Restiamo Umani

Come affrontare il coronavirus? Prendiamo esempio da Papa Francesco

di Ida Giangrande

Silenzio, preghiera e Eucarestia: questa mi sembra in estrema sintesi la ricetta che il Santo Padre sta prescrivendo come antidoto contro l’invasione del Covid-19.

È infaticabile e preziosa l’attenzione che il Santo Padre, Francesco, sta dedicando all’emergenza sanitaria che da giorni attanaglia il nostro Paese. Mai come in questo tempo il Papa ci mostra come deve essere un credente: docile e fiducioso. Sono andata a spulciare le omelie della Santa Messa che celebra ogni giorno a “Casa Santa Marta”, e mi sono accorta che nelle sue preghiere quotidiane non manca proprio nessuno. I malati, coloro che non ci sono più, gli anziani soli e quanti sono in carcere. Oggi è il turno degli operatori sanitari, i medici e gli infermieri, la categoria sociale più esposta e falciata da questo subdolo nemico invisibile. 

“Ieri ho ricevuto un messaggio di un sacerdote del bergamasco che chiede di pregare per i medici di Bergamo, Treviglio, Brescia, Cremona, che stanno al limite del lavoro; stanno dando proprio la propria vita per aiutare gli ammalati, per salvare la vita degli altri. E anche preghiamo per le autorità; per loro non è facile gestire questo momento e tante volte soffrono delle incomprensioni. [Che] siano medici, personale ospedaliero, volontari della salute o le autorità, in questo momento sono colonne che ci aiutano ad andare avanti e ci difendono in questa crisi. Preghiamo per loro”. 

È vero camminiamo in un tunnel oscuro come il popolo avvolto nelle tenebre che cammina verso la Luce. Ma sappiamo che la Luce c’è, forse non sappiamo se le stiamo andando incontro oppure no. “Quando leggo o ascolto questo passo del Profeta Osea che abbiamo sentito nella Prima Lettura [che dice]: “Torna Israele, al Signore, tuo Dio, torna”, quando lo sento, mi viene alla memoria una canzone che cantava 75 anni fa Carlo Buti e che nelle famiglie italiane a Buenos Aires si ascoltava con tanto piacere: “Torna dal tuo papà. La ninna nanna ancora ti canterà”. Torna: ma è il tuo papà che ti dice di tornare. Dio è il tuo papà; non è il giudice, è il tuo papà: “Torna a casa, ascolta, vieni”. E quel ricordo – io ero ragazzino – mi porta subito al papà del capitolo 15.mo di Luca, quel papà che dice: “Vide venire il figlio da lontano”, quel figlio che se ne era andato con tutti i soldi e li aveva sprecati. Ma, se lo vide da lontano, è perché lo aspettava. Saliva sul terrazzo – quante volte al giorno! – durante il giorno e giorni, mesi, anni forse, aspettando il figlio. Lo vide da lontano. Torna dal tuo papà, torna dal tuo Padre. Lui ti aspetta. È la tenerezza di Dio che ci parla, specialmente nella Quaresima. È il tempo di entrare in noi stessi e ricordare il Padre o tornare dal papà”

Ecco dunque un buon modo per usare l’isolamento forzato a cui siamo obbligati. Ricordare il Padre. Tornare al Padre. Pensare al Padre. In altri termini: pregare e convertire il cuore. Come sta facendo il Papa che non ha esitato in questi giorni a trasformarsi in un pellegrino come tanti altri in cammino nelle strade svuotate dalla paura. Forse non avevamo più molto tempo per farlo. Tra le cose che scandivano freneticamente le nostre giornate, la preghiera, quando c’era, si trovava confinata in un cantuccio, ridotta a poche parole, un segno di croce, un’Ave, un Padre nostro. Oggi siamo chiamati a fermare il tempo, per dare valore al tempo. Siamo chiamati ad entrare nella solitudine del nostro cuore per ritrovare lo slancio che ci proietta verso il Cielo. La lode, la supplica, il digiuno sono tutte forme di una preghiera che si fa carne, che finalmente è tornata ad essere un’esigenza per molti e ha ripreso il suo posto nella scala delle priorità umane. Chi non ha ancora riscoperto questo aspetto del distanziamento sociale, ha tutto il tempo per farlo. La quarantena non è ancora finita e nemmeno la Quaresima, ma la Pasqua arriverà facciamo in modo che non ci trovi impreparati.




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