CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Un inno alla verità. Il magistero di Benedetto XVI

29 Giugno 2020

Benedetto XVI

(Foto: giulio napolitano - Shutterstock.com)

Benedetto XVI oggi appare come un uomo debolissimo ma sempre vigile che si prepara a compiere il passaggio definitivo, quello in cui tutto si compie. Nel giorno in cui celebra il suo anniversario sacerdotale lo ricordiamo con gratitudine e preghiamo per lui. Sappiamo che i giorni della vita si consumano ma sappiamo anche la sua presenza è ancora per tanti conforto e benedizione.

Giovanni Paolo II può essere ricordato come il Papa che ha tenacemente innalzato il vessillo della libertà come l’espressione più limpida della coscienza e della dignità che appartiene ad ogni essere umano. Il magistero di Benedetto XVI, invece, si presenta come un autentico e luminoso inno alla verità, desiderata con il cuore, perseguita mediante il retto uso della ragione e trovata attraverso la grazia che Dio dona a tutti. La ragione non più intesa in opposizione alla fede ma come indispensabile strumento di quella collaborazione tra l’uomo e Dio che deve abbracciare ogni ambito della vita personale e sociale. 

In nome della ragione Papa Benedetto ha invitato il mondo musulmano a realizzare un’alleanza leale e durevole per combattere quel terrorismo che si presenta vestito di fede e costruire una società come una casa comune. In nome della ragione ha suggerito a tutti – credenti e non credenti – di individuare i principi non negoziabili come un oggettivo e sempre più necessario argine rispetto ad una cultura e ad una politica in cui i desideri soggettivi diventano diritti assoluti. Una ragione rettamente declinata – disse l’allora cardinale Ratzinger nel 1980 alla comunità ecclesiale di Monaco – impedisce l’“ottundersi delle coscienze” che egli vede come una “breccia attraverso cui irrompe la violenza che devasta il mondo”. Questa preoccupazione, che emerge in tanti altri interventi, ha trovato la sua espressione più nitida nella Messa che ha preceduto il conclave dal quale sarebbe uscito vestito di bianco: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” (18 aprile 2005). Una parola che, alla luce dei fatti, assume la forma di una vera e propria profezia. 

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La crisi della fede è chiaramente visibile. Meno visibile è la crisi della ragione che, al contrario, oggi viene esaltata come un valore assoluto e come l’unica modalità conoscitiva. Questa interpretazione acritica appare poco… ragionevole. L’uomo non può fare a meno della ragione ma non deve mai dimenticare che è proprio della ragione riconoscere il suo limite. Nella sua prima enciclica Benedetto XVI afferma che “la ragione deve sempre di nuovo essere purificata, perché il suo accecamento etico, derivante dal prevalere dell’interesse e del potere che l’abbagliano, è un pericolo mai totalmente eliminabile” (Deus Caritas est, 28). La ragione ha dunque bisogno della fede, come scriveva Giovanni Paolo II: “Sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità”. 

 

La pagina evangelica dei Magi ha un fascino tutto particolare per Papa Benedetto che vi legge un meraviglioso intreccio tra l’inesausta ricerca della verità, che appartiene al cuore dell’uomo, e la luce piena che risplende in Gesù Cristo. “Continuate a cercare, senza mai rinunciare, senza mai disperare della verità”. Dopo aver ricordato queste parole, contenute nel Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza del Concilio Vaticano II, il Papa commentò: “È questo infatti il grande pericolo: perdere interesse alla verità e cercare solo il fare, l’efficienza, il pragmatismo!” (6 gennaio 2007). “Ciò che è vero deve essere proclamato apertamente, senza ombra di simulazione”. Queste parole si riferiscono all’ecumenismo ma offrono un criterio che può essere applicato ad altri ambiti della vita sociale ed ecclesiale. In questo solco si situa la stesura del Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), realizzato durante il pontificato di Giovanni Paolo II sotto l’attenta regia del cardinale Ratzinger. Questo testo non solo offre i contenuti fondamentali della fede cattolica ma li ripresenta in una forma “sistematica ed organica” (Porta fidei,11).

“Essendo consapevole della mia inadeguatezza ho sempre presente la prospettiva di un giudizio finale”: in queste parole, pubblicate nel libro-intervista Il sale della terra (1997), possiamo intravedere la fede e l’anima di Benedetto XVI. Non tutti hanno compreso la sua personalità e la sua umiltà, la raffinatezza del suo pensare teologico, la profondità della sua lectio biblica, il suo amore appassionato verso la Chiesa, il suo sguardo lungimirante e sereno, la sua costante preoccupazione per la Chiesa, il suo impegno per una riforma ecclesiale che partisse dal cuore…

Joseph Ratzinger è un uomo mite e contemplativo che ha fatto della sua vita un instancabile e operoso servizio alla verità del Vangelo. La scelta di ritirarsi nel nascondimento è un gesto di amore nei confronti del Signore Gesù e della Chiesa, che egli ha servito con generosità e umiltà. Non ha avuto paura di mettersi da parte perché sapeva che ogni uomo, anche un Papa, è solo un frammento di quella storia che Dio realizza lungo i secoli.

Le vicende degli ultimi giorni ci hanno offerto l’immagine di un uomo che, malgrado l’estrema debolezza del suo corpo, ha accettato di compiere un viaggio per incontrare e confortare don Georg, il fratello più anziano. Un viaggio che ha mostrato, se mai ce ne fosse bisogno, la sua semplice e straordinaria umanità. La sua vita è ricca di opere che portano il suo nome e sono il segno visibile della sua grandezza. Eppure, come ha detto il vescovo di Ratisbona che ha ospitato e organizzato la visita in Germania, non ha avuto paura di presentarsi come “un uomo fragile e inerme, la cui forza vitale basta ormai appena per l´essenziale a questo mondo”.

Benedetto XVI oggi appare come un uomo debolissimo ma sempre vigile che si prepara a compiere il passaggio definitivo, quello in cui tutto si compie. Nel giorno in cui celebra il suo anniversario sacerdotale lo ricordiamo con gratitudine e preghiamo per lui. Sappiamo che i giorni della vita si consumano ma sappiamo anche la sua presenza è ancora per tanti conforto e benedizione.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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