La carità

La Medicina non è una scienza esatta, l’Amore invece sì

medico

di F. C., medico

Ora so perché ci sono pochi medici al Pronto Soccorso. Nessuno vuole lavorarci perché è troppo faticoso. Ma qualcuno dovrà pure occuparsi dei pazienti. E se Dio ha voluto che quel qualcuno sia io allora va bene: accetto la sfida.

questa è stata la prima domenica trascorsa in Pronto Soccorso. Turno di dodici ore e non ho scampo: i malati non conoscono feste. Faccio il carico spirituale il giorno precedente, il sabato: doppia Messa e Adorazione. Al mattino Lodi durante il tragitto: il carico deve durare tutta la giornata. Ne ho davvero bisogno, la domenica è come la notte, sei solo a gestire tutti i pazienti che arrivano. A volte non hai sorrisi e pazienza per tutti. Alle due, l’infermiere mi costringe ad andare a mangiare. Dopo cinque minuti torno: ogni morso era per me motivo di agitazione, sapevo di avere mille cose da fare. Giuseppe, che era stato dimesso in mattina, torna alle sei, stavolta era andato da solo a chiamare la psichiatria. Vedo la sua storia sul computer: nell’ultimo mese è venuto tutti i giorni. Si agita e si calma con un ansiolitico. Ha rifiutato il ricovero più volte. È sempre aggressivo, ma molto dipende da come viene trattato. Giuseppe ha solo 20 anni, vederlo così mi rattrista il cuore. Quando finisce il turno guardo la pila delle dimissioni fatte: è stracolma. Ogni blocco un paziente, non riesco a contare quanti di loro ho visitato durante la giornata. Il cervello mi scoppia, mi sento davvero male. Quando mi metto in auto subito mi imbatto in un rallentamento importante che interessa l’intera autostrada: per tornare a casa ci metto più di due ore. Ogni minuto che passa è per me un tormento, provo a pregare per calmarmi e penso: “In Cielo potrò riposarmi, vale la pena sopportare tutto”. In fondo, penso che è questo il motivo per cui il Pronto Soccorso è sempre senza medici: nessuno vuole lavorarci perché è troppo faticoso. Ma qualcuno dovrà pure occuparsi dei pazienti. E se Dio ha voluto che quel qualcuno sia io per questi mesi, provo a ridirGli il mio sì mentre sono immersa, più di altre volte, nelle mie fragilità.

Leggi anche:  Le mie giornate in Pronto Soccorso…

27 giugno

Caro diario,

anche la seconda notte al Pronto Soccorso è arrivata. Arrivo a lavoro estremamente agitata, dopo aver sperimentato la fatica della comunione in famiglia. Durante il viaggio penso a quanto sia duro vivere la carità, come una parola possa far scatenare una tempesta e una non detta possa essere la più grande offerta a Dio. Ma penso anche a quanto sia più semplice vivere da soli e la tentazione di costruire dei muri si fa sempre più strada in questi casi.

Quando arrivo a lavoro il cuore è già stanco, mi arriva una vecchina, è difficile inquadrarla, capire cos’ha, perché è qui, se prende farmaci…Mi dice che abita da sola, che è uscita di casa e si è sentita male. Dice di non avere parenti prossimi. Qualsiasi cosa abbia, non è certo una persona che può vivere da sola. La guardo e penso all’estrema conseguenza della solitudine, del rinunciare alla sfida della comunione, del pensare che è molto meglio stare soli, si risparmiano tante fatiche. 

Dopo tre ore squilla il telefono ed è la figlia: mi spiega tutta la situazione della madre. Il mio cuore è sollevato, anche Antonietta ha la “sua persona” nel mondo, quella che si preoccupa e si prende cura di lei. In fondo ciascuno di noi ne ha una, e chi è più “provvidenziato”, come me ne ha anche più di una. Che Dio mi doni un cuore grato sempre, soprattutto quando la sfida dell’Amore si fa più dura.

30 giugno

Caro diario,

anche oggi ho fatto il turno di dodici ore. La mattina si corre per non arrivare in ritardo e quando arrivi ci sono i pazienti che ti aspettano. Quasi sempre i letti sono tutti pieni e in attesa c’è già qualcuno. A fine giornata cerco di capire cosa Dio vuole dirmi. Oggi credo che il messaggio sia stato: “Sii caritatevole con tutti e non badare alle apparenze”.

Verso ora di pranzo arrivano due signore. La prima ha 86 anni, fattori di rischio per infarto, dolore tipico da infarto. Subito faccio partire gli enzimi e allerto i familiari. La seconda, 50 anni, nessuna malattia, viene per “un lieve doloretto già passato”. I lettini non ci sono, quasi mi arrabbio che non sia andata dal medico di base. Le faccio comunque i prelievi. Le ore passano, i pazienti si susseguono, le due signore aspettano i risultati degli enzimi: la prima è preoccupata ma sono negativi. La seconda è come Gesù che dorme sulla barca. 320! (Valori normali 10-20)

Inizio subito il protocollo per trattare l’infarto. La Medicina non è una scienza esatta, così come non lo è la vita né tantomeno la fede, solo l’Amore lo è. Insegnami Gesù ad essere caritatevole sempre, non solo con chi penso possa meritarlo. Insegnami Gesù ad essere come Te.




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