Scuola

“Chi è Dio per me?”

luce

di Elisabetta Cafaro, insegnante

In questi giorni di distanziamento sociale, i miei alunni mi scrivono spesso. Nelle loro parole leggo il bisogno di Dio e, in particolare, mi colpisce la lettera di Antonio: “Prof, se Dio esiste perché permette il dolore?”.

È una notte ventosa, la lampada illumina il foglio sulla mia scrivania. Ho acceso una candela, mi piace guardare la sua luce nel buio della notte, quando il silenzio regala parole che diventano preghiere e donano pace all’anima. Mentre ascolto il vento leggo la lettera di Antonio, un mio alunno di 17 anni, che inizia con questa domanda: “Chi è Dio per me?”. Alzo gli occhi dal foglio prima di proseguire, nel silenzio della mia casa questo interrogativo rimbomba come un’eco e corre veloce sulle ali del cuore diventando un’avvolgente e melodiosa domanda che entra nell’anima, illumina i miei pensieri, e mi riporta ad una frase letta un po’ di tempo fa di un autore anonimo: “Chi dice che Dio esiste, dice una bugia; chi dice che Dio non esiste, ne dice una più grande”. I filosofi per secoli si sono accapigliati intorno alle cosiddette “prove” riguardanti le dimostrazioni dell’esistenza di Dio. Sicuramente nella storia le cinque vie indicate da Tommaso d’Aquino o la decostruzione delle prove fatta da Immanuel Kant, sono servite a molti uomini. Allo stesso modo il Dio intuito da Aristotele ha aiutato altri a rafforzare la fede. 

Pensieri e parole nella mente si affollano mentre abbasso il capo distogliendo gli occhi da un punto infinito e buio che volevo prepotentemente e inutilmente varcare, per continuare a leggere la lettera di Antonio: “Tutte le volte che penso al mio rapporto con Dio non posso fare   a meno di farmi domande e di darmi anche risposte. È un dialogo interiore che non so spiegarmi ma che vivo intensamente. Dio, sono certo, lo possiamo trovare negli altri, in una stretta di mano, in un sorriso di incoraggiamento tra due buoni amici, in un bacio appassionato. Dio è nei piccoli gesti di tutti i giorni. Lui è un Padre, un confidente a cui raccontare tutto ciò che facciamo durante il giorno e a cui affidare gioie e paure ogni notte prima di addormentarci. Confesso, ci sono stati anche momenti in cui mi sono chiesto se esiste davvero? E se Dio esiste come può permettere l’odio, la morte, le malattie, la guerra? Non trovando risposte alle mie tante domande ho pensato di essere ormai grande e di poter camminare da solo. Non sono più andato in Chiesa, non ho più fatto le preghiere, fin quando ho compreso che tutto questo mi mancava e ho sperimentato una solitudine immensa che dava spazio al non senso della vita. La mancanza di un qualcosa e quel qualcosa era proprio Dio. Ho compreso allora che Dio non arriva quando noi vogliamo ma sceglie i suoi momenti e i suoi mezzi. Proprio il male paradossalmente mi comprovava l’esistenza del bene. Ho compreso così che Dio in realtà non mi aveva mai lasciato ma ero stato io a chiudere la porta del cuore. Oggi posso dire con gioia che Lui è il mio rifugio, un compagno che mi aspetta e mi tende la mano nei momenti difficili, un amico che non mi giudica ma che è sempre pronto ad amarmi e a difendermi”.

Caro Antonio, non si è mai grandi per Dio. Leggendo la tua lettera ho ripensato con un sorriso carezzevole e affettuoso alla ragazzina che sono stata, alla mia adolescenza. A quel periodo in cui siamo fortemente proiettati a “voler camminare da soli”, lasciando la mano dei nostri genitori e spesso anche quella di Dio. Questo accade non perché non crediamo più nei nostri genitori o in Dio ma perché vogliamo conquistare un nostro spazio, vivere la nostra vita e affermare la nostra identità, sentirci un “Io capace” che si proietta verso il futuro. Gesù nella parabola del “Figliol prodigo” e della “Pecorella smarrita” descrive proprio questo desiderio di libertà, questa voglia di avventura e di scoperta tipica della giovinezza e non solo. Attenti però a non perdersi per finire nelle trappole del mondo, come è successo al figliol prodigo. In questo caso Gesù ci presenta un Dio misericordioso pronto ad abbracciarci e a fare festa se noi torniamo a Lui, un Dio che cerca l’uomo in ogni istante, ci chiama per nome, lascia addirittura “novantanove pecore” per cercare una sola che si è perduta. La fede, come ogni relazione umana non è data una volta per sempre, ma va coltivata con dedizione e costanza. Siamo tutti un po’ Leopardi nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” quando ci chiediamo: “Che vuol dire questa solitudine immensa? Ed io chi sono?”. Ciascun bambino che cresce fa domande a non finire. Per qualche tempo ogni risposta lo appaga, ma facendosi adulto, l’uomo continua a porre le sue domande: “Chi sono io? Chi è l’uomo? Qual è il senso di questa vita?”. Sono domande che non scompaiono con l’età adulta e neanche con l’approssimarsi della vecchiaia si ripropongono continuamente e sempre sotto forma diversa. Avere fede non è una cosa facile. La fede, infatti, viene rafforzata dalla grazia di Dio, ma è anche impegno per l’uomo, esige la disponibilità alla conversione continua, a non dimenticare i doni ricevuti, a rivolgere il cuore a Dio con la preghiera e l’ascolto della Parola. Nell’oscurità della notte il vento caccia via le nuvole e le stelle illuminano l’universo, anche nel buio ci sono tante luci. Siamo noi che dobbiamo predisporci a vederle. Buon cammino insieme a Gesù e speriamo di rivederci presto.




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1 risposta su ““Chi è Dio per me?””

E’ un Dio che ci da le chiavi di casa sua e che ci dice “senza te non posso portare a compimento nulla, ho bisogno di te per poter continuare a dare vita, desidero condividere con te tutto cio che sono e che ho”.

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