Educazione digitale

di Miriam Incurvati, psicologa

Horror, macabro, morte: come aiutare i giovani che hanno perso il senso del limite?

31 Luglio 2020

Indagine “delirio”, il parere della psicologa: “. Credo sia, innanzitutto, fondamentale la presenza reale di adulti di riferimento disponibili al dialogo e alla vicinanza. Pronti a sporcarsi le mani, disponibili al confronto, a porre delle regole, ad accogliere la diversità”.

Racconti raccapriccianti ci arrivano dalla cronaca, si palesano sempre di più inquietanti interessi degli adolescenti verso horror, violenze e morte. A partire dal 2009 è stata svolta un’indagine dal nome “inchiesta delirio” che ha smascherato terribili scenari della rete: le deep web si configurano come un contesto internet criptato, dove circolano immagini di efferata violenza. Pagando ingenti somme gli utenti accedono alle cosiddette “red room”, stanze dell’orrore. È possibile addirittura assistere in modalità “live”, viene cioè consentito di interagire in condotte di violenza sessuale e tortura su minori, attuate in diretta da adulti verosimilmente nel sud est asiatico.

Notizie terrificanti che divengono totalmente allarmanti quando si scopre che tra i fruitori ci sono adolescenti, anche italiani. Molte domande allora potrebbero sollevarsi nella nostra mente: perché mai un simile interesse? Cosa attrae tanto? Come aiutare una generazione che ha perso il senso del limite?

Domande legittime che è sicuramente utile porsi soprattutto se siamo genitori o educatori di questa generazione così apparentemente difficile da avvicinare. Proveremo ad inquadrare un fenomeno certamente complesso a partire dal dato evolutivo: l’adolescenza di per sé è caratterizzata dalla “sensation seeking” ossia la tendenza e la ricerca di emozioni nuove che esprime il bisogno di cercare nuove sensazioni, nuove situazioni emotivamente forti e particolarmente intense. Inoltre, varie ricerche hanno dimostrato che forme diverse della paura inneschino risposte di “attacco o fuga”. Il sistema endocrino rilascia epinefrina, noradrenalina e cortisolo, i quali eccitano il sistema cardiovascolare e quello respiratorio, con il conseguente rilascio di glucosio nel flusso sanguigno che prepara il corpo all’azione fisica (Rodrigues et al., 2009). Un nuovo studio indica come i film horror manipolino con maestria l’attività cerebrale connessa all’aumento dell’eccitazione, spiegando dunque come mai siamo attratti da questa tipologia di film. Dunque, la scelta di un determinato materiale incide direttamente sull’attivazione del nostro corpo. Pur trovandosi in casa, nel confort della propria stanza, i nostri neuroni e di conseguenza il corpo si attivano come a seguito di un forte stress. Interessante potrebbe essere perciò verificare perché si è spinti ad una simile ricerca, quale bisogno soggiace sotto questa necessità.

Certamente nell’analizzare il fenomeno deep web bisogna tenere in considerazione un altro importante dato. L’interesse per l’horror, il macabro e la morte probabilmente è un dato oltre il tempo, qualcosa che si ripete di generazione in generazione. Eppure, oggi c’è un contesto nuovo, un palcoscenico che presenta delle chiare caratteristiche: queste terribili circostanze si realizzano nel web, in uno spazio dove ormai i nostri ragazzi abitano esattamente come la loro casa. Eppure, non conoscono quei luoghi veramente, non hanno reale conoscenza delle regole che vi vigono, di conseguenza sono più esposti, sono più indifesi. Un ambiente ricco di stimoli e affascinante ma anche potenzialmente pericoloso.

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“Gli adolescenti sono spesso e volentieri attratti dal macabro, dalla morte, dall’occulto, da quel qualcosa che non comprendono, che è più grande di loro. Cercano contenuti violenti, si infilano in rete in gruppi in cui sono trattati argomenti legati alla morte, al suicidio, al satanismo, all’horror, leggono blog con le stesse tematiche, guardano video nudi e crudi e seguono comunità di questo tipo senza avere tante volte gli strumenti psicologici per filtrare ciò che leggono e che vedono e gli strumenti critici per valutare la veridicità dei contenuti che troppe volte prendono per veri. Non solo Blue Whale, nella rete purtroppo pullulano giochi macabri, gruppi che inneggiano all’autolesionismo e al suicidio, che spiegano come tagliarsi, come farsi del male, come suicidarsi, come nascondere la propria anoressia, altri che gli riempiono la testa di tante belle parole per indurli in una condizione di sottomissione psichica. Ovviamente, per rimanere incastrati in questi gruppi e spazi oscuri del web, ci deve già essere una predisposizione a questo tipo di contenuti, NON BASTA solo la tipica curiosità adolescenziale o la ricerca della sfida e del rischio, caratteristica di questa fase evolutiva.” Così spiega Maura Manca, psicoterapeuta e presidente Osservatorio Nazionale Adolescenza.

Ma come aiutare, allora, questi giovani? Ho pensato a dei fattori di protezione, come a delle parti di un’armatura che potremmo provare a fornirgli per affrontare questa sfida. Credo sia, innanzitutto, fondamentale la presenza reale di adulti di riferimento disponibili al dialogo e alla vicinanza. Pronti a sporcarsi le mani, disponibili al confronto, a porre delle regole, ad accogliere la diversità. Sulla questione regole, spesso genitori in crisi mi chiedono come porsi e quali strategie sono utili a farle rispettare. In effetti, per un giovane le norme possono essere vissute come ulteriore sfida da affrontare, confine da sfondare, eppure non si cresce da soli, tutti hanno bisogno di una presa incarico che passa anche per azioni di contenimento. Può essere utile definire prima tra i genitori quali siano le regole considerate fondamentali per la propria famiglia (potrebbe trattarsi di definire i tempi di accesso ad internet, o l’inserimento di filtri, o la supervisione dei genitori circa la cronologia dei siti consultati). Poi potrebbe essere funzionale porle al ragazzo garantendo un margine di mediazione. Infine, stabiliamo in modo chiaro la “multa” che sarà pagata qualora le regole fossero infrante.

Detto ciò, ci tengo a precisare che non si tratta della necessità esclusiva di una presenza normativa, il genitore e l’educatore di cui credo abbia bisogno ogni generazione di figli è la presenza reale, cioè autentica, non mediata dalla tecnologia o delegata ad agenzie educative secondarie. È l’impegno nella costanza, la continuità nel processo educativo, l’accoglienza anche nell’errore. Questo è l’adulto di cui i nostri figli hanno bisogno.

Ritengo sia utile, poi, inserirli in reti amicali sane. Oltre al contesto del digitale è molto importante avere la possibilità di frequentare ambienti stimolanti, costruttivi e sani. In conclusione, ritengo possa essere utile aiutarli, sin dall’età dell’infanzia e preadolescenza, a sviluppare il senso critico. Formulare delle personali opinioni, imparare a sentire i propri bisogni e poi ad esprimerli con assertività, diventa una competenza fondamentale in un mondo che corre veloce senza tenere conto delle diverse sensibilità.




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