Omotransfobia

Cantelmi: cosa sarà della ricerca se passerà il ddl sull’omotransfobia?

Tonino Cantelmi

a cura della Redazione

“La ricerca clinica in questo settore è molto delicata. Con una legge come questa, un’ipotesi negativa sul tema della omosessualità e della omogenitorialità – naturalmente da valutare e verificare – verrebbe considerata come un pregiudizio, così come il sostenere la centralità delle figure genitoriali materna e paterna nei processi di crescita di un bambino”. A parlare è Tonino Cantelmi, docente di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma.

“Come psichiatra il problema che mi pongo riguarda la ricerca clinica. Mi chiedo se con questo tipo di legge sarà ancora possibile fare ricerca libera”. A domandarselo è Tonino Cantelmi, professore di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc). Il riferimento è chiaramente rivolto al ddl in discussione nelle aule del Parlamento sull’omotransfobia. Fermo restando “il rispetto per la dignità di ogni persona e il netto rifiuto nei confronti di ogni forma di discriminazione e/o violenza – spiega lo psichiatra all’agenzia Sir– se io avviassi una ricerca clinica partendo dall’ipotesi – certamente da verificare – che i figli delle coppie omogenitoriali possano manifestare problemi psicologici, potrei essere tacciato di omofobia”. 

Dunque per Cantelmi questo ddl “dovrebbe prevedere almeno un salvacondotto, un’eccezione riguardante la libertà di ricerca clinica che va assolutamente tutelata”. Il che significa “garantire ai clinici la possibilità e la libertà di partire da ipotesi anche negative – ovviamente da verificare – oppure di poter affermare risultati negativi, cosa già successa anche in altre parti del mondo”.
È ovvio, prosegue lo psichiatra, che “questo intervento legislativo, come già affermato autorevolmente dalla Presidenza della Cei, è superfluo poiché discriminazioni e violenze sono già sanzionate ed è anche pericoloso perché il testo contiene forti ambiguità interpretative. Non viene ben definito che cosa si intenda con il concetto di omofobia. Ecco perché sono preoccupato. Per procedere, la ricerca clinica ha bisogno di ricercatori liberi di spaziare, non ‘imbavagliati’ o imbrigliati in percorsi a senso unico”. 

“Già la ricerca clinica in questo settore è molto delicata. Ribadisco che, con una legge come questa, un’ipotesi negativa sul tema della omosessualità e della omogenitorialità – naturalmente da valutare e verificare – verrebbe considerata come un pregiudizio, così come il sostenere la centralità delle figure genitoriali materna e paterna nei processi di crescita di un bambino”.




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