Nipt

“Se sei handicappato e sei vivo meriti attenzione, se sei ancora nel grembo materno, puoi essere eliminato con la pace di tutti”

ecografia

di Giovanna Abbagnara

In Emilia Romagna al via la sperimentazione del Nipt, un test non invasivo per individuare alterazioni cromosomiche nei nascituri. Punto di forza della campagna di Bonaccini, presidente della Regione. Altro goal per l’eugenetica per tutti.

Buone notizie nel campo del progresso umano: l’Italia si sta allineando ad altri Paesi del mondo come l’Islanda e la Danimarca introducendo, pur senza un palese endorsement, il programma “Down Syndrome free”. Grazie al Nipt, un test per donne in gravidanza finalizzato all’individuazione delle alterazioni cromosomiche nei nascituri, presto anche l’Italia potrà vantarsi del sospirato titolo di paese in cui non nascono più bambini con la sindrome di Down. Regione italiana capofila della sperimentazione, cominciata il 15 gennaio, l’Emilia Romagna. A capo della spedizione per la selezione dei bimbi che devono nascere e di quelli che devono essere soppressi: Stefano Bonaccini, modenese, 53 anni, esponente del PD, riconfermato in questi giorni alla guida della Regione Emilia Romagna.  

Mi chiedo quali sono le ragioni che inducono tanti elettori, tra cui tanti cattolici, a sostenere un simile programma politico? Vediamo di intercettare un po’ il pensiero comune. “La madre deve poter scegliere, di fronte a una diagnosi di una malattia se accedere o meno all’aborto. Avere un figlio con handicap è un’esperienza che trasforma la vita di una famiglia, non tutti possono sostenere questo cambiamento. Abortire significa risparmiare a questo bambino una vita di sofferenze e ingiustizie. Bisogna essere davvero egoisti nel mettere al mondo un figlio con questa patologia sapendo che la durata della sua vita è breve rispetto agli standard”. Potrei continuare ma mi fermo qui per decenza. Mentre infatti si sponsorizza già da mesi l’introduzione del Nipt nella spesa sanitaria regionale, Bonaccini e company pensano che le persone con disabilità meritino una considerazione speciale. 

Nel novembre del 2019 dopo le sollecitazioni proprio del Presidente Stefano Bonaccini indirizzate al Governo arrivarono sul tavolo della Conferenza Unificata (Stato-Regioni ed Enti locali) tre intese per sbloccare considerevoli risorse per le politiche sociali.  Tra queste: “più di 573 milioni di euro – sottolineò Bonaccini – che serviranno a garantire sul territorio i servizi per le persone disabili, integrando ciò che è già assicurato attraverso le risorse di Regioni e Comuni”. Tutto questo conferma che i diversamente abili forse mai come in quest’epoca della storia hanno, giustamente un’attenzione culturale e normativa senza precedenti. 

Ma perché per quelli che ancora vivono nel grembo materno e che sono affetti da qualche disabilità non è garantito lo stesso trattamento? Per essi niente fondi, nessuna assistenza, nessuna agevolazione nel mondo del lavoro. Scriveva Mario Palmaro qualche tempo fa: “Se sei handicappato, e non sei ancora nato, la tua vita vale meno di niente, e i tuoi genitori possono farti fuori, coadiuvati da medici, parenti amici e affini. Se invece sei handicappato, ma ce l’hai fatta a superare i primi mesi della tua esistenza, allora diventi portatore di diritti specialissimi e la società si prenderà – almeno formalmente – ogni cura nei tuoi confronti”. Ed è un cortocircuito di cui la gente non si rende conto. A proposito mi sembra di aver letto che molti disabili sono stati accompagnati alle urne per votare in Emilia. Ma questa è un’altra storia. 

È chiaro che questa contraddizione non emerge. La cultura abortista con la scusa di preparare le donne con la diagnostica prenatale a vivere le difficoltà che avere un figlio con sindrome di Down può comportare, lasciano che quelle stesse mamme entrino nell’incubo culturale del figlio orribile, con fattezze mostruose, infelice e sofferente. 

Mi chiedo cosa avrebbe detto Jerome Lejeune, il genetista francese che nel 1958 individuò nella trisomia del cromosoma 21 la causa della sindrome di Down. L’intento dello scienziato fu sempre quello di guarire i suoi malati, così socievoli, così allegri, così fanciulleschi. Curare la malattia, sempre, non eliminare il malato come vorrebbe il pensiero eugenetico ma negli anni ‘70 quando le sue ricerche avevano portato alla conoscenza delle cause della malattia, veniva varata in Francia la legge Peyret che apriva all’aborto nei casi di bambini portatori di handicap. Lejeune allora si dichiarò contrario all’aborto per i bambini Down e questo gli costò la mancata assegnazione del premio Nobel.

Vorrei chiederlo anche alle tante mamme che hanno avuto la gioia e la grazia di avere un figlio con sindrome di Down. Non ho incontrato ancora nella mia vita una pentita di aver accolto quella vita. E voi? 

Tra le storie conservate nel mio archivio tiro fuori quella di una mamma di Padova, rimasta incinta di due gemelli e attraverso l’amniocentesi scoprì che uno dei due feti era affetto dalla sindrome di Down. Una notizia sconvolgente per la madre, una 40enne che dopo l’esame all’ospedale del capoluogo euganeo si lasciò prendere dalla paura e dallo sconforto pensando alle difficoltà nel crescere un bimbo “diverso”. Da qui la richiesta ai medici di poter procedere a un aborto “selettivo” che avrebbe portato a far sopravvivere nella sua pancia solo il gemellino sano. Ma i ginecologi sconsigliarono la procedura e addirittura dissero alla mamma di farsi forza e a contare sull’appoggio della sua famiglia che avrebbe aiutato lei e i due piccoli in ogni momento del loro percorso. Parole che hanno dissuaso la donna dall’idea di rinunciare a uno dei due piccoli, rendendola, dopo l’arrivo dei due maschietti, orgogliosa e grata ai ginecologi dell’ospedale di Padova. Parole che pochi ancora pronunciano, purtroppo. 




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.