Vita

Nella pandemia si può sospendere tutto… tranne l’aborto

di Gabriele Soliani

Garantire l’aborto autorizzandolo via Internet e spedendo pillole del giorno dopo a casa. Ecco l’idea geniale contenuta in una lettera inviata al ministro Speranza e firmata da alcuni personaggi di spicco della nostra epoca.

È faticoso parlare di certi argomenti in situazioni così dolorose e gravi come quelle attuali, ma è imbarazzante anche tacere. Si tratta del cosiddetto “diritto delle donne ad abortire anche durante l’emergenza coronavirus”.

In una lettera a Roberto Speranza, ministro della Salute, diverse associazioni di ginecologi non obiettori segnalano come tante donne stiano incontrando “difficoltà ad accedere ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza” rischiando di “superare i limiti temporali entro i quali la legge 194/78 prevede il diritto di interruzione”.

Le interruzioni volontarie di gravidanza sono passate in secondo piano in molti ospedali italiani perché medici e anestesisti sono impegnati giorno e notte a combattere il virus. I letti di questi reparti sono stati destinati ai pazienti Covid e in molti nosocomi, dice Silvana Agatone, ginecologa e presidente di LAIGA, associazione che vigila sull’applicazione della legge 194, gli aborti volontari vengono paragonati ad “interventi di routine” e quindi posticipati alla fine dell’epidemia di Covid-19. Al governo quindi chiedono di consentire l’interruzione di gravidanza, in deroga alla 194, alle donne incinte entro la nona settimana di amenorrea, anziché alla settima come previsto dalla legge per la pillola RU 486, e di aprire all’aborto “fai-da-te” con l’assunzione del mifeprostone, meglio conosciuto come pillola RU486, a domicilio.

In pratica un’interruzione di gravidanza… “casalinga” gestita da remoto con i “servizi di telemedicina”. Tra i primi firmatari dell’appello ci sono lo scrittore Roberto Saviano, l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, l’ex ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, l’ex ministro della Salute Livia Turco, il radicale Marco Cappato, e poi politici, personaggi dello spettacolo e intellettuali legati alla sinistra. Dello stesso tenore la richiesta presentata ai governi europei da un centinaio di Ong, tra cui Amnesty International, Human Right Watch, la rete europea di Planned Parenthood e anche la CGIL italiana e persino Save the Children. “Bisogna agire con urgenza per garantire assistenza all’aborto nel corso della pandemia”, dice Leah Hoctor, direttrice regionale europea al Centro per i diritti riproduttivi.

La proposta è quella di riconoscere l’interruzione di gravidanza come un servizio “essenziale” a cui si deve poter accedere anche a domicilio, visto che in tutto il Vecchio Continente “la crisi sanitaria ha colpito i servizi sanitari riproduttivi in ospedali e cliniche, a causa della carenza di personale, dei trasferimenti e degli operatori destinati a mansioni legate al coronavirus”. Da notare che nell’omelia della veglia pasquale papa Francesco ha chiesto di nuovo che “cessino gli aborti, che uccidono la vita nascente” (frase completamente ignorata dal mondo massmediatico). Un vero e proprio assalto alla vita innocente in Europa.

Le associazioni hanno chiesto che le pillole per l’aborto vengano inviate a casa e di autorizzare gli aborti via Internet o telefono. “Siamo estremamente preoccupati del fatto che i diritti riproduttivi delle donne e delle ragazze vengano indeboliti e non rispettati durante la pandemia”, ha affermato Hillary Margolis di Human Rights Watch. “I governi dovrebbero riconoscere che l’accesso all’aborto sicuro è un’assistenza medica essenziale e […] dovrebbero facilitarla”. Il documento è chiaro, tanto crudele quanto paradossale per le firme che reca in calce. La violenza di queste parole si commenta da sola. Definire l’aborto una “cura” è poi una malcelata e indegna menzogna.




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