Eutanasia

Ogni vita conta anche quella di Tinslee Lewis…

di Chiara Chiessi, Universitari per la Vita

Una bambina, Tinslee Lewis, rischia la vita esattamente come Alfie e Charlie. Per alcuni medici la qualità della sua vita è ritenuta al di sotto degli "standard".

Appena due anni fa, i nostri lettori lo ricorderanno bene, era stato ucciso il piccolo Alfie Evans a Londra, dall’equipe medica dell’ospedale Alder Hey Children.

Oggi, un’altra bambina sta rischiando la vita come Alfie, Charlie Gard e chissà quanti altri piccoli pazienti le cui vite sono state considerate “indegne di essere vissute”.

La piccola si chiama Tinslee Lewis, ha diciassette mesi ed è ricoverata da oltre 10 mesi in un ospedale pediatrico del Texas, il Cook Children’s Medical Center di Fort Worth, attaccata ad un ventilatore a causa della sua condizione, un raro difetto cardiaco chiamato anomalia di Ebstein.

I medici dell’ospedale sostengono che la bambina non possa essere curata e deve essere lasciata morire (così come anni prima era stato fatto per i piccoli Gard ed Evans).

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Secondo però alcuni medici interpellati dalla famiglia, tra cui il Dott. Green, docente di otorinolaringoiatria presso l’Università del Michigan, i problemi della bambina sono curabili e dunque, con questa speranza, i genitori di Tinslee hanno presentato un’istanza alla Corte distrettuale della contea di Tarrant, con la richiesta di affidare la piccola alle cure di altri dottori, tra cui il dott. Green, disposti a farle la tracheotomia, che consentirà finalmente di staccarla dal respiratore.

Un altro medico che ha visitato la bambina, il dottor Patrick Roughneen di Galveston (Texas), ha dichiarato a riguardo: «La piccola Tinslee Lewis dovrebbe essere trattata in modo non differente da qualsiasi altro bambino attaccato così a lungo a un ventilatore. Le tracheotomie vengono eseguite abitualmente per i pazienti dopo 14 giorni di ventilatore. La piccola Tinslee Lewis è con un ventilatore da oltre 10 mesi. Non è nel regime standard delle cure lasciare così a lungo un paziente attaccato a un ventilatore e rifiutare una tracheotomia».

Ha poi continuato: «I benefici di una tracheotomia rispetto a un ventilatore sono la riduzione del lavoro respiratorio, la riduzione dello spazio morto anatomico, l’evitare la fistola tracheo-innominate [tra la trachea e l’arteria anonima, ndr] e la gestione delle secrezioni polmonari. Perciò, per il paziente ci sono benefici molto precisi nell’eseguire questa procedura».

I medici dell’ospedale avevano deciso di staccare il ventilatore a Tinslee lo scorso novembre, perché consideravano la bambina ormai irrecuperabile.

Invece, 248 giorni dopo, la piccola è ancora viva. Non è vero che Tinslee sia “un caso disperato”. La qualità della sua vita è stata ritenuta al di sotto degli “standard” medici e per questo l’ospedale ha preso la decisione di staccare il respiratore.

Ma questa valutazione intrinsecamente immorale della vita di una persona, l’ha privata, fino ad adesso, di un intervento che avrebbe potuto migliorare di molto le sue condizioni.

Sappiamo bene infatti che la vita di ogni persona, sia malata che sana, ha una dignità infinita. Ogni secondo di vita trascorso quaggiù da Tinslee, come per ognuno di noi, è un secondo preziosissimo e di valore inestimabile.

Riprendendo lo slogan che abbiamo sentito molto in questi giorni, black lives matter, ci sembra però più corretto dire: all lives matter. Ogni vita conta: quella di Tinslee, di Alfie, di Charlie, di ogni persona sana o malata, nata o ancora non nata.




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