Restiamo Umani

Medico distribuisce l’Eucarestia ai pazienti Covid

ospedale

(Foto: sfam_photo / Shutterstock.com)

di Ida Giangrande

Cosa sono diventati i nostri medici? Raccolgono il grido disperato delle vittime di un nemico implacabile e insieme al corpo curano anche l’anima. In un ospedale di Parto, un medico distribuisce l’Eucarestia ai pazienti Covid: “Solo noi possiamo entrare nelle stanze. Ci siamo uniti in un pianto con i pazienti”.

Si può vivere senza Eucarestia? E, ancora peggio, si può affrontare una pandemia così devastante e dolorosa senza l’incontro spirituale con il Risorto? Ce lo stiamo chiedendo tutti da quando abbiamo dovuto accettare di dover restare lontani dal corpo di Gesù. Eppure stando alle notizie che arrivano dal fronte, alcuni pensano diversamente. «Ho pianto assieme ai pazienti. Gli ospedali sono luoghi di cura, ma non possiamo pensare di separare il corpo dallo spirito: mi rendo conto che nella lotta al coronavirus il nostro sforzo è troppo indirizzato a combattere i mali fisici dei pazienti». A parlare è Filippo Risaliti, medico dell’ospedale di Prato. Fin qui niente di nuovo, ma pare che nel giorno della Santa Pasqua questo dottore insieme ad altri suoi colleghi abbia distribuito la Comunione ai pazienti affetti da coronavirus. 

«L’idea – spiega Risaliti – è partita da operatori sanitari e colleghi. Dopo che il Santo Padre aveva concesso l’indulgenza plenaria e riferito che gli operatori sanitari avrebbero dovuto svolgere il ruolo di intermediari della Chiesa per le persone sofferenti, abbiamo preso la decisione di proporci per distribuire la Comunione a Pasqua. Siamo gli unici che potevano farlo, dato che solo noi possiamo entrare in quelle stanze». Lo confesso a leggere la notizia non sono riuscita a trattenere le lacrime. Avremmo mai potuto vedere una cosa del genere in altri tempi? Negli ultimi anni i nosocomi sembravano essere diventati luoghi asettici, privi di umanità e meno ancora di spiritualità, e invece grazie a questa terribile emergenza sanitaria, la potenza della fede irrompe oltre le porte stagne del reparto Covid-19 e la sanità ci mostra il suo vero volto. Si rivela al mondo per quello che è: l’aspetto più concreto della carità, il lato tangibile dell’amore di Dio per l’uomo che non rimane indifferente al dolore fisico ma cerca di in tutti i modi di alleviarlo e di curarlo.  

Risaliti ha 46 anni, è un medico di medicina generale. Come è successo per altri ospedali, il reparto in cui lavora, si è trasformato improvvisamente in un settore per pazienti Covid, tagliato fuori dal mondo, isolato dall’universo. Il medico è sempre stato cattolico ma non si era «mai avvicinato alla Chiesa in questo modo» racconta. «Al di là dell’aspetto confessionale, in questo momento di difficoltà i medici percepiscono la condizione di isolamento dei pazienti dagli affetti e dai parenti. Sono persone sole, sofferenti, non solo nel fisico ma anche nell’anima. Vivono una situazione di distanza umana».

Don Carlo Bergamaschi, il cappellano dell’ospedale, ha messo in collegamento i medici con la Diocesi e il vescovo Giovanni Nerbini si è recato in ospedale incontrando i medici nella cappella e dando loro il mandato di ministri straordinari della Comunione. Un evento del tutto inedito: «Il vescovo Nerbini ci ha formalmente incaricato. Ha fatto un piccolo discorso spiegando che in questi tempi difficili noi medici siamo chiamati anche a questo. Ed io sono d’accordo: attualmente il nostro sforzo è troppo indirizzato sulla cura del male fisico, ma mi rendo conto che la spiritualità dell’uomo non si può scindere dal suo corpo. Anche quella ha bisogno di importanti cure».

E dopo il mandato il rito ha avuto inizio. Toccanti le parole con cui Risaliti descrive il momento: «Ci siamo avvicinati ai letti e a coloro che lo volevano consegnavo l’ostia sulla mano o sulla bocca». In rianimazione il collega, ai pazienti intubati, «ha letto loro la preghiera»: uno solo, che «non era intubato, ha chiesto e ottenuto l’ostia». «È stato un momento di grande commozione, ci siamo uniti in un pianto con i pazienti».

Abbiamo raccontato tante storie per questa pagina che abbiamo lanciato da quando è scoppiata la pandemia. #Restiamo umani voleva essere un modo per raccontare storie di umanità e di speranza nonostante il dilagare del dolore. Grazie a notizie come questa, non solo impariamo come si fa a restare umani ma, soprattutto, impariamo il modo migliore per restare credenti.




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