Omotransfobia

Gettata la maschera!

omosessualità

Foto: Syda Productions - Shutterstock.com

di Vito Rizzo

Dopo tante peripezie si è addivenuti finalmente ad un testo unico della proposta di legge sull’omotransfobia. Tanti divieti ma soprattutto tanti soldi. A chi giova tanta confusione? Di certo non alla serenità del clima di confronto e dialogo. Di certo non alla società, alla comunità. Forse giova soltanto alle lobby che della difesa dei “diritti civili” fanno motivo di propaganda e di guadagno?

Dopo settimane di accuse e smentite, di strumentalizzazioni e prese di posizione, il testo di legge sull’omotransfobia proposto dall’on. Alessandro Zan, grazie al lavoro in Commissione Giustizia della Camera e all’accorpamento con altri testi similari, arriva a un testo unificato “arricchito” di puntualizzazioni e dettagli, di soldi e pene alternative, tutto rispondente alla logica della tutela “senza se e senza ma” del nuovo “pensiero unico”.

La mia storia personale mi dovrebbe mettere al riparo da qualunque rischio di essere tacciato di “omofobia” eppure non posso nascondere la preoccupazione, in questo clima surreale, di dare forma ai miei pensieri e alle mie – temo per ancora poco tempo – legittime perplessità. Non più soltanto l’inasprimento delle pene per gli atti di violenza o di incitamento all’odio, ma anche soldi, tanti soldi, per finanziare le organizzazioni LGBTI. Le rassicurazioni della vigilia sono parole al vento; il reato di opinione su chi ritiene di non allinearsi al “pensiero unico” è un rischio evidente sin dal nuovo testo della rubrica data all’art.604-bis del Codice penale che da “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” diventa “Propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.

Propagandare idee diventa pericoloso a prescindere. Cosa si intende, infatti, per “superiorità”. Dire che la famiglia tradizionale risponde ad un interesse “superiore” dell’ordinamento è reato? Dire che la famiglia naturale è quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna riconosce una “superiorità” della stessa rispetto alle pur legittime unioni omosessuali? Di certo è “superiore” per la naturale propensione alla procreazione biologica quantomeno, ma sarà ancora possibile affermare una verità così ovvia senza rischiare di essere tacciati di omofobia? Sì, perché in questa constatazione non ci sarebbe nulla di istigante all’odio o alla violenza, al massimo è un pensiero “non allineato” al nichilismo imperante.

Volutamente manca nel testo alcuna “norma di chiusura”. Nel testo approvato nella scorsa Legislatura e volutamente (cfr. DDL Scalfarotto) lasciato decadere, accanto alla modifica degli art.604-bis e 604-ter del Codice penale veniva chiarito che «non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente ovvero anche se assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni».

Perché questa precisazione nel nuovo testo non c’è? A chi giova tanta confusione? Di certo non alla serenità del clima di confronto e dialogo. Di certo non alla società, alla comunità. Forse giova soltanto alle lobby che della difesa dei “diritti civili” fanno motivo di propaganda e di guadagno?

E qui arriviamo all’altro punto: istituzione per legge del Gay-Pride (art.5), al pari della Festa del 2 Giugno, della Giornata della Memoria o quella del Ricordo o ancora della Festa della Liberazione. È proprio necessario? È omofobico dire che sembra una grande cavolata?

E ancora, 4 milioni di euro annui da destinare alle associazioni LGBTI (art.8). Finalmente siamo arrivati al dunque: soldi, soldi, soldi, tanti soldi per finanziare la propaganda di idee certo legittime ma “di parte” e blindate da ogni rischio di obiezione attraverso una norma penale che punisce finanche appellarsi alla biologia, alla scienza o al diritto naturale. Non sono omofobo, mi conosco da più di quarant’anni, ma sono arrabbiato. Non è così che si guadagna il rispetto, non è con la prepotenza e con il ricatto psicologico che si può rivendicare un giusto spazio di rispetto e di confronto. Non sono omofobo ma “ubrifobo”, questo sì. Non sopporto la prepotenza, la tracotanza, la violenza della pressione materiale e psicologica. Hybris (tracotanza) è l’opposto della Dike (giustizia), e in questa storia dovrebbe essere chiaro che si parla di giustizia ma si vuole giustificare, per l’appunto, la hybris. Cari amici, care amiche, questa volta non sono con voi!

 

P.S. Di seguito il testo unificato del DDL:

Art. 1

(Modifiche all’articolo 604-bis del codice penale)

All’articolo 604-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

 

  1. a) alle lettere a) e b) del primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere»;

 

  1. b) al primo periodo del secondo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere»;

 

  1. c) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».

 

Art. 2

(Modifica all’articolo 604-ter del codice penale)

Al primo comma dell’articolo 604-ter del codice penale, dopo le parole: «o religioso,» sono inserite le seguenti: «oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere,».

 

Art. 3

(Modifiche al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122) 

Al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:

  1. a) al titolo, le parole: «e religiosa» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosa o fondata sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere»;
  2. b) all’articolo 1, sono apportate le seguenti modifiche:

1) al comma 1-bis, le parole «reati previsti dall’art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962» sono sostituite dalle seguenti: «per uno dei delitti di cui all’articolo 604-bis, ovvero per un delitto aggravato dalla circostanza di cui all’articolo 604-ter del codice penale, nonché per il delitto previsto all’articolo 7 comma 2 della legge 9 ottobre 1967, n. 962 e per quelli indicati dall’articolo 2»;

2) il comma 1-ter è sostituito dal seguente: «Nel caso di condanna per uno dei delitti di cui al comma 1-bis, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata, se il condannato non si oppone, alla prestazione di un’attività non retribuita in favore della collettività secondo quanto previsto dai commi successivi. Per i medesimi delitti nei casi di richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova, per lavoro di pubblica utilità si intende quanto previsto dai commi successivi».

3) al comma 1-quater, le parole «, da svolgersi al termine dell’espiazione della pena detentiva per un periodo massimo di dodici settimane, deve essere» sono sostituite dalla parola «è» e dopo la parola «giudice» sono inserite le seguenti «, tenuto conto delle ragioni che hanno determinato la condotta,»;

4) al comma 1-quinquies, le parole «o degli extracomunitari» sono sostituite dalle seguenti: «, degli stranieri o in favore delle associazioni di tutela delle vittime dei reati di cui all’articolo 604-bis del codice penale»;

5) alla rubrica, dopo la parola «religiosi» sono inserite le seguenti: «o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».

Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato con decreto del Ministro della giustizia sono determinate le modalità di svolgimento dell’attività non retribuita in favore della collettività, di cui all’articolo 1 del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, come modificato dal comma 1 del presente articolo.

 

Art. 4

(Modifica all’articolo 90-quater del codice di procedura penale)

Al comma 1 dell’articolo 90-quater del codice di procedura penale, dopo le parole: «odio razziale» sono inserite le seguenti: «o fondato sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».

 

Art. 5

(Istituzione della giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia)

La Repubblica italiana riconosce il giorno 17 maggio quale «Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia», al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di uguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione.

La Giornata di cui al comma 1 non determina riduzioni dell’orario di lavoro degli uffici pubblici né, qualora cada in un giorno feriale, costituisce giorno di vacanza o comporta la riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado, ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54.

In occasione della «Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia», sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile, anche da parte delle amministrazioni pubbliche, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1.

Dall’attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

Art. 6

(Modifiche al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in materia di prevenzione e contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere)

All’articolo 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 dopo il comma 2 è inserito il seguente:

“2-bis. Nell’ambito delle competenze di cui al comma 2, l’ufficio elabora con cadenza triennale una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere. La strategia reca la definizione degli obiettivi e l’individuazione di misure relative all’educazione e istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media. La strategia è elaborata nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni impegnate nel contrasto delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere e individua specifici interventi volti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

 

Art. 7

(Misure per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno alle vittime)

Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, al fine di finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime.

Nei limiti delle risorse di cui al comma 1, è istituito un programma per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere. I centri garantiscono adeguata assistenza legale, sanitaria, psicologica, di mediazione sociale e ove necessario adeguate condizioni di alloggio e di vitto alle vittime dei reati previsti dagli articoli 604-bis del codice penale, commessi per motivi fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere della vittima ovvero di un reato aggravato, per le medesime ragioni, dalla circostanza di cui all’articolo 604-ter del codice penale, nonché per soggetti che si trovino in condizione di vulnerabilità legata all’orientamento sessuale o all’identità di genere in ragione del contesto sociale e familiare di riferimento.

I centri di cui al comma 2 svolgono la loro attività garantendo l’anonimato delle vittime e possono essere gestiti dagli enti locali, in forma singola o associata, nonché da associazioni operanti nel settore del sostegno e dell’aiuto ai soggetti di cui al medesimo comma. I centri operano in maniera integrata, anche con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione dei soggetti di cui al comma 2, ivi compresa l’assistenza legale, sanitaria, psicologica e di mediazione sociale dei medesimi.

Il programma di cui al comma 2 è definito con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per le pari opportunità. Il regolamento individua i requisiti organizzativi dei centri di cui al comma 2, le tipologie degli stessi, le categorie professionali che vi possono operare e le modalità di erogazione dei servizi assistenziali e assicura, in sede di elaborazione del programma, opportune forme di consultazione delle associazioni di cui al comma 3.

 

Art. 8

(Statistiche sulle discriminazioni e sulla violenza)

Ai fini della verifica dell’applicazione della presente legge e della progettazione e della realizzazione di politiche di contrasto alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, oppure fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere e del monitoraggio delle politiche di prevenzione, l’Istituto nazionale di statistica, nell’ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, assicura lo svolgimento, con cadenza almeno triennale, di una rilevazione statistica sugli atteggiamenti della popolazione. La rilevazione dovrà misurare anche le discriminazioni e la violenza subite e le caratteristiche dei soggetti più esposti al rischio, secondo i quesiti contenuti nell’Indagine sulle discriminazioni condotta dall’Istituto nazionale di Statistica a partire dal 2011.

 

Art. 9

(Copertura finanziaria)

Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 8, comma 1, pari a 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.




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