aveva pensato Mastro Peppe, anche a designare chi avrebbe dovuto prendersi cura di Lei, in caso di morte, che purtroppo giunse presto. Era Carmine il lattaio, un giovane del borgo Palmenta che rimaneva incantato rimirando quegli occhi ogni giorno. Carmine che, miracolato perché scampato ad una granata durante la Grande Guerra, al suo ritorno decise di donare alla Madonna una dimora più degna per cui avviò la costruzione di una cappella. Ma Carmine nascondeva nel profondo un’altra convinzione: lui, abbandonato in una cesta, ritrovato in una fredda giornata di marzo, era stato accolto ed amato dalla famiglia Pianura. Carmine era “figlio della Madonna” e, quella Madonna, la sentiva madre più di chiunque altro fedele. Lei gli aveva dato la vita e ora lui la dava a lei. Così, spinto da un fervore irrefrenabile, decise di restaurare la statua, rovinata dal tempo, affidando “il legno” al decoratore Salvatore Cataldi. Cataldi era un miscredente, per lui quella statua era solo un pezzo di legno artistico, pregiato nella sua fattura, ma sempre e soltanto un pezzo di legno. Egli sapeva che quella statua poteva funzionare come valido veicolo per farlo conoscere agli altri e quindi si applicò con molto impegno nell’apporre lo stucco nei buchi che il tempo aveva creato nel legno. Era costui un uomo altezzoso e fiero del suo lavoro, reso duro dalla necessità di mantenere la sua famiglia. Per ben tre volte lo stucco preparato per otturare i buchi dei tarli si sciolse, inspiegabilmente. Una sfida? Quando al mattino per la terza volta si ritrovò ai piedi della statua, alzò lo sguardo verso di Lei e con l’animo finalmente sgombro da insulse passioni ne udì le parole che la sua arroganza gli aveva impedito di ascoltare prima. Parole chiare, nitide che risuonarono in un’eco assordante rincorrendosi tra le navate e ingigantendosi nel circolo dell’abside… “Tu non mi puoi toccare!”. Le lacrime, gli rigavano copiose le guance mentre in ginocchio prostrato davanti alla Madonna, si convertiva convincendosi profondamente che da quel momento la sua vita sarebbe cambiata. Ai piedi della Vergine si alzò un uomo nuovo. Lo stesso stucco che nei giorni precedenti si era sciolto incapace di legarsi al legno, aveva realizzato un’opera memorabile ed alla fine del lavoro la Madonna era divenuta splendida. Quando Carmine la vide ebbe l’impressione che fosse un’altra, ma la sensazione durò fino a quando non incontrò i suoi occhi. Quegli occhi per i quali aveva fatto tutto ora sembravano ansiosi di conoscere la nuova dimora che aveva preparato per Lei alla Palmenta.
Era il 16 settembre 1927. La cappella era pronta, la Madonna pure. La processione dei fedeli accompagnava la statua dalla chiesa di Pregiato alla Palmenta. Il parroco del paese apriva il corteo, il vescovo officiava il rito della Santa Messa. Nel giorno tanto atteso, tutti erano pronti ad ascoltare la storia di una Madonna scesa da una soffitta per entrare nella vita di tanta gente. E ci entrò tanto che salvò il piccolo Salvatore, figlio di Carmine, dalle ruote di un carretto che gli erano passate sul ventre. Nessuno gridò al miracolo, perché tutti sapevano come grande è l’amore di quella Mamma. Né gridarono al miracolo quando Salvatore Pianura – il piccolo miracolato – vinse un bel gruzzolo al totocalcio: quei soldi servivano per ingrandire la cappella.
Ancora oggi questa cappella è luogo di preghiera. La “Mamma della Palmenta” è un dono prezioso, un bene che la gente del posto custodisce con cura e anche con un pizzico d’orgoglio.
Cari ragazzi, a Lei in questo caldo agosto vi affido. Con fiducia invocate sempre Maria. Spero che la storia che vi ho raccontato vi sia piaciuta e magari qualche volta, insieme raggiungiamo il borgo della Palmenta. Che ne dite?
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