Scuola

“Prof, come spiegare la sofferenza ai nostri giovani?”

notte

di Elisabetta Cafaro

Per l’incontro scuola-famiglia, insieme ai miei ragazzi, ho preparato tanti bigliettini di auguri per i genitori. Una mamma si ferma di fronte a me e, con le lacrime agli occhi, mi domanda come fare a giustificare ai giovani il senso del dolore.

L’incontro scuola-famiglia è un momento di verifica, sia per l’insegnante che per i genitori. Un insegnante di religione ha davvero molti alunni, questo però non elimina la fatica del colloquio, dell’ascolto, della disponibilità e dell’attenzione verso tutti coloro che con fiducia ogni giorno ci affidano i loro figli.

Arrivo puntuale all’orario prestabilito dalla scuola, con me ho le frasi del Vangelo fatte con tanta pazienza in classe dai ragazzi e arrotolate con un bel fiocchetto rosso, che dona colore al cestino di vimini, dove sono riposte. Queste frasi, come prestabilito, le dobbiamo dare alle famiglie. Cerco di accogliere i genitori, che spesso mi rivolgono con ansia domande sui loro figli, sempre con un sorriso. Comprendo che non è facile parlare dei ragazzi nella fase adolescenziale, essendo anche io una mamma, mi sento molto vicina ai loro timori e alle loro paure. Questi incontri sono degli esami che toccano le corde del cuore. In questi incontri ci sono parole intinte d’amore, scritte sui libri della vita, ci sono speranze future da custodire. Ci sono domande che a volte restano nell’anima, ci chiamano in causa, interpellano più delle altre la nostra sensibilità 

Tra le domande ricevute ce n’è una a cui non sono riuscita a rispondere, forse perché non era possibile farlo in pochi minuti, sia per il rispetto dovuto alle altre famiglie in fila per il colloquio, sia per la difficoltà dell’argomento chiamato in causa. Questa mamma mi ha chiesto come spiegare il dolore, le malattie a suo figlio e se è possibile e in che modo, dopo una grande sofferenza parlare ancora di Dio.

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Non è la prima volta, che affronto il tema del dolore con i miei alunni. I giovani man mano che crescono fanno esperienza di qualche sofferenza, direttamente o indirettamente. Queste sofferenze vengono spesso esternate nei vari dibattiti fatti in classe, dove con grande naturalezza, i ragazzi espongono i loro punti di vista, le loro perplessità e le loro paure.

Negli anni e con la maturità, mi sono resa conto, che è più semplice spiegare, non perché si soffre, ma quale senso ha la sofferenza o meglio quale cambiamento o trasformazione quel dolore produce nella mia vita. Nulla accade senza lasciare in noi un “segno”, per questo è fondamentale comprendere non ciò che ci accade e perché… ma ciò che facciamo di ciò che ci accade.

Sono convinta che il creato sia la pagina più bella di un libro dove Dio ci parla e si fa conoscere. Nel creato, noi troviamo tutte le risposte alle nostre domande. Chiudo gli occhi e con il cuore accarezzo la vallata in cui sono cresciuta e dove ho imparato ad osservare la natura e ad amarla. Tutto è perfetto nella natura. L’autunno ci conduce dolcemente nel torpore dell’inverno. Ammiro l’inverno. Questa stagione non cerca di confortare, ma in fin dei conti sento che è consolante. Credo che soltanto in inverno si possa pensare per davvero, si possano avere momenti più lunghi e tranquilli in cui gustare l’appartenenza a se stessi. 

La natura senza timore affronta il gelido inverno, lasciandosi “spogliare della sua bellezza”. Allo stesso modo il dolore non conforta l’uomo e neanche pretende di farlo, eppure nel dolore si creano delle pause, dei silenzi. In queste pause, in questi silenzi impariamo a riconoscere il volto di Dio che è carità. Dentro ogni sofferenza si diventa realmente capaci di capire l’Amore vero e di trovare una nuova strada. Nel dolore impariamo a riflettere a cambiare vita per diventare persone diverse. Le stagioni della natura sono proprio come quelle della vita, quando i tempi sono maturi ci accorgiamo con grande gioia che sono sbocciati verdissimi nel vento tanti fiori e diciamo che è primavera. Nessuna primavera arriva o passa senza aver operato trasformazioni.

La natura esplode al suo risveglio, la carezza dolce della brezza scompiglia i pensieri e s’insinua nell’anima. Così accade nella vita dell’uomo, nessun dolore passa senza che si possano vedere “sbocciare” i propri frutti. L’uomo quando riconosce di essere amato da Dio si risveglia dal torpore di una vita fatta di cose futili, cose, che non danno nessuna gioia e si trasforma in “uomo nuovo” che comprende il vero senso dell’esistenza. La primavera ci prepara alla calda estate. Qualcuno ha paragonato l’estate a una “smisurata domenica” e la domenica è il giorno del Signore. Perché esiste l’inverno? Perché esistono le stagioni? Chi decide il tempo? Nessuna teoria scientifica o filosofica può e potrà mai dare con certezza una risposta, razionale, sicura e unica. Nelle pagine del libro dei libri, la Bibbia, quando Giobbe chiese a Dio il perché del dolore, Dio non risponde, ma resta vicino all’uomo che soffre, senza abbandonarlo mai.

Cosa ha fatto Gesù nel dolore? Noi sappiamo che Gesù ha pregato, per allontanare la sofferenza, operando guarigioni miracolose per salvare gli uomini dal male. Solo pregando Dio ci resterà accanto, ci sosterrà in tutte le prove che la vita ci riserva o ci riserverà. Apro gli occhi, guardo verso un punto infinito del cielo, mi sento serena, come quando da ragazzina senza nessun timore inseguivo farfalle nel bosco vicino a casa mia e non mi ponevo domande… forse perché avevo compreso che la vita era tutta scritta là, tra quelle distese di castagneti e di ulivi.




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