Supplica
La più tenera delle madri. La preghiera del tempo della prova…
di don Silvio Longobardi
La Supplica alla Beata Vergine del Rosario, una struggente invocazione che in un tempo carico di ombre ci impegniamo a recitare ogni giorno sulle orme del Beato Bartolo Longo.
«Ora ascolta, nostro Dio, la preghiera del tuo servo e le sue suppliche e per amor tuo, o Signore, fa’ risplendere il tuo volto sopra il tuo santuario, che è devastato. Porgi l’orecchio, mio Dio, e ascolta: apri gli occhi e guarda le nostre distruzioni e la città sulla quale è stato invocato il tuo nome! Noi presentiamo le nostre suppliche davanti a te, confidando non sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia. Signore, ascolta! Signore, perdona! Signore, guarda e agisci senza indugio, per amore di te stesso, mio Dio, poiché il tuo nome è stato invocato sulla tua città e sul tuo popolo».
(Daniele, 9, 17-19)
La Supplica alla Beata Vergine del Rosario è l’espressione più suggestiva dell’ingenua e rocciosa fede di Bartolo Longo. Sulle orme del Beato, tanti cristiani in ogni parte del mondo, intrecciano la preghiera del Rosario con le parole di questa ardente preghiera. In un tempo carico di ombre, come quello attuale, ci impegniamo a recitare ogni giorno questa formula orante.
Nel tempo del dolore
Fin dalle prime battute la Supplica raccoglie il grido di dolore che attraversa tutta la vicenda umana. L’orante prega a nome di tutti:
“Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono”.
La supplica è la preghiera che rivolgiamo a Dio nel tempo del dolore e nelle situazioni più problematiche, in quelle circostanze in cui percepiamo chiaramente di non avere le risorse per affrontare i drammi della vita. Quando l’uomo scopre e sperimenta la debolezza e la fragilità del corpo, si rivolge a Dio. Chi vive nel mondo dice: “Si salvi chi può”. Il credente, invece, afferma: “Ci salvi Chi può”. La supplica è preghiera autentica, anche se nasce da un bisogno impellente. È come un grido, un’appassionata e fiduciosa invocazione, come quella che leggiamo nel libro del profeta Daniele (9, 4-19.
Liberaci dal male
La preghiera di supplica non si eleva solo nei momenti di grave pericolo ma anche nelle situazioni quotidiane di difficoltà, è l’espressione più semplice e immediata della nostra fede nella Provvidenza divina. Questa preghiera viene vissuta con maggiore intensità quando siamo immersi nella fatica e nei pericoli. A pensarci bene, anche il Padre nostro, la preghiera che lo stesso Gesù ha consegnato ai discepoli, non si conclude con un ottimistico “andrà tutto bene” ma con una struggente invocazione: “Liberaci dal male” (Mt 6,13). Il Maestro ci insegna a custodire l’intima coscienza che il male ci sovrasta e ci assedia.
La fede ci rende più vigilanti e ci aiuta a percepire il pericolo ma dona anche la certezza che possiamo contare sull’amore del Padre. Per questo non cadiamo nell’agitazione e nell’ansietà ma restiamo nella pace. Quando preghiamo, sentiamo risuonare queste parole di Gesù: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14,27). Sono parole che, grazie all’azione dello Spirito Santo, s’imprimono nel cuore e donano uno sguardo diverso sulla realtà. Comprendiamo allora che la storia, personale e collettiva, è nelle mani di Dio; e che le tenebre non hanno il potere di soffocare la luce (Gv 1,5). La preghiera non ci libera per incanto da tutti i mali ma non ci fa cadere nella paura. Ci fa vivere come uomini liberi.
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Ritornare bambini
Le persone adulte pensano di poter risolvere i problemi con le proprie forze. E quelle che sono responsabili si danno da fare. La Supplica, invece, ci chiede di ritornare bambini e di accostarci a Maria con la fiducia e la semplicità dei piccoli: “O Madre, implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino”. Non tutto dipende da noi né basta la buona volontà. Chiediamo alla Vergine di intercedere per noi presso il Figlio. Il legame che unisce la Vergine Maria a Gesù è l’origine e la condizione stessa della nostra fiduciosa preghiera:
Il Bambino che vediamo sulle tue ginocchia e la mistica Corona che miriamo nella tua mano, ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, e, oggi stesso, da te aspettiamo le sospirate grazie.
Come ogni buona Madre, non solo accoglie la nostra invocazione ma ci prende per mano e ci insegna a riconoscere Gesù come il Salvatore del mondo: “Quello che vi dirà, fatelo” (Gv 2,5). Lui solo può guarire le ferite che appesantiscono il cammino dell’umanità e così renderci nuovamente protagonisti di quella storia di salvezza che Dio continua a realizzare, malgrado tutte le nostre debolezze.
L’unica grazia
La sofferenza appartiene alla vicenda umana, fa parte della grammatica della vita. “Tu ci nutri con pane di lacrime”, dice il salmista (Sal 80,6). Non dobbiamo maledire il dolore ma chiedere la grazia di vivere anche il tempo della prova come un’opportunità di conversione. Anche questa è una grazia da chiedere alla Vergine del Rosario. L’unica vera grazia.
*Articolo pubblicato su “Il Rosario e la nuova Pompei”, marzo-aprile 2020
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